L'autrice di questo blog, Maria D'Asaro, vive in un'isola ed è affascinata dal mare: mari da sognare, mari da scoprire, mari da solcare...
lunedì 8 luglio 2024
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Quaderno blu
domenica 7 luglio 2024
Addiopizzo, 20 anni fa la rivoluzione gentile
Palermo – “Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”: al loro risveglio, la mattina del 29 giugno 2004, in molte strade della città i palermitani trovarono centinaia di piccoli adesivi con questa scritta dirompente. Ad affiggerli erano stati un gruppo di amici, che da un po’ si ritrovavano assieme per discutere e fare progetti per la propria vita, dopo la laurea. C’era chi aveva l’intenzione di aprire un pub, col timore però che qualcuno chiedesse il pizzo, per conto della mafia. Questo li portò allora a riflettere sul fatto che non si poteva pretendere che chi esercita un’attività economica denunci l’estorsione, se l’ambiente in cui vive e opera è indifferente.
Da qui l’idea di lanciare a Palermo un insolito messaggio provocatorio e di denuncia. Gli adesivi contro il pizzo suscitarono una vasta eco non solo in Sicilia, ma in tutto il Paese. E per prima cosa contribuirono a suscitare una rivoluzione etico-culturale: un nuovo atteggiamento di presa di distanza verso il racket mafioso delle estorsioni. A questa nuova consapevolezza, seguì poi la nascita di varie associazioni antiracket, a cui aderirono imprenditori e commercianti.
Venti anni dopo, ecco l’intervista rilasciata al TG regionale siciliano del 28 giugno scorso da Pico Di Trapani, uno dei volontari storici di Addiopizzo: “Festeggiamo questi vent’anni con grande soddisfazione per un percorso che ci ha visto portare avanti tante iniziative, grazie al contributo di una collettività composta da giovani, commercianti, istituzioni, insegnanti, magistrati, forze dell’ordine…”
Al giornalista Salvatore Fazio che gli ha chiesto come sia cambiata in questi vent’anni la lotta al pizzo e alla mafia, Pico Di Trapani ha risposto: “In questi 20 anni, è cambiata Palermo ed è cambiata la Sicilia e dobbiamo essere contenti dei traguardi che sono stati raggiunti. Tendiamo spesso a raccontarci negativamente…Dal 2004 ad oggi abbiamo guadagnato per lo meno che pagare il pizzo è un disvalore, è ingiusto… E che si può denunciare e lo si può fare in sicurezza.
Abbiamo ottenuto tanti risultati di cui dobbiamo essere orgogliosi e che dobbiamo sottolineare. Certo, siamo consapevoli dell’ambito delicato in cui interveniamo, perché il fenomeno mafioso è sedimentato nella nostra storia, quindi nella nostra testa e nella nostra cultura. Già nel 2004 eravamo consapevoli, e continuiamo a esserlo ancora oggi, di dovere intervenire sul valore culturale del rifiuto del pizzo. Ma dobbiamo sempre cercare di capire quali sono le sacche di resistenza e di degrado che facilitano l’insorgere di fenomeni criminali di natura mafiosa.”
Dal sito ufficiale di Addiopizzo si apprende che, dopo settimane di discussioni e perplessità, nel giugno 2004 il gruppo fondatore raggiunse l’intesa di affiggere le frasi antiracket - – Amunì (avanti) picciotti, a questo punto non possiamo non farlo! - anche a seguito delle dichiarazioni rilasciate dalla signora Pina Maisano Grassi dopo la sentenza che il 10 giugno 2004 metteva fine al processo Agate: dieci anni di udienze conclusi con trenta ergastoli, due dei quali inflitti a Francesco e Salvatore Madonia, condannati in quanto mandanti dell’omicidio di Libero Grassi, l’imprenditore coraggioso, marito della signora Pina, ucciso il 29 agosto 1991 per la sua solitaria ribellione al pizzo.
Allora la signora Maisano Grassi, dopo la sentenza, aveva pronunciato queste parole: “Dopo tutti questi anni, la cosa che più mi sorprende e mi amareggia è che tutti continuano a pagare e tutti fanno finta di niente”.
