Qualcuno
potrebbe arricciare il naso. Pensando che sia l’ennesimo instant book millenarista legato alla tanto strombazzata profezia
dei Maya. Invece il saggio di
Roberto Alajmo, Arriva la fine del mondo (e ancora non sai cosa mettere) -
Laterza, Bari 2012, € 14 – è un libro di
lunga durata, in cui l’autore mostra la sua corda più seria. Tanto che il testo
potrebbe essere considerato un buon saggio di sociologia, o almeno di
psicologia sociale divulgativa. Alla domanda di fondo: Come reagirebbe il cittadino medio all’eventualità di una imminente
apocalissi? Alajmo snocciola una serie di considerazioni imperdibili, intriganti
e significative dal punto di vista antropologico. E ce le offre nello scrigno di
una scrittura scattante, arguta e assai godibile.
Lo scrittore ci
squaderna un’ampia carrellata delle possibili geo-catastrofi in arrivo, senza
rinunciare alla sua vena surreale e grottesca, che rende meno indigesto il
lugubre repertorio. Che va dai “finismi”, cioè dalle apocalissi di settore, per
cui “persino l’invenzione di Gutemberg
deve aver avuto i suoi detrattori, se non altro nella categoria degli
amanuensi”; a catastrofi più corpose, quali la sovrappopolazione, lo
sfruttamento rapace delle risorse del pianeta e il suo forse irreversibile inquinamento;
alla rievocazione degli allarmi mediatici legati alle mucche pazze,
all’influenza dei polli e alla febbre dei maiali. Non sono trascurate,
ovviamente, eventuali guerre nucleari, collisioni di meteoriti e ipotetiche
invasioni aliene.
Come se la
caverà il genere umano con questa variegata serie di Armageddon? Alajmo non è affatto ottimista: ci ricorda che le
profezie apocalittiche sono spesso appannaggio di fanatici elitari e di masse
di derelitti, tra i quali si crea una pericolosa saldatura; ci spiega che il
paradosso delle ultime generazioni è quello di fregarsene di rapinare il futuro
a figli e nipoti; ci dimostra che la razza umana appare incapace di occuparsi
dei pericoli veri, per cui: “forse è così
che ti tocca morire: grasso, spensierato e ignaro di te stesso”, mentre “le arterie del sistema si stanno intasando,
ma l’aspetto della società è addirittura florido”. Come si nota dalla
citazione, l’autore bussa alla nostra attenzione di lettori, utilizzando un
appropriato campanello stilistico: ci dà del tu, senza chiederci il permesso Così,
anche se non ha il bagaglio pronto, chi legge viene subito coinvolto nel
viaggio inquietante verso le paventate apocalissi. E viene chiamato in causa
dalle acute riflessioni dello scrittore, che concede comunque al lettore una
buona dose di buonumore quando enuncia il principio di Peter e descrive i
fenomeni sociali, prettamente italiani, del “Darwinismo Invertito” e del
“Garantismo Sospeso”: espressioni felici con le quali il sarcasmo di chi scrive
battezza i ragionamenti sulle apocalissi italiane. Tra l’altro, un problema
tutto nostro è la caduta del muro della vergogna: “Se prima ti passava per la testa di dire una cazzata, andavi al bar e
la dicevi (…) Adesso, invece, se ti venisse il ticchio di dire che per fermare gli
sbarchi degli extracomunitari bisognerebbe usare i cannoni (…) andresti a dirlo
in televisione. O addirittura in Parlamento (…) Allora, con lo scopo di
recuperare almeno in parte il senso delle cose, bisognerebbe istituire un’ora
settimanale di vergogna nelle scuole”.
Che Alajmo sia scrittore multiforme e
poliedrico, lo sapevamo già: pur se gioca con l’incertezza dell’abito da
indossare il giorno dell’Apocalisse, in questo libro veste assai bene i panni
del docente, senza averne l’aria noiosa: non a caso la sua lezione magistrale
sulle apocalissi prossime venture ci ricorda Braudel, ha qualche tocco della
psicologia della Gestalt, qualcosa di Zygmunt Bauman e richiama, tra le righe,
al principio responsabilità di Hans Jonas. E allora, tra il potenziale vasto pubblico
dei suoi lettori, inserirei a pieno titolo gli studenti delle secondarie
superiori che, nonostante le occupazioni rituali delle scuole, non si ribellano
alle storture del presente perché “fin
tanto che qualcuno è disposto a pagare la ricarica del telefonino, si può
rinviare qualsiasi insurrezione” e sono i più propensi ad adeguarsi a
modelli culturali ed economici pericolosi ed obsoleti. Ecco allora una proposta
assai seria ai docenti di Storia delle Superiori: adottino il testo di Alajmo
come riflessione civica da leggere in classe. Perché i ragazzi, incapaci di
progettare un qualsiasi serio cambiamento, fermi a un miope “bricolage rivoltoso di corto respiro”, siano
aiutati a pensare. E, come ci ricorda Tommaso Moro, imparino ad avere la forza
di cambiare quello che possono cambiare, la pazienza di accettare le cose che
non si possono cambiare e soprattutto l’intelligenza di distinguere le une
dalle altre.
Maria
D’Asaro (pubblicato su “Centonove” il
21.12.2012)
Sono un divoratore di libri ,un ottimo consiglio , beh me lo regalo .
RispondiEliminagrazie , auguroni Mari
Veramente una bellissima recensione di un libro che mi intriga non poco! Come avrai capito, mi piacciono i film sulle catastrofi zombie... Perché mi piace vedere come, di volta in volta, i registi analizzano il compoortamento umano di fronte al caos e alla cancellazione delle regole umane. Quindi, ti ringrazio della segnalazione, perché questo libro parla di ciò che mi intessa ma sembra andare anche molto più in là nella riflessione. Geniale l'ora di vergogna nelle scuole! Un abbraccio e un caro augurio di buon Natale!
RispondiEliminaBella recensione, che fa davvero capire che cosa aspettarsi dal libro. Per questo penso che me ne terrò lontana, perché non amo sentir parlare di difetti che in buona parte possiedo. Un abbraccio e buon sw.e. prefestivo.
RispondiEliminaInteressante!..Farò tesoro del tuo consiglio!
RispondiEliminaPassavo di qua per farti gli auguri.
Un caro saluto e a presto!
Mi associo a Veronica: anch'io sono affascinata dalla reazione umana di fronte al caos e alla cancellazione delle regole... da buona appassionata di antropologia!
RispondiEliminaGrazie per questo consiglio letterario e tanti auguri!!
Un Felice e Sereno Natale e tanti libri da leggere per il 2013.
RispondiElimina@Veronica, Vele, Valerio, Cristina, Gabriella, curlydevil: a mio avviso, il libro è una chicca imperdibile. Comunque, come ha ben intuito Curly, la scrittura di Alajmo trasuda di umor nero. Bisogna avere una certa corazza per leggerlo senza sentirsi troppo male. Ma è una di quelle pillole amare utili a migliorare il proprio senso critico. Grazie a tutte/i dell'attenzione e Buon 2013, visto che il mondo continua.
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