Leonardo da Vinci: Cartone di Burlington House, 1501 |
Care sorelle e fratelli, è emozionante quest’incontro tra Gesù e Giovanni Battista, anche se è riferito perché Giovanni è in carcere. Ed è emozionante perché si incontrano due impostazioni di vita degne di grande rispetto.
Da un lato, Giovanni Battista, uno che ha fatto scelte radicali: la privazione, il deserto, l’alzare la voce, la critica verso il potere, la denunzia, il coraggio, sino al martirio. Dall’altro lato - che non è un lato opposto, ma diverso - Gesù che non vuole spegnere il lucignolo fumigante, che si muove risanando le persone, offrendo a tutti la possibilità di un futuro diverso dal loro passato o da presunte condanne (di Dio, della società, del tempio), offrendo il volto della misericordia, del perdono, della prossimità, della vicinanza.
E Gesù non vuole fare concorrenza a Giovanni: lo apprezza tantissimo e, in fondo, nel mondo ci vogliono tutti e due, Giovanni Battista e Gesù. Ma l’affermazione conclusiva di Giovanni Battista è che il Regno di Dio ha un’altra misura, ha un altro passo, rispetto a quello frontale, di battaglia, di voce alzata, di martirio dello stesso Giovanni.
Gesù ci dice che la misericordia è più grande di tutto questo. La denuncia, la lotta sono necessarie, ci scappelliamo quando ci sono, con ammirazione, con rispetto. La misericordia è la rivelazione più piena della vicinanza di Dio all’uomo: il volto di Gesù cerca di incarnare tutto questo: le sue parole, i suoi gesti, il suo desiderio di far tornare il sorriso nelle persone, di risollevarle dalle loro angosce, dalle loro miserie, dai loro errori … perché nessuno si senta sconfitto o perduto.
E bisogna tenere lontano ogni atteggiamento di giudizio, di sovrapposizione verso gli altri.
Una certa religiosità, una certa idea di purezza, di una sorta di legalità rituale non bastano: c’è dell’altro ancora, di più importante, di più bello: “Ditelo a Giovanni, portategli belle notizie a Giovanni … quel cieco ci vede, quello zoppo cammina, quel sordo sente … “ E’ contento di sentire … pensavano di non farcela, di essere risucchiati in una condizione irrimediabile, insanabile.
E invece non è più così: un amore di Dio più grande delle nostre miserie, delle nostre difficoltà, che Giovanni sa cogliere e sulle quali punta il dito. Ma questo non è l’atto ultimo. Questo è il penultimo. L’atto ultimo è quello che sa includere anche le miserie più terribili e più devastanti per offrire la possibilità di superarle. E affermare che l’amore e la misericordia possano sopportare, supportare e superare anche le situazioni più disperate.
E invece non è più così: un amore di Dio più grande delle nostre miserie, delle nostre difficoltà, che Giovanni sa cogliere e sulle quali punta il dito. Ma questo non è l’atto ultimo. Questo è il penultimo. L’atto ultimo è quello che sa includere anche le miserie più terribili e più devastanti per offrire la possibilità di superarle. E affermare che l’amore e la misericordia possano sopportare, supportare e superare anche le situazioni più disperate.
Ma noi non ci riusciamo, lo sappiamo. Ne prendiamo atto. Ma questo è quello che vogliamo credere come donato da Dio, come orizzonte nel quale tutto può essere compreso, nonostante tutto. E Dio è incommensurabile. La misura dell’amore di Dio è amarci senza misura, in nessuna proporzione con quello che noi facciamo, ma sproporzionatamente rispetto a quello che siamo e a quello che facciamo.
Ma è bello pensare che Dio sia allora la sorpresa su di noi, la diversità rispetto ai nostri perimetri entro cui spesso rischiamo di chiudere le nostre storie personali e quelle degli altri e dell’umanità. Dio è l’altro ancora, è l’oltre ancora le nostre miserie … Il suo sguardo, il suo sorriso ci viene incontro attraverso Gesù Cristo. Che è l’alterità, la differenza di Dio che sa includere tutte le nostre situazioni. La differenza che sa farsi in tutto simile a noi, ma la sua differenza non è lontana da noi stessi, ma ci aiuta ad accorciare la distanza tra le nostre pochezze e l’immensità del suo amore e della sua misericordia.
(omelia di don Cosimo Scordato, chiesa san Francesco Saverio, Palermo, domenica 15.12.19, III Avvento: eventuali errori o omissioni sono della scrivente, Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle imprecisioni e manchevolezze della trascrizione)
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