Democrazia: principio intoccabile, misera caricatura o metodo partecipativo ancora valido? Il saggio Democrazia (Diogene Multimedia, Bologna, 2016, €20), a cura di Francesco Dipalo, con contributi di Giorgio Gagliano ed Elio Rindone, ci offre una molteplicità di spunti per una piena comprensione della parola più controversa nel dibattito politico attuale. Come sottolinea Cavadi nella prefazione, il libro “ricostruisce un’immagine calibrata, problematica, sobriamente appassionata della democrazia come idea o come utopia”; il testo infatti, grazie alla ricchezza e alla qualità degli elementi di riflessione offerti, possiede una sua preziosa caratura e dovrebbe essere letto da chiunque voglia esercitare il suo diritto/dovere di cittadinanza attiva.
Nella prima parte del libro, analizzando una celebre pagina di Tucidide, Elio Rindone ha intanto il merito di confutare la percezione diffusa del termine “democrazia” in relazione alla vita politica ateniese del VI e V sec. a.C.: “Nell’antica Grecia questo termine non ha il significato oggi corrente di ’governo del popolo’ (…) indica, piuttosto, il predominio di una parte, lo strapotere del ‘demos’ inteso come ceto popolare”. Quindi: “Nell’epitaffio riproposto da Tucidide, Pericle non sta descrivendo l’Atene reale, ma sta disegnando il quadro di una città ideale”.
Nella parte centrale del saggio, Francesco Dipalo alla luce di una rigorosa prospettiva storica, ci invita a considerare la democrazia “un prodotto politico ideologico-dei secoli XIX e XX”, del cui concetto comunque non possono fare a meno ormai neppure i dittatori. L’autore sottolinea però la necessità di distinguere una democrazia meramente ideale e procedurale da una democrazia sostanziale che individua i suoi caratteri distintivi “non tanto nelle procedure (…), quanto nella concreta applicazione in ambito politico e socio-economico del principio di eguaglianza”. Dipalo organizza le sue riflessioni intorno ad alