(Un abbraccio a lettrici e lettori. Riprendo a scrivere sul blog riproponendo un mio "pezzo" del 1999, pubblicato nella rivista "Segno" n.203/4, marzo/aprile 1999.
Ovviamente lo scritto è "datato". Ma lo sento profondamente mio, in sintonia purtroppo con i massacri e le assurde "sante" che gli eserciti di ogni latitudine si ostinano ancora a combattere).
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Mio figlio Ricky, a tre anni.
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"Acetonemia al massimo. Il bambino va ricoverato immediatamente ..."
Corsa per prendere il pigiamino, urla di terrore di Ricky alla vista dell'ago, lenta altalena tra vomito e speranza di star bene.
Reparto medicina, 4°piano, sala n.2: in otto metri per quattro, 5 letti con 5 piccoli ammalati e 5 madri.
Microcosmo nascosto di piccole grandi storie.
LA BAMBINA DI PORCELLANA
Signora, nella stanza c'è un'aria irrespirabile: bisogna aprire la finestra!"
"Infermiera, non so se si rende conto che mia figlia ha avuto la polmonite: la corrente le fa male..."
"Ma signora! Questa non è corrente: è aria rinnovata che fa bene anche a sua figlia!"
"Mi sento soffocare - bisbigliava a mezza voce una madre - tentando di far penetrare, non vista, un pò d'aria. Ma lei, tono duro e perentorio e sguardo tagliente: "Badi che mia figlia ha avuto la polmonite" e si precipitava inflessibile a chiudere lo spiraglio.
Sprezzante e sicura, forte della sua evidente superiorità sociale, sopportava a denti stretti la promiscuità della stanza d'ospedale. Spargeva disinfettante dovunque, inorridita dall'eventualità di un qualche contagio.
"Due pediatri non sono stati in grado di diagnosticare a mia figlia la polmonite...ma io ho capito che non si trattava di una semplice influenza...Dai, mettiti sotto le lenzuola che c'è corrente...."Mamma, ma sto sudando..."Ma no, dai, copriti, hai avuto la polmonite, non puoi prendere freddo..."
L'ansia appena contenuta, la cultura ostentata e la ferrea determinazione della Signora asfissiavano la piccola stanza.E forse levavano l'aria anche alla sua piccola, che, ogni tanto, la guardava fisso fisso con i suoi grandi occhi neri.
"Mamma, mi sento lunghe le unghie dei piedi, me le tagli?"
"Si, certo, prendo le forbicine".
Mentre eseguivo l'operazione, sentivo su di me lo sguardo inquieto e disapprovante della Madre di Bambina di Porcellana e mi chiedevo cosa potesse darle fastidio: forse temeva che qualche porzione di unghiette tagliate, sfuggita al contenitore preparato per accoglierle, potesse sporcare la stanza.
Ma ero fuori strada.
"Signora, ha un bel coraggio a tagliare le unghie a suo figlio!..."
"Perchè, scusi?"
"Non sa che dicono porti male tagliarle in ospedale? Anche mia figlia le ha lunghe, ma gliele taglierò a casa..." La guardo, stupita, terminando lentamente di tagliare l'ultima unghietta, e tento di scrollarmi in fretta il disagio per non aver rispettato la sconosciuta diceria.
Ma poi sorrido: nemmeno la lettura di 1.000 enciclopedie mediche può illuminare il lato oscuro della mente...
L'indomani Bambina di Porcellana è dimessa: respira e reggiti forte, bambina.
E tira fuori al più presto i tuoi artigli.
MADRI PER SEMPRE
Giovanni, 4 mesi, ricoverato per accertamenti.
Un sondino dovrebbe rivelare il motivo dei continui rigurgiti. Nonostante il fastidioso tubicino, Giovanni è un bambino solare: col suo splendido sorriso e i suoi vocalizzi comunica una grande gioia di vivere.
Non avrà più di 25 anni la madre di Giovanni.
Ma le spalle precocemente incurvate, gli occhiali fuori moda, il vestire dimesso, la pettinatura approssimata la collocano in quella nicchia senza tempo di donne del Sud che da sempre hanno un solo scopo nella vita: prendersi cura della famiglia.
La madre di Giovanni ha ridotto al minimo i suoi bisogni essenziali: mangiare, quando può e quello che passano, andare in bagno e, ogni tanto, lasciarsi andare a qualche commento sulle manie della madre di Bambina di Porcellana.
Per il resto c'è solo per Giovanni.
Di Giovanni capta ogni respiro: indovina sempre se ha fame, se ha sonno, se ha mal di pancia, se vuole solo essere preso in braccio.
Riesce a consolare serena il suo pianto dovuto all'ingombrante tubicino.
Con la stessa cura accudisce il marito: un metro e ottanta di uomo venuto dal paese lontano per darle una mano.
Gli dice che deve mangiare, che deve dormire, gli lava i calzini, lo nasconde in bagno la notte, attenta alle sortite notturne delle infermiere.
"Teni 'a cutri, ca dda dintra c'è friddu."
La madre del Sud riesce a mettermi in crisi: sarà forse la sua abnegazione a far sorridere sempre Giovanni-col-sondino?
