Palermo – Socrate, consapevole dell’ignoranza sostanziale degli esseri umani di fronte alle questioni cruciali dell’universo, già nel quinto secolo a.C. affermava: “So di non sapere”. Purtroppo oggi è assai diffusa l’opposta convinzione di tanti ignoranti, che a torto si ritengono sapientoni.
A dimostrarlo con rigorosi esperimenti, sono stati nel 1999 due psicologi americani, David Dunning e Justin Kruger. La loro ricerca, effettuata sugli studenti dei primi anni dei corsi di psicologia, alla Cornell University, consistette nel comparare l’autovalutazione che gli studenti esprimevano sulle proprie capacità di ragionamento - logico, grammaticale e umoristico - con i dati oggettivi delle loro prestazioni. Questi i risultati dello studio:
il gruppo degli studenti poco competenti sopravvalutava enormemente il proprio livello di preparazione; al contrario, quello degli studenti preparati stimava abbastanza correttamente le proprie prestazioni, con tendenza piuttosto a sottovalutarle.
Ricerche successive hanno confermato il lavoro di Dunning e Kruger: più le persone sono incompetenti e inesperte, più tendono a sovrastimare il proprio livello di abilità, non rendendosi conto della propria inadeguatezza e dei propri limiti; tendono a ignorare i propri errori e a disconoscere la maggiore preparazione e le effettive capacità degli altri. Di contro, più le persone sono esperte e competenti nel loro ambito di conoscenza, meno sono sicure del livello di conoscenza raggiunto.
E’ possibile cambiare prospettiva, superando quello che ormai viene universalmente chiamato l’effetto Dunning-Kruger? Sì, ma solo se si progredisce nelle proprie conoscenze. Gli inesperti, per riconoscere di essere tali, devono fare un salto di qualità: riconoscere le proprie lacune, accettare le critiche costruttive, uscire dalla propria bolla di ignorante presunzione. In sintesi, sottostare alla fatica dell’apprendimento. Cosa non facile per chi si fossilizza nelle proprie limitate certezze.
Di contro, le persone più esperte che sottostimano il proprio sapere e le proprie competenze, devono fugare la cosiddetta sindrome dell’impostore: il timore cioè che le loro conoscenze, per quanto elevate, non siano mai sufficienti.
Assai particolare infine l’episodio che ispirò a David Dunning l’idea di effettuare la ricerca che porta il suo nome. Dunning lesse in un giornale la notizia che, qualche anno prima, un certo McArthur Wheeler aveva rapinato due banche, sorridendo persino alle telecamere di sorveglianza. Il rapinatore fu arrestato la sera stessa, con sua grande sorpresa. L’uomo infatti si era convinto che il suo volto fosse irriconoscibile, poiché si era spalmato nel viso succo di limone. La sua credenza era basata sull’effetto del succo di limone su un certo tipo di inchiostro, che viene reso appunto invisibile: e aveva arbitrariamente esteso al suo volto l’effetto del limone sull’inchiostro.
Quando Dunning lesse la storia, fu colpito dal senso di sicurezza del rapinatore, che aveva persino insinuato che le registrazioni delle videocamere fossero state manomesse. Il ricercatore ipotizzò che McArthur soffrisse di una sorta di stupidità al quadrato: fosse così poco intelligente da essere inconsapevole della sua stessa dabbenaggine. La ricerca condotta qualche anno dopo con Kruger gli diede pienamente ragione.
Purtroppo l’effetto Dunning-Kruger è solo uno dei tanti “bias cognitivi” che interessano un po’ tutti: i ‘bias cognitivi’ sono infatti procedimenti e tendenze mentali che distorcono una corretta valutazione razionale della realtà.
Non resta allora che chiedere aiuto a Socrate – e a una solida formazione scientifica e culturale, sempre in progress – per evitare posizionamenti inadeguati, basati su ignoranza e pregiudizi. “So di non sapere” sia dunque il nostro faro nel processo infinito della conoscenza.
Maria D'Asaro, 14.2.21, il Punto Quotidiano
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