Per ricordare e ripercorrere i vent’anni di Addiopizzo, a Palermo, nello spazio museale del No Mafia Memorial, in collaborazione col Centro siciliano di documentazione ‘Peppino Impastato’, il 29 giugno scorso è stata inaugurata una mostra: foto, video, stampe, disegni, articoli di stampa forniti dal Giornale di Sicilia e La Repubblica-Palermo raccontano il percorso di cittadinanza attiva compiuto dai palermitani che hanno scelto da che parte stare e dagli imprenditori e commercianti che hanno trovato il coraggio di denunciare.
“Oggi siamo cambiati, non solo anagraficamente – ha detto infine Pico Di Trapani – e siamo ancora più consapevoli della complessità della lotta alla mafia, lotta che per essere vincente, ha bisogno del contributo di tutti”.
Maria D'Asaro, 7.7.24, il Punto Quotidiano
mercoledì 3 luglio 2024
Caro Alex, ci manchi tanto tanto...
(…) Ci manchi da tante estati.
Oggi saresti più curvo, con i capelli grigi e qualche ruga in più. Per te, comunque, essere giovane non era un dato anagrafico, ma una condizione dell’anima: avresti ancora il tuo sorriso “da coniglio intelligente e affettuoso” e quell’aria ironica, buona, curiosa da eterno ragazzo: “quell’aria eternamente trafelata e provvisoria, i sandali francescani d’estate e il maglione norvegese d’inverno”, come ricordano i tuoi amici.
Chissà cosa poteva fermarti, quel maledetto 3 luglio, quando decidesti di lasciarti andare su un albero di albicocco, in Toscana, a Pian dei Giullari. (…)
Se fosse stata ancora viva tua madre, il 3 luglio del 1995, forse non ti saresti ammazzato. Doveva essere una bella persona, tua madre.
Sapeva affascinarti con i suoi racconti, come la storia di san Cristoforo, che lei, “né chissà quale esperta di santi, né devota”, ti ha saputo narrare.
Sapeva cogliere l’essenziale, tua madre: quando da ragazzino quasi ti scandalizzavi perché tuo padre non andava in chiesa, ti diceva che non conta tanto ciò in cui si dice di credere, ma come si vive. È stata lei a introdurti alla complessità del reale, a una precoce visione nonviolenta della storia e degli uomini, che non traccia separazioni nette tra bene e male: “Né tutti i tedeschi, né tutti gli italiani sono buoni o cattivi, bisogna distinguere”, amava ripetere. (…)
Tua madre: la prima donna dottore in chimica, in Italia. Forse proprio da lei hai appreso la capacità di ‘catalizzare’ uomini, progetti e idee; di sciogliere e scomporre per trovare nuove unità e dare risposte adeguate a nuovi bisogni e a più vasti orizzonti.
Al Partito comunista italiano in fibrillazione dopo la caduta del Muro di Berlino, suggerivi: “Per coagulare sul serio percorsi ed ispirazioni diverse in uno sforzo comune, bisogna che prima di tutto le rigidità e gli spiriti di bandiera si attenuino e magari si dissolvano. ‘Solve et coagula’, sciogliere e coagulare, dicevano gli alchimisti rinascimentali”. (…)
L’impegno verde ed ecologista, insieme a quello per la pace, è stato l’orizzonte ideale per cui hai speso le tue migliori energie. Da quando, l’8 dicembre 1984, hai tenuto la relazione introduttiva alla prima assemblea, dei Verdi sei stato co-fondatore e ispiratore. Un vero profeta ecologista (…) Scrivevi: “Il movimento ecologico tenta di essere perpendicolare rispetto al dominio della crescita e del primato dell’economia. Perché afferma e cerca di praticare una compatibilità completamente diversa. Dice che certe cose non si possono fare perché sono incompatibili con la vita e con la capacità di sopportazione del pianeta. (…) Non è possibile che per ragioni economiche distruggiamo qualcosa che non è più rigenerabile e viene irreversibilmente perduto. (…) Il movimento ecologico sta scoprendo un criterio di incompatibilità con la civiltà dominante molto profondo e molto forte. Nel nostro rapporto con la terra sta succedendo quel che avviene ad una persona quando è ammalata: improvvisamente tutte le priorità tradizionali (successo, carriera, etc.) diventano secondarie perché la salvaguardia della salute, il ripristino del benessere fisico diventano l’unico criterio che conta davvero”.
