Ecco le illuminanti riflessioni sul filosofo Hans Jonas (musica per le mie orecchie da ecologista principiante), contenute nel saggio di Augusto Cavadi Mosaici di saggezze (Diogene Multimedia, Bologna, 2015, € 25,00) che sarà presentato a Palermo martedì 10 novembre alle ore 18, presso la libreria Feltrinelli.
Jonas contesta il nichilismo antico e contemporaneo: le cose naturali, lungi dall’apparirgli opache e insensate, gli risultano pregne di significato e di valore intrinseco. La loro filigrana è logica, sono contrassegnate geneticamente da un logos che è la loro essenza e il loro fine immediato: c’è un logos – una parola sensata – nel cuore dei minerali, nelle piante, degli animali … e nell’uomo. Quest’ultimo non è solo parola che interpella, ma anche orecchio che ascolta: egli è l’essere che può, e dunque deve, rispondere al silenzioso messaggio inscritto negli esseri. (…) Il suo dovere … si concentra nell’essere responsabile: “Il pensare (…) non è la modalità più elevata e più autentica di esistenza umana." Altrettanto costitutivi della vera vocazione dell’uomo sono altri modi di rispondere ai richiami e alle sfide di ciò che è: "per esempio, l’azione, l’amore fraterno, la resistenza al male, il progresso del bene.”
Il tema della responsabilità (…) riguarda gli esseri non umani: "Un muto appello a preservarne l’integrità sembra salire dalla totalità minacciosa del mondo vivente. Dobbiamo prestarle ascolto, riconoscendo vincolante la sua presenza, perché sanzionata dalla natura delle cose” e gli esseri ancora non-nati: “Possiamo sì mettere a repentaglio la nostra vita, ma non quella dell’umanità (…) noi non abbiamo il diritto di scegliere o anche solo rischiare il non-essere delle generazioni future in vista dell’essere di quelle attuali”
Quale dunque per Jonas la funzione della filosofia nel XXI secolo? “Innanzitutto nel ruolo di mosca cavallina a cui Socrate paragona il proprio operare: la problematicità non può più esser taciuta (…) In secondo luogo si deve lavorare all’idea di una pace tra spirito e natura per amore della quale l’alterigia dell’uomo deve rinunciare a molte cose …”
(…) Davanti alle scelte di ogni giorno, individuali e collettive, la filosofia non ci lascia disarmati (…) ci suggerisce un criterio da applicare di volta in volta: “Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra … agisci in modo che le conseguenze della tua azione non distruggano la possibilità futura di tale vita”.
C’è allora una valenza politica in questa etica del futuro. L’imperativo categorico, che ci vieta sperimentazioni e stili di vita in grado di provocare danni irreversibili all’ambiente naturale e alle generazioni future, vincola certamente le coscienze dei singoli (…) ma “si rivolge molto di più alla politica pubblica che al comportamento privato”. A riconferma di una verità (…): ogni impegno spirituale, ogni impegno ad esplicare e rendere effettive le risorse dello spirito umano, o è sociale o non è. La creatività di ciò che chiamiamo spirito (…) non può non partire dall’intimo della soggettività; ma se vi resta sepolta – e dunque incapace di misurare la propria fecondità – non ha nessun mezzo per distinguersi dalla illusoria caricatura di se stessa. (pagg.133/135)
considerazioni illuminanti Mari!!!
RispondiEliminaGrazie
@Luigi: grazie della visita e della condivisione. Saluti cordiali.
RispondiElimina