martedì 29 novembre 2022

Il reddito minimo, secondo Erich Fromm

    “Molti dei mali delle attuali società capitaliste e comuniste scompariranno con l’introduzione di un reddito minimo annuo garantito. Il nocciolo di quest’idea e che tutte le persone, che lavorino o meno, devono godere dell’incondizionato diritto a non morire di fame e ad avere un ricovero.
Non dovranno ricevere più di quanto sia indispensabile per mantenersi, ma non dovranno neppure ricevere di meno. È un diritto che risponde ad una concezione nuova oggi, benché si tratti di una antichissima norma di cui si è fatto paladino il cristianesimo, e che era messa in pratica in molte tribù ‘primitive’, quello secondo cui gli esseri umani hanno un incondizionato diritto a vivere, indipendentemente dal fatto che compiano o meno il loro ‘dovere verso la società’ … È un diritto che concediamo ai nostri animali domestici, non però ai nostri simili
Una prescrizione del genere avrà per effetto di dilatare enormemente l’ambito della libertà personale; nessuno che sia economicamente dipendente da altri (da un genitore, da un marito, da un capo) sarebbe più sottoposto al ricatto di venir lasciato morire di fame; individui dotati, che vogliono cominciare una nuova vita, potrebbero farlo a patto che siano disposti a sobbarcarsi al sacrificio di vivere, per un certo periodo, in relativa povertà. (…) 
… Il reddito annuo minimo garantito assicurerebbe reale libertà e indipendenza; per tale motivo esso è inaccettabile per ogni sistema basato sullo sfruttamento e il controllo, soprattutto per le varie forme di dittatura. (…) ”.
Erich Fromm: Avere o essere? (Mondadori, 1981, I ed. 1977 Milano, pagg.246,247)

E ancora:
“Un reddito minimo garantito, che diviene possibile nell’era dell’abbondanza economica, permetterebbe finalmente di liberare l’uomo dalla minaccia della morte per fame, rendendolo così davvero libero e indipendente dal ricatto economico.
Il reddito minimo garantito, non soltanto farebbe della libertà una realtà anziché un mero slogan, ma costituirebbe l’attuazione di un principio profondamente radicato nella tradizione religiosa e umanistica dell’Occidente, che suona: l’uomo ha comunque il diritto di vivere! Tale diritto di vivere, di disporre di cibo, ricovero, assistenza sanitaria, istruzione, eccetera, è intrinseco all’essere umano e non può venire limitato per nessun motivo, neppure la pretesa che l’uomo debba essere socialmente “utile”. La transizione da una psicologia della scarsità a quella dell’abbondanza rappresenta uno dei passi di maggior momento nello sviluppo dell’uomo. Una psicologia della scarsità produce ansia, invidia, egoismo (e lo si costata, con la massima evidenza, nelle culture agricole di ogni parte del mondo). Una psicologia dell’abbondanza produce iniziativa, fede nell’esistenza, solidarietà. Il fatto è che la maggior parte degli esseri umani sono ancora psicologicamente orientati secondo realtà economiche proprie alla scarsità, e ciò mentre il mondo industriale è sul punto di entrare nell’era dell’abbondanza economica.
Ma proprio a causa di questo “ritardo” psicologico avviene che molti non riescano neppure a capire nuove idee come quelle implicite nel concetto del reddito minimo garantito, e ciò perché le idee tradizionali sono di norma promosse da sentimenti che hanno origine in precedenti forme di esistenza sociale.
Per l’individuo avido esiste sempre scarsità, dal momento che egli non ha mai abbastanza, quali che siano i beni di cui dispone, e oltretutto è invidioso e competitivo nei confronti di chiunque altro, e pertanto è sostanzialmente isolato e spaventato. Non è in grado di godere davvero dell’arte o di altri stimoli culturali, perché permane fondamentalmente vorace, e ciò significa che coloro i quali vivessero al livello del reddito minimo garantito si sentirebbero frustrati e privi di valore, mentre coloro che guadagnassero di più resterebbero prigionieri delle circostanze perché sarebbero preda del timore di perdere la possibilità di un massimo di consumo.
 Per tali motivi, ritengo che il reddito minimo garantito che non si accompagni a un distacco dal principio del consumo massimo potrebbe costituire la risposta soltanto a certi problemi economici e sociali, senza però avere l’effetto radicale che si dovrebbe aspettarsene."

E. Fromm, Le implicazioni psicologiche del reddito minimo garantito
in La disobbedienza e altri saggi (Milano 1982)

Il secondo testo è stato preso da qui, dove si leggono anche queste considerazioni: 
"La posizione di Fromm non esclude, ma anzi implica la formazione e la riconversione dei disoccupati verso nuove professioni, per permettere loro di trovare non solo un’occupazione ma anche un lavoro migliore, sia dal punto di vista reddituale che da quello, non meno importante, di riuscire a soddisfare le capacità e le aspettative di ciascuno; superando nel contempo l’idea che la scuola debba ad un certo punto avere un termine ed introducendo al contrario una visione in cui ciascun individuo non finisca mai di studiare e di formarsi.
A distanza di parecchi anni dalla sua pubblicazione il presente saggio è decisamente attuale per la sua visione psicologica e sociale, propria di un grande umanista come Erich Fromm, soprattutto nell’idea che un forma di reddito minimo può ampliare in modo enorme la libertà dell’essere umano: l’autore si situa tra quei pensatori che sostengono quanto sia importante una libertà sostanziale, quindi non una libertà meramente formale, che si fondi sulla possibilità materiale per ognuno di costruirsi un proprio progetto di esistenza."


4 commenti:

  1. Concordo, saggio decisamente attuale e direi anche condivisibile.

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    1. @Daniele: grazie per l'attenzione e l'apprezzamento per il grandissimo Erich Fromm

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  2. @Valeria: grazie per il tuo accorato commento. Sicuramente ci vuole più attenzione per i piccoli artigiani, che vivono facendo grossi sacrifici. Buona serata e buon tutto.

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  3. Lavoro per tutti e salari che permettano di vivere in modo dignitoso, simboli di libertà.

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