Gandhi |
Il grande merito di un piccolo libro – Legalità, a cura del prof. Augusto Cavadi (Di Girolamo, Trapani, 2013, €7) - è quello di condensare chiaramente in poche pagine i concetti essenziali di un’idea e una pratica, quella di legalità appunto, spesso fraintesa e poco “agita” dagli italiani. Nel saggio, l’autore ci ricorda innanzitutto che le leggi sono l’impalcatura della convivenza sociale e della democrazia e che nascono per difendere i diritti di tutti, soprattutto dei meno forti e dei meno fortunati. Cavadi chiarisce poi la differenza tra legalità e legalismo, sottolineando che la legalità può degenerare in legalismo se non si accompagna alla saggia ricerca della giustizia: “Una legalità senza ricerca della giustizia è una legalità morta, senza speranza. La sfera giuridica non è autonoma rispetto alle più ampie sfere dell’agire politico e del giudizio etico.” La legalità quindi rimanda alla giustizia come suo fondamento e alla politica per il suo pieno compimento.
Cosa deve fare quindi un buon cittadino? Il libretto propone un convincente sentiero esistenziale che comporta sinteticamente tre tappe importanti: 1) conoscere le leggi: “L’arte di vivere la legalità (…) non può che iniziare dalla conoscenza, da una corretta e completa informazione delle norme”; 2) discernerne il fondamento alla luce di alcuni strumenti importanti, quali la Dichiarazione dei diritti dell’uomo, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la Costituzione italiana; 3) rispettare le leggi se non sono in contraddizione con i predetti ordinamenti legislativi: “Quando una norma, stabilita seconde procedure legali, non confligge con la nostra coscienza morale, essa va rispettata con fedeltà.” Di conseguenza, come ulteriore fattore di ricchezza immateriale, dovrebbe rientrare nel ”pacchetto” di componenti del PIL, oltre alla quantità di beni e servizi di uno Stato, anche: “il grado di convinzione con cui i cittadini condividono le sue regole”. Infatti “senza una legalità democratica interiorizzata – vissuta non per paura delle sanzioni, ma come fattore irrinunciabile di bene comune – tutti gli altri tesori di una civiltà poggiano su basi instabili.” A sostegno delle sue affermazioni, Cavadi cita Gandhi che, pur ribadendo che la disubbidienza civile è un diritto intrinseco del cittadino, afferma: «Un democratico è un amante della disciplina»; di conseguenza solo chi normalmente obbedisce alle leggi acquista il diritto alla disobbedienza civile: “Solo chi dimostra di sapere rispettare le leggi giuste a costo di rimetterci soldi, carriera, la stessa vita, ha il diritto di opporsi … a quelle leggi che, dopo un attento esame e un sereno confronto con gli altri cittadini degni di fiducia, gli dovessero risultare ingiuste e/o immorali.” Infatti “opporsi alle leggi ingiuste è un diritto, ma … anche un dovere. I martiri di tutte le religioni lo hanno dimostrato”. C’è poi una cartina di tornasole che ci consente di distinguere la resistenza per ragioni etiche a norme sostanzialmente ingiuste dal ribellismo per ragioni di interesse privato: “Chi resiste alla legalità ingiusta è disposto a pagare le conseguenze della propria disobbedienza (…) Nei casi estremi … è disposto persino a lasciarsi uccidere per denunziare il vero volto dell’istituzione che traveste di legalità la sua volontà di dominio e di oppressione.”
Le pagine finali del libro, che presentano anche una panoramica sui diversi volti dell’illegalità, sono un vibrante richiamo alla partecipazione politica, l’unica possibilità che, in un sistema democratico, consente di mutare una legislazione imperfetta in una migliore: “La politica è la risposta creativa senza la quale ogni possibile resistenza all’illegalità istituzionale o si spegne per stanchezza o diventa eversione distruttiva.” Cavadi invita quindi i lettori a un paziente e vigile esercizio di partecipazione democratica, a partire dalle assemblee di condominio e da quelle del Consiglio comunale per arrivare ai contesti legislativi istituzionalmente più ampi ed elevati, evitando le sirene dello scoraggiamento, del qualunquismo, dell’astensionismo e la tentazione della delega in bianco.
Umberto Santino |
Chiudendo allora Legalità, libretto prezioso che merita di essere adottato come ausilio educativo/didattico in tutte le scuole superiori del nostro paese, ci rimangono alcune preziose “perle” civiche: la consapevolezza del legame ineludibile tra legalità, giustizia e politica e il desiderio di offrire il nostro personale contributo all’aumento del PIL, inteso stavolta come Prodotto Interno di Legalità. Perché, come ci ricorda lo studioso Umberto Santino nella citazione all’inizio del libretto: “Gli eroi (come Socrate, come Giacomo Ulivi, partigiano morto nella lotta di liberazione contro un regime ingiusto) continueranno a morire se gli uomini comuni non impareranno a vivere.”
Maria D’Asaro: 20.8.2016. giornale telematico Nientedipersonale;
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