mercoledì 25 giugno 2025

Gent.ma Presidente del Consiglio: il vecchio che avanza...

 
Ho sentito la sua dichiarazione, espressa mi pare in Parlamento: “La penso come i Romani: si vis pacem, para bellum”. Sono rimasta basita: non credevo che Lei potesse manifestare con chiarezza un pensiero - a mio avviso - così  logoro, violento, radicalmente inefficace, espressione di una vecchia  visione del mondo bellicista e sterilmente militarista.
     La invito a pensare invece a un possibile, radicale cambio di paradigma, storico e antropologico insieme. Oggi più bisogna ripartire dal pensare e progettare la Pace. Ci troviamo di fronte a un vuoto teorico e di visione, come se la Pace fosse un ideale non politico …      
   Sa che martedì 24 giugno scorso c’è stata proprio a Roma,  presso l’Auditorium Bachelet della Domus Maria, la presentazione ufficiale della proposta per l’istituzione di un Ministero della Pace? L’evento, organizzato da Fondazione Fratelli Tutti, Azione Cattolica Italiana, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII e ACLI-Associazioni Cristiane lavoratori Italiani e da una rete ampia di associazioni della società civile, promosso dalla Campagna “Ministero della Pace”, è nato dalla volontà di dare un assetto istituzionale e stabile alle politiche di pace, di giustizia e di disarmo nel nostro Paese, perché la pace possa divenire architettura politica e istituzionale, e non solo ideale etico.
    Il Ministero della Pace sancirebbe un cambio radicale di paradigma, un segno tangibile dell’abbandono della logica mortifera e nefasta del principio si vis pacem, para bellum, per abbracciare invece la nuova logica ‘se vuoi la pace, progetta la pace’.
      Perché la pace va pensata e resa possibile, nella consapevolezza che l’oscenità della guerra, anche se spesso ritenuta inevitabile, è in realtà una costruzione umana, frutto del primato della violenza. Ho scoperto che si deve a don Oreste Benzi, il prete romagnolo fondatore della Comunità ‘Papa Giovanni XXII’, la richiesta di istituire un Ministero della Pace, formulata una prima volta nel 1994, durante il terribile conflitto nell’ex Jugoslavia, e poi formalizzata nel 2001 con una lettera all’allora Presidente del Consiglio: «Da quando l’uomo esiste ha sempre organizzato la guerra, è arrivata l’ora di organizzare la pace. Un ministero trasversale per organizzare la pace». 
     Cara Presidente Giorgia Meloni, abbiamo bisogno di nuove architetture del pensiero per pensare e organizzare la pace. Abbiamo bisogno di interconnettere la sfera culturale, quella etica, quella giuridica e quella istituzionale. Abbiamo bisogno di ripartire dalla nonviolenza come mezzo di risoluzione dei conflitti. Ma chi sa parlare e agire con nonviolenza oggi? 
    La nonviolenza è una weltanschauung, uno stile di vita, una visione del mondo sistemica, olistica, che accetta la conflittualità dei rapporti umani senza considerare ineluttabile che il conflitto sfoci nella lite, nella violenza, nella guerra. 
Cara Presidente, è ormai necessario scardinare l’idea radicata che la virtù civica e politica si esprima attraverso il dare la vita in guerra: necessario scardinare il nesso tra guerra e cittadinanza. La patria non si difende con le armi: Lei saprà bene da anni giace in Parlamento la proposta di legge per l’istituzione di una Difesa civile popolare e nonviolenta.
Crediamo fermamente che il dovere di difesa della patria, ribadito dall’art.52 della Costituzione, possa essere agito anche senza le armi, anche senza uccidere.
Lei potrebbe ribattere:  lei è un’utopista senza speranza… Ma sono le idee nuove che cambiano la Storia. Se tante donne non avessero lottato per la loro dignità, idea nuova rispetto al Diritto romano, oggi Lei non presiederebbe il Governo italiano.
     Riporto infine parte del  toccante intervento del compianto dottore Gino Strada a Stoccolma, dove, nel dicembre del 2015, il Parlamento svedese gli ha tributato il Premio Nobel alternativo Right Livelihood  "per la sua grande umanità e la sua capacità di offrire assistenza medica e chirurgica di eccellenza alle vittime della guerra e dell'ingiustizia, continuando a denunciare senza paura le cause della guerra". 
      Ecco le sue parole:  «La maggiore sfida dei prossimi decenni consisterà nell'immaginare, progettare e attuare le condizioni che permettano di ridurre il ricorso alla forza e alla violenza di massa fino al completo abbandono di questi metodi. La guerra, come le malattie mortali, deve essere prevenuta e curata. La violenza non è la medicina giusta: non cura la malattia, uccide il paziente. L'abolizione della guerra è il primo e indispensabile passo in questa direzione. Possiamo chiamarla "utopia", visto che non è mai accaduto prima. Tuttavia, il termine utopia non indica qualcosa di assurdo, ma piuttosto una possibilità non ancora esplorata e portata a compimento. 
Come le malattie, anche la guerra deve essere considerata un problema da risolvere e non un destino da abbracciare o apprezzare, dobbiamo convincere milioni di persone del fatto che abolire la guerra è una necessità urgente e un obiettivo realizzabile. Questo concetto deve penetrare in profondità nelle nostre coscienze, fino a che l'idea della guerra divenga un tabù e sia eliminata dalla storia dell'umanità. (…)  Ancora oggi ci troviamo ancora davanti al dilemma posto nel 1955 dai più importanti scienziati del mondo nel cosiddetto Manifesto di Russel-Einstein: 'Metteremo fine al genere umano o l'umanità saprà rinunciare alla guerra?'. Ѐ possibile un mondo senza guerra per garantire un futuro al genere umano? Molti potrebbero eccepire che le guerre sono sempre esistite. Ѐ vero, ma ciò non dimostra che il ricorso alla guerra sia inevitabile, né possiamo presumere che un mondo senza guerra sia un traguardo impossibile da raggiungere. Il fatto che la guerra abbia segnato il nostro passato non significa che debba essere parte anche del nostro futuro».

Spero che, prima o poi, potremo confrontarci serenamente su questi temi cruciali. Un saluto cordiale.



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