giovedì 18 febbraio 2010

SEGNI DI VITA


Non so a voi. Ma a me, ogni opera creativa, che sia film, quadro o scultura, o le pagine di un libro, regala una sensazione particolare, un sapore. Il retrogusto che mi ha lasciato Segni di vita di Daniela Thomas (La Zisa, Palermo, 2009) è stato assai gradevole. Tanto da indurmi a riassaggiarlo, a rimasticare con piacere le ventisette storie di cui il libro si compone. Buon segno. Anzi segno di vita, segnale chiaro, a mio avviso, della vitalità del libro.
Libro che ha la capacità e la grazia di riuscire a parlare a tutti e a tutte. A piccoli e grandi. Infatti le storie che lo compongono, anche grazie alla loro magica atmosfera senza tempo e senza storia, consentono vari piani di lettura: le si può leggere e ascoltare con occhi e orecchie da bambini, come storie favolose e incantate. Le si può leggere da adulti, consapevoli del potenziale di libertà, di creatività, di onestà che c’è in ognuno di noi. Da adulti che non dimenticano di essere, in fondo, dei bambini cresciuti. Che continuano ad abitare il paese della scoperta, della meraviglia, dello stupore. Scritto da una donna, le storie accolgono e nutrono in modo speciale la parte femminile di ognuno di noi. Perché, come ci ricorda lo psicoterapeuta Franco La Rosa nella preziosa prefazione, sono racconti che curano. Accurate e delicate storie di cura, che sollecitano la nostra mente ad accogliere altri punti di vista, a partorire pensieri nuovi e creativi. Storie che accarezzano e cullano anima e corpo, spandendo un laico tributo alla vita. Libro un po’ disincarnato e new-age, potrebbe storcere il naso qualche amico impegnato… Non è vero: anche i racconti della Thomas ci aiutano, dal profondo, a edificare la polis: “perché solo se sei una formica con le antenne molto lunghe, cosi lunghe da toccare il cielo (pag.67), solo se riempi il formicaio dei sogni che ti animano" (pag.70), puoi governare il formicaio e diventare regina.

Maria D’Asaro

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