“Passare dalla logica del più alla logica del meno: noi siamo abituati a considerare gli indici di crescita e di progresso come segnali di miglioramento del benessere. (…) La cruna dell’ago rispetto alla quale si devono oggi misurare i movimenti che si propongono come loro fondamento ideale la ricerca della pace con gli uomini e con la natura, è ribaltare quella impostazione, riconoscendo che l’obiettivo è l’autolimitazione. (…) Cioè un atteggiamento meno predatorio, meno vorace verso la biosfera. (…)
Caro Alex, chissà quando hai smarrito la bussola della tua anima… (…)
Sei stato sepolto a Telves di sotto, in un angolo del cimitero accanto alla Pieve. Ci sono delle piantine grasse sulla tua tomba.
Hai avuto tre funerali religiosi. Niente male per un suicida. Nell’omelia funebre, padre Gottfried Gruber ha detto che il figlio di suo fratello era morto, come te, impiccato a un albero: suo padre con una mano ne ha cinto il corpo, con l’altra tagliava la corda. Padre Gruber ha aggiunto: “Così farà, con il nostro Alex, il Padre nei Cieli”.
Caro Alex, forse alla fine ti è mancata una musica, un motivo da fischiettare… Amavi le canzoni di Branduardi: così ti penso di più, quando ascolto le sue canzoni.
E ti sento vicino, come angelo custode speciale.
La lettera completa si trova in: Maria D'Asaro, Una sedia nell’aldilà, Diogene Multimedia, BO, 2023
domenica 30 giugno 2024
Tartaruga depone le uova vicino Palermo
Palermo – Deve essersi sentita al sicuro, in un luogo propizio e non troppo inquinato, la tartaruga caretta-caretta che, il 20 giugno, nella notte quieta del solstizio d’estate, è approdata a Mondello, la suggestiva località balneare a pochi chilometri da Palermo, e ha deposto le uova nella spiaggia bianca e fine del litorale, nel tratto vicino Valdesi.
Allertati anche da un gruppo di pescatori, i volontari di Liberambiente, un’associazione che si occupa di monitoraggio ambientale e di ripulire della plastica la zona balneare, hanno individuato la tartaruga ancora presente in spiaggia e hanno posto una recinzione temporanea di protezione attorno alle uova. – “Ho provato una grande emozione nel vedere il nido pronto nella sabbia” – ha detto a Laura Pasquini, giornalista del TG regionale siciliano, Giuseppe Chiofalo, il volontario presidente di Liberambiente, che si è subito preso cura della nidiata della tartaruga e ha allertato la Capitaneria di Porto.
C’è stato poi l’intervento della sezione nord-occidentale del WWF siciliano. Il vice presidente Giorgio De Simone, in accordo con i gestori dei lidi di Mondello, ha concordato le modalità operative per la tutela delle uova: - “Ci saranno dei volontari che si alterneranno nella sorveglianza. Ci daranno una mano anche i gestori dei lidi. Vigileremo insieme perché le tartarughe vengano alla luce in sicurezza”. –
La schiusa delle uova dovrebbe avvenire dopo circa 50/70 giorni dalla loro deposizione, quindi tra fine luglio e inizio agosto.
Dopo l’accoppiamento, che avviene nella stagione estiva, le tartarughe femmine attendono per qualche giorno in acque calde e poco profonde il momento propizio per deporre le uova, spesso disturbate dalla presenza di persone, animali, rumori e luci. Giunte sulla spiaggia prescelta, vi depongono fino a 200 uova, grandi come palline da pingpong, disponendole in buche profonde, scavate con le zampe posteriori. Le ricoprono poi con cura, per garantire una temperatura d'incubazione costante e per nascondere la loro presenza ai predatori. Completata l'operazione, fanno ritorno al mare.
Le uova si schiudono quasi tutte simultaneamente. Per uscire dal guscio, le tartarughine neonate utilizzano una struttura particolare, il "dente da uovo", che verrà poi riassorbito in un paio di settimane. Fuori dal guscio, sono necessari ancora dai due ai sette giorni per scavare lo strato di sabbia che sormonta il nido e raggiungere la superficie. Poi, in genere col calare della sera, si dirigono rapidamente verso il mare.
