Palermo – La vicenda della baronessa Laura Lanza di Trabia, vissuta tra Palermo e Carini nel sedicesimo secolo, è diventata nota al vasto pubblico già nel 1975, quando la RAI - con la regia di Daniele D’Anza e con Ugo Pagliai e Janet Agren nel ruolo dei protagonisti – mandò in onda in prima serata uno sceneggiato dal titolo “L’amaro caso della baronessa di Carini”.
Cosa ci fu di tanto amaro nella vita di Laura Lanza?
Intanto le nozze imposte dal padre con il blasonato e assai ricco barone di Carini, don Vincenzo La Grua-Talamanca, a cui la donna fu costretta a soli quattordici anni, il 21 settembre 1543. Dal matrimonio nacquero otto figli.
Ma il cuore della baronessa batteva per un’altra persona: Ludovico Vernagallo, cugino del marito. Con Ludovico, Laura intrattenne una lunga e appassionata relazione d’amore. La notizia di tale relazione arrivò alle orecchie del padre di Laura, il barone di Trabia Cesare Lanza, che, non tollerando l’adulterio della figlia, la uccise insieme all’amante, il quattro dicembre 1563. Secondo la tradizione, Laura, colpita al petto, si toccò la ferita e, appoggiandosi al muro del castello con la mano, vi lasciò un'impronta. La leggenda vuole che proprio ogni 4 dicembre l'impronta della mano insanguinata della baronessa compaia su uno dei muri del castello di Carini.
La tragica vicenda di Laura Lanza entrò subito nell’immaginario collettivo, come si evince da quest’antica ballata popolare che narra l’assassinio della baronessa: «Chianci Palermo, chianci Siracusa, a Carini c’è lu luttu p’ogni casa. […] ‘Signuri patri chi vinisti a fari? Signura figghia vi vegnu ammazzari’ … Lu primu corpu la donna cadìu, l’appressu corpu la donna murìu, nu corpu a lu cori, nu corpu ntra li rini … Povera barunissa di Carini».
Ma l’assassinio della baronessa non fu subito di dominio pubblico: le potenti famiglie Lanza e La Grua-Talamanca zittirono le voci che denunciavano la morte violenta della donna. Il vedovo si risposò subito, rinnovando alcune stanze del castello e cancellando le tracce che potevano ricordargli la prima moglie. Cesare Lanza, il padre della povera baronessa, avrebbe scritto una lettera di confessione - forse ancora custodita nell’archivio della chiesa madre di Carini - addirittura al re di Spagna Filippo II. Ma, grazie alle leggi allora vigenti, il padre omicida fu assolto; e poco tempo dopo fu addirittura insignito del titolo di conte di Mussomeli.
Oggi, cara Laura, daremmo un nome ben preciso alla tua tristissima storia. La chiameremmo “Femminicidio”. Allora il venticinque novembre, giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, a 456 anni dal tuo assassinio, ricorderemo anche te, povera baronessa di Carini …
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RispondiEliminaUn caso di femminicidio ante litteram anche se a quei tempi se ne consumavano moltissimi e neanche tutti assurgevano alla cronaca del tempo. Triste notare che a distanza di ben 456 anni oggi si continuano ad uccidere le donne ed i femminicidi sono anche quest'anno in aumento rispetto all'anno prima se non erro
RispondiElimina@Daniele: proprio così ... Speriamo che aumenti il rispetto per la vita e le scelte delle donne. Buon tutto.
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