FRANCESCO, BAMBINO DEL III MILLENNIO
Occhi inespressivi, non sai se da pazza o da scema, capelli ingarbugliati di colore indefinibile, viso ossuto e irregolare. Sembra la sorella giovane della strega di Biancaneve.
Non mangia per due giorni; di notte la senti poi sgranocchiare fette biscottate, la guardi e vedi che le intinge in una vaschetta di plastica con simil nutella.
A volte ridacchia e parlotta tra sè.
"Signora, non ha fame?" "A che ora ha mangiato suo figlio?"
"Può chiudere la porta?"
Ma lei non risponde a nessuno, madri, parenti o infermiere che siano.
E la mamma di Francesco diventa subito una leggenda del Padiglione Maggiore: "E' pazza!...Deve essere una zingara, l'ho vista con una che aveva la gonna lunga...Ha un uomo che viene a trovarla, che sia il marito?... Sembra più normale...Non mangia...Non si lava...Che puzza! E quel bambino...'U fa mangiari quannu ci dici 'a testa...Ma che beddu ddu picciriddu! Poviru nuccenti...
Francesco, splendido bambino di quasi 5 mesi, sorride sempre: quando lo visitano, quando gli danno l'antibiotico, quando mangia, quando è digiuno da 11 ore, quando è sporco, quando lo guardi, quando la madre gli da' un bacio con lo scroscio.
La verità si intravede al terzo giorno.
Un'infermiera chiede:"A che ora ha mangiato Francesco stamattina?"
Madre di Francesco:"Chissacciu" - Non lo so
Infermiera: "Ma come signora, il bambino deve mangiare agli orari stabiliti...deve fare sei poppate...
La madre di Francesco sta zitta e la guarda con occhi dolenti e sconfitti. L'infermiera intuisce qualcosa, prende un foglio e trascrive l'orario canonico delle sei poppate:
6...9,30...12.00...15,30......"Vedi, questi sono gli orari...
La madre di Francesco mormora piano, con gli occhi spenti:"Unnu capisciu... - Non capisco
"Non sai leggere...neanche i numeri..."- "Nzu - no"
"Ma non hai un orologio?" - "Nzu" -.
L'infermiera, smarrita, la guarda trasecolata, poi guarda le altre madri e bisbiglia:"Povero bambino"...
La verità su Francesco e sua madre emerge drammatica dalla compilazione della cartella clinica:
Dottoressa: "Quanti anni ha?"
Madre di Francesco: "32"
Dottoressa: "Quante gravidanze ha avuto?"
Madre di Francesco: silenzio interrogativo
Dottoressa:"Quanti figli appi vivi?"
Madre di Francesco: "Cinqu"
Dottoressa:"Appi figli morti prima du tempu?"
Madre di Francesco:"Dui"
Dottoressa:"Mi dice l'età dei suoi figli?"
La madre di Francesco la guarda con uno sguardo triste e scuote la testa. La dottoressa traduce ancora:"Quant'anni annu i so figghi?"
"A fimmina 17, l'atra fimmina 14, poi... - sembra confondersi, riprende: "U nicu avi nov'anni...
Mercoledi 24 marzo, TG ore 20: dalla Tv accesa nella stanza accanto sento che è scoppiata la guerra.
A Ricky l'acetone è passato: ma io sono assalita da un enorme senso di nausea.
In corridoio in quattro letti sono accampati da due giorni quattro bambini con quattro madri: tra essi un piccolo diabetico.
Le sue braccia aperte, offerte a due flebo diverse, lo fanno un piccolo Cristo che soffre in anticipo il suo venerdì santo. La madre, l'Addolorata di turno, guarda con occhi rossi il monitor che segna crudele 500 di tasso glicemico.
Intanto i proclami dei generali Nato giustificano la violenza assurda della guerra e mandano bombe intelligenti nel Kossovo.
Qui si combatte una guerra diversa: medici, madri e bambini lottano contro il dolore, la solitudine della sofferenza, la paura senza volto, il pianto di Giuseppe che non potrà più giocare a calcetto e mangiare i dolci e l'angoscia della madre di Noemi che non sa cosa significhi la strana macchia che sua figlia ha sul fegato...
C'è il senso di un'alterità irriducibile tra la guerra degli uomini e questa combattuta da madri e bambini.
Ma questa, qui in ospedale, è l'unica guerra che noi madri vogliamo combattere.
L'indomani Ricki e io ce ne andiamo.
Saluto la madre di Francesco: lei non risponde, e mi pare di leggere nei suoi occhi un che di rancore e di dispiacere per la nostra partenza.
Tu rimani, Francesco: anche se domani daranno un qualche nome al tuo male temo che nessuno potrà curarti.
La tua malattia ha nomi antichi: si chiama miseria e ignoranza e di essa soffrono tua madre, tuo padre, i tuoi quattro fratelli, quell'angolo sperduto di Sicilia dove sei nato e innumerevoli pezzi di mondo.
Ma tu continui meravigliosamente a sorridere. Auguri, Francesco, bambino del III millennio.