Solo una piccola parte dei neonati riesce nell'impresa, cadendo spesso vittima dei predatori. Giunti in mare, per più di un giorno nuotano ininterrottamente per allontanarsi dalla costa e raggiungere la piattaforma continentale, dove le correnti concentrano una gran quantità di nutrienti. Dei piccoli che raggiungono il largo, pochi riescono però a sopravvivere sino all'età adulta.
La tartaruga comune o tartaruga caretta-caretta è quella più comune del mar Mediterraneo. Diffusa anche in altre zone acque - si può trovare negli oceani Atlantico, Indiano e Pacifico e anche nel mar Nero – la sua sopravvivenza nel nostro mare è molto minacciata. La IUCN Red List (Lista rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) la classifica come specie vulnerabile. Infatti, la specie è a rischio per l'inquinamento marino, la riduzione degli habitat di nidificazione, per le collisioni con le imbarcazioni, per gli incidenti causati dalle reti a strascico e dagli altri sistemi di pesca. Nel Mediterraneo gli ambienti di riproduzione sono ormai molto limitati per il disturbo umano dovuto al turismo balneare.
Auguri, allora, alle tartarughine che nasceranno a luglio o agosto a Mondello.
Maria D'Asaro, 30.6.24, il Punto Quotidiano
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Ritagli di giornali
venerdì 28 giugno 2024
Prof... che ci fa lei qui?!!
Incontri e intrecci esistenziali imprevedibili hanno condotto la scrivente a una circostanza non programmata: fare la volontaria in un penitenziario (mamma entra ed esce dal carcere… – esclamano i figli impertinenti).
Insieme ad alcune tenaci 'colleghe' con maggiore esperienza, in carcere si occupa di gestire una biblioteca e di prestare libri ai detenuti. Tempo fa, ha così incontrato due ex alunni, che lei aveva seguito da psicopedagogista. Lieti e sorpresi, sono stati loro a riconoscerla per primi e a salutarla cordialmente, chiedendole “Che ci fa lei qui?”.
I due, però, nel penitenziario hanno un posto diverso: uno è guardia penitenziaria, l’altro detenuto. Chi scrive ricorda bene le situazioni familiari e scolastiche di entrambi, che erano ‘ragazzi difficili', a rischio, più volte bocciati.
Uno è riuscito a conseguire la terza media, grazie a una mamma formidabile e a insegnanti speciali. L’altro no. Chissà se c’entra col fatto che sia lui il detenuto…
martedì 25 giugno 2024
Se...
Se i generali
si inebriassero
del profumo delicato e ardito
dei ligustri in fiore…
se si commuovessero
per l’infinito parto di fiori rosati
delle umili e generose sterculie…
se ammirassero il miracolo cangiante
dei tramonti da sogno...
capirebbero, forse,
che uccidono la loro anima,
quando comandano di fare la guerra.
Maria D’Asaro – Dillo con parole tue
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Mari di poesia
domenica 23 giugno 2024
Danilo Dolci, il Gandhi italiano in Sicilia
Palermo – Nato il 28 giugno 1924 a Sesana, comune allora in provincia di Trieste, oggi sloveno, l’allora ventottenne Danilo Dolci, che insieme ad Aldo Capitini sarebbe poi stato appellato il Gandhi italiano, nel 1952 si trasferì in Sicilia, precisamente nel piccolo comune marino di Trappeto, a metà strada circa tra Palermo e Trapani, spinto forse da un’ispirazione a Nomadelfia, la comunità fondata a Fossoli, nel modenese, da don Zeno Saltini, alla quale Dolci aveva aderito nel 1950, interrompendo per questo, alla vigilia della tesi, gli studi di Architettura.
A Trappeto, Dolci trova un’estrema povertà. Un bambino, Benedetto Barretta, muore per denutrizione. Il 14 ottobre 1952 Dolci decide allora di fare la prima di tante lotte nonviolente: inizia un digiuno per attirare l’attenzione delle istituzioni sulla miseria. Il digiuno viene interrotto quando le autorità s'impegnano a fare alcuni interventi.
Con il piemontese Franco Alasia, che si era trasferito con lui in Sicilia ed era diventato il suo principale collaboratore, l’attivista fa poi un altro digiuno nel 1957 a Palermo, a Cortile Cascino, uno dei quartieri più poveri del capoluogo, dove i bambini morivano di fame come a Trappeto.
Intanto, nel 1953, Danilo Dolci aveva sposato Vincenzina, vedova di un contadino/marinaio di Trappeto. Ai cinque figli già avuti da Vincenzina, seguiranno Libera, Cielo, Chiara, Daniela e Amico (musicista e oggi continuatore dell'opera del padre).
A Partinico, paese vicino Trappeto, il 30 gennaio 1956 Dolci promuove lo ‘sciopero alla rovescia’: una forma di lotta basata sull’intuizione che, se un operaio, per protestare, si astiene dal lavoro, un disoccupato può scioperare invece lavorando. Così tanti disoccupati riattivano pacificamente una strada comunale abbandonata; ma i lavori vengono fermati dalla polizia e Dolci, con alcuni suoi collaboratori, viene arrestato.
L'episodio suscita in Italia grande scalpore. Tra gli avvocati difensori di Dolci e degli arrestati c'è anche l’insigne giurista Piero Calamandrei che, il 30 marzo 1956, al Tribunale di Palermo pronuncia un’appassionata arringa difensiva. Condannato comunque a 50 giorni di carcere, Dolci ebbe l’appoggio alle sue iniziative nonviolente, oltre che da tanti giovani volontari, da personalità come Carlo Levi, Elio Vittorini, Giorgio La Pira, Renato Guttuso, Bruno Zevi, Aldo Capitini, Norberto Bobbio e, tra gli stranieri, da Erich Fromm e Jean Piaget.
Lo studio attento delle cause della povertà siciliana porterà l’attivista anche a denunciare la mafia e i suoi rapporti col sistema politico. Dopo le accuse espresse a politici democristiani quali Calogero Volpe e Bernardo Mattarella, Dolci e Alasia vengono querelati per diffamazione e condannati. Da segnalare anche la netta condanna dell’allora cardinale di Palermo Ernesto Ruffini, per il quale Dolci disonorava la Sicilia quando affermava che nell’isola regnavano “estrema povertà e somma trascuratezza da parte dei poteri pubblici".
Il 25 marzo 1970, assieme a Pino Lombardo e Franco Alasia, Danilo Dolci fu promotore di un'altra clamorosa iniziativa: l'apertura della prima radio libera italiana, Radio Partinico Libera, che infranse il monopolio della RAI. La radio, chiusa il giorno dopo, servì a lanciare un appello accorato per i poveri cristi che, dopo più di due anni dal terremoto del Belice, vivevano ancora nelle baracche in condizioni di estremo disagio.
Oltre che sociologo e attivista nonviolento, Dolci fu soprattutto un educatore, assertore della ‘maieutica socratica’: a suo avviso, infatti non era possibile realizzare alcun cambiamento sociale significativo senza la presa di coscienza e il coinvolgimento diretto delle persone interessate. Così divenne animatore instancabile di incontri durante i quali i partecipanti imparavano ad ascoltare gli altri, a confrontarsi sulle questioni trattate e, infine, a prendere insieme le decisioni.
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Dolci e, a ds., il giovane Peppino Impastato |
Proprio durante le riunioni ‘maieutiche’ con contadini e pescatori, nacque l'idea di chiedere la costruzione di una diga sul fiume Jato. La realizzazione del progetto favorì lo sviluppo economico della zona, consentendo la nascita di numerose aziende e cooperative e privando la mafia del suo potere di controllo sulle modeste risorse idriche disponibili.
A partire dagli anni ’70 l'impegno educativo diventa per Dolci fondamentale: viene approfondito lo studio della ‘struttura maieutica’, modalità cooperativa di dibattito e ricerca comune della verità. Col contributo di esperti, si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto (vicino Partinico), frequentato da centinaia di bambini. Negli anni successivi, lo studioso conduce in tutta l’Italia vari laboratori maieutici in scuole, associazioni, centri.
Danilo Dolci muore a Trappeto il 30 dicembre 1997, dopo aver ricevuto numerosi riconoscimenti per la sua opera nonviolenta e la sua azione maieutica: nel 1957 gli fu attribuito in Unione Sovietica il Premio Lenin per la pace, accettato pur dichiarando di non essere affatto comunista; nel 1968 l'Università di Berna gli conferisce la laurea honoris causa in Pedagogia; nel 1969, per la sua opera di diffusione dei valori umanitari e culturali, viene insignito della Medaglia d'oro dell'Accademia dei Lincei; nel 1970 ottiene il Premio Socrate di Stoccolma per «l'attività svolta in favore della pace, per i contributi di portata mondiale dati nel settore dell'educazione», e il Premio Sonning dell'Università di Copenaghen «per il contributo offerto alla civilizzazione europea».
Inoltre, negli anni ’70, per le sue composizioni poetiche – aveva iniziato a comporre liriche negli anni ’50 – ottiene il Premio Internazionale Viareggio. Nel 1989, in India, riceve il Premio Internazionale Gandhi per l’approfondimento dei valori rivoluzionari nonviolenti. Infine, nel 1996 l'Università di Bologna gli conferisce la laurea honoris causa in Scienze dell'educazione.
La scrivente ha conosciuto Danilo Dolci durante un convegno a Palermo, a inizio degli anni ’90: le sono rimasti impressi i suoi grandi occhi celesti, la pacata eloquenza e l’incoraggiamento a impegnarsi nel lavoro di docente.
E una sua poesia: “C'è chi insegna/guidando gli altri come cavalli/passo per passo:/forse c'è chi si sente soddisfatto/così guidato./C'è chi insegna lodando/quanto trova di buono e divertendo:/c'è pure chi si sente soddisfatto/essendo incoraggiato./C'è pure chi educa,/ senza nascondere/l'assurdo che è nel mondo,/aperto a ogni sviluppo,/cercando di essere franco all'altro come a sé,/sognando gli altri come ora non sono:/ciascuno cresce solo se sognato.”
Maria D'Asaro, 23.6.24, il Punto Quotidiano
giovedì 20 giugno 2024
Il cielo sopra Palermo... grazie, Sandro!
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Controluce... |
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Controluce...2 |
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Controluce 3 |
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Torre piezometrica (idrica) tra due pini |
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Chiesa di san Francesco di Paola (vista da villa Filippina) |
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Jacaranda in fiore a Porta Nuova (fine maggio 2024) |
"Mentre gli ultimi raggi indugiano sulle pendici del Monte Grifone e l’antico Mistral scompiglia le chiome di una nuvola appena giunta dal mare, due masse ormai in ombra sfidano il cielo, lo puntano e con esso sembrano parlare. La guglia piramidale di Porta Nuova e la Torre Pisana sono lì, sul luogo più alto dell’antica Palermo. L’una presidia l’accesso occidentale e veglia sulla città; l’altra attende la notte per dischiudere le sue cupole di rame e rinnovare l’incontro con Cerere, dea dei campi e protettrice della Sicilia.
Da quell’osservatorio nel 1801 l’astronomo Giuseppe Piazzi scoprì il primo asteroide e lo chiamò così, “Cerere Ferdinandea”, in onore del mito di quella dea e del re Ferdinando.
Tra poco, in silenzio, cadranno le tenebre. E dall’Ade di nuovo tornerà Plutone, dio degli inferi, che impetuoso come il vento si aggirerà ancora in cerca di Proserpina, figlia di Cerere, per riaverla, per possederla. Invano. Proserpina non si tocca, è la nostra speranza, è la nostra Primavera".
Foto e testo sono dell'amico Sandro Riotta, che ringrazio di cuore.
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domenica 16 giugno 2024
Pace, presidio permanente delle donne a Palermo
Palermo – Poche settimane dopo l’inizio della guerra in Ucraina nel 2022, un gruppo di associazioni femminili, su iniziativa dell’associazione Biblioteca delle donne e dell’UDIPalermo, ha organizzato a Palermo un presidio permanente per la pace che, nel primo anno di guerra, si è tenuto ogni settimana e poi, dal 24 febbraio 2023 sino a oggi, il giorno 24 di ogni mese.
Questa presenza, insieme simbolica, culturale e politica, è stata raccontata nel libro Corpi e parole di donne per la Pace, a cura di Mariella Pasinati (Navarra editore, Palermo, 2024), presentato nel capoluogo siciliano il 6 giugno scorso, durante la 15° edizione del festival dell’editoria Una marina di libri. La prima parte del testo comprende dieci interventi redatti da donne che hanno partecipato al presidio per la pace o da studiose di conflitti e nonviolenza, mentre la seconda parte contiene la riproduzione di 54 volantini diffusi in occasione dei presidi: dal primo, datato, 3 aprile 2022, all’ultimo preparato prima che il libro andasse in stampa, il 24 febbraio 2024.
Quali le motivazioni che hanno spinto le associazioni di donne palermitane all’impegno ormai biennale del presidio per la pace?
Le espone nell’introduzione Mariella Pasinati: “Lo abbiamo fatto perché il femminismo non è teoria ma pratica di relazione e abbiamo voluto, anche se a distanza, sfidare la ‘solidarietà silenziosa’ con le popolazioni colpite dalla guerra, esserci in prima persona per far sentire la voce di chi vuole la pace (…). Lo abbiamo fatto perché rifiutiamo il nazionalismo, il militarismo, l’accaparramento delle risorse … Perché sapevamo che il conflitto avrebbe peggiorato la crisi climatica e fatto passare in secondo piano l’urgenza di un’azione volta a contrastarla. (…) Lo abbiamo fatto perché rifiutiamo le semplificazioni sostenute in nome della guerra – le contrapposizioni bene-male, amico-nemico, vincitori-vinti… - e per sottrarci alla richiesta di aderire in modo acritico alle decisioni degli uomini al comando. La guerra non è inevitabile, non fa parte della ‘natura umana’, sebbene le ragioni che ogni volta sono portate a sua giustificazione la facciano apparire come necessaria.”
Il presidio ha espresso la sua voce anche in occasione di ulteriori atrocità verificatesi negli ultimi due anni: nell’ottobre 2022, dopo l’uccisione di Masha Amini e di Hadith Najafi, insieme alle donne iraniane presenti a Palermo ha manifestato contro la brutale repressione effettuata dal regime iraniano verso le rivendicazioni femminili; dopo l’orrendo attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023 contro lo stato israeliano e il conseguente massacro da parte di Israele della popolazione civile a Gaza, le donne hanno poi protestato contro lo sterminio di civili e la distruzione del martoriato territorio palestinese, invocando il cessate il fuoco e l’inizio di un negoziato.
Nel testo si riportano le parole contro la guerra di pensatrici come Agnes Heller, Judith Butler, Vandana Shiva e Svetlana Aleksievič, scrittrice e giornalista bielorussa, nata in Ucraina, premio Nobel per la letteratura nel 2015.
Nel saggio dedicato a Svetlana, Maria Concetta Sala scrive: “La si è spesso definita scrittrice delle catastrofi, ma in verità la sua attenzione è volta al rinvenimento di ‘parole d’amore’, perché lei sente e sa che non sarà l’odio a salvare l’umano e l’umanità, sarà solo l’amore. Grazie alle sue opere (…) ci si può accostare a una differente lettura delle violenze, delle guerre e dell’orrore, una lettura che lascia affiorare in tutto il suo splendore e in tutta la sua pena l’epopea della vita, nella quale non ci sono né eroi né eroine. Un’epopea capace (…) di effondere su vinti e vincitori con straordinaria equità l’inguaribile «amarezza che deriva dalla tenerezza», e in grado altresì di opporre alle armi della distruttività, al fascino della gloria, al prestigio della vittoria l’accesso ai sentimenti creativi che soli possono fabbricare felicità”.
Daniela Dioguardi e Anna Marrone, nel capitolo da loro curato dal titolo significativo Un cambio di sguardo per rendere impensabile la guerra, riprendono le considerazioni della studiosa Maria Luisa Boccia che afferma: «credo sia compito peculiare del pensiero politico prefigurare il possibile, pensando l’impossibile». Bisogna quindi esperire forme di risoluzione dei conflitti internazionali diversi dalla pratica inumana, barbara e distruttiva della guerra: “è necessario, in un momento storico in cui camminiamo sul baratro di una guerra nucleare, pensare, riflettere su tutte le forme e pratiche politiche che si sono avvalse di altre modalità e altre rappresentazioni rispetto a quelle consuete”.
Il libro ricorda poi che in alcune occasioni particolari sono stati a fianco delle donne l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice e il Primo Imam della Moschea di Palermo Bedri El Meddeni, nonché uomini e donne di varie associazioni impegnate in percorsi di solidarietà e di costruzione della pace e della nonviolenza.
Le donne del presidio sono consapevoli che la loro voce è una goccia nell’oceano della rassegnazione e dell’indifferenza diffusa. Ma, scrivono infine sempre Daniela Dioguardi e Anna Marrone: “Noi non vogliamo rassegnarci all’impotenza e pensiamo che agire serva, anche a prescindere dai risultati che si possono ottenere, non sempre facilmente misurabili. Servono corpi attivi, disubbidienti, resistenti, che non si lascino zittire né manipolare; servono azioni simboliche che trasmettano il segno della possibilità di un’altra realtà. E poi, sarebbe giusto non fare nulla di fronte all’insopportabile arroganza dei potenti, causa della smisurata sofferenza delle popolazioni civili, dello strazio dei corpi, della strage di bambini, della distruzione della vita?”
Maria D'Asaro, 16.6.24, il Punto Quotidiano
venerdì 14 giugno 2024
Basta con le guerre...
“Non c’è donna, non c’è uomo che davanti alla tragedia di una guerra non inorridisca e non voglia la pace. Ma quale pace? Quella che prolunga la guerra e prepara catastrofi ancor più disastrose? Oppure quella stabilità dai vincitori di turno che può rivelarsi ancora più incivile della guerra appena conclusasi?
È possibile venire fuori da quest’impeto mortifero (…) e acquisire la consapevolezza che vittoria o sconfitta non apportano alcun bene né ai vincitori né ai vinti, ma accrescono semplicemente la tracotanza di chi vince e la disposizione a compiere il male di chi perde? (…)
Non si può sfuggire alla domanda essenziale: perché mai nella storia dell’umanità vi è questo continuo ricorso alla guerra che produce la pazzia di ogni individuo che vi partecipa e l’accecamento in ogni comunità? (…) Sono i rapporti di potere e non i rapporti di senso quelli che reggono la storia, così pare. Allora non c’è via d’uscita? (…)
Potrebbero sembrare domande ingenue le mie, ma sono le domande che nel corso dei secoli hanno afflitto gli esseri umani. (…)
Forse per bandire le guerre è necessario educarci ad accogliere la mortalità che è insita in ogni essere vivente, accogliere la morte come meta finale della vita, e non continuare ad estrometterla. Si tratterebbe di un rovesciamento radicale, che implicherebbe non la tensione cieca verso il baratro dell’abisso in cui scivoliamo di continuo, ma l’ascesa verso uno spiraglio luminoso, verso la nascita, verso il dono della vita da parte di chi ci ha messo al mondo. La condizione umana sarebbe così rischiarata dalla gioia di esserci, in questo mondo, e tutta la condizione del vivere risplenderebbe nella sua vulnerabilità.
E la gioia della scoperta di essere vivi, di giorno in giorno rinnovata, schiuderebbe i sentieri della bellezza che sono in noi e attorno a noi e scatenerebbe il desiderio di tutelarli e salvaguardarli. E di credere che la vita umana non è puro e semplice desiderio di trionfare su ciò che è altro e di schiacciarlo. Alla furia del coinvolgimento bellicoso potremmo forse, con pazienza e lentezza, e in direzione contraria all’iperattività dei nostri tempi, sostituire un’altra forma di furore, l’estro creativo, perché creare è una forma di maternità. (…)
Solo un’educazione all’attenzione creatrice e a mediazioni creative può spezzare le catene della disumanità e suscitare il desiderio di una politica mai disgiunta dall’amore per il mondo. Una politica autentica, dunque, più prossima a un’arte che a una gestione del potere e che, in quanto tale, metta al centro l’eternamente umano in noi e nell’altro da noi, si orienti al disinnesco dei dispositivi sociali che amplificano la volontà di prestigio, di possesso, di vorace appropriazione rapinatrice, e alla preservazione delle meraviglie esistenti e dei legami tra noi e l’universo. (…)
Perché continuare ad assistere nell’inerzia a operazioni di annientamento e di strazio? Perché non dare voce all’unisono al grido che nasce dalle viscere e che tendiamo a reprimere? Si levi in ogni luogo in cui siamo il nostro: Basta! Non ne possiamo più di carneficine, di distruzione, di devastazione che ottundono la mente, pietrificano il cuore e raggelano in un’impotenza disperante.
Basta con le guerre!"
Maria Concetta Sala: Basta con le guerre!
in Corpi e parole di donne per la pace, a cura di Mariella Pasinati, Navarra, Palermo, 2024, pp.15-17
(già pubbl. in Segno, num 433-34, marzo-aprile 2022, pp.17-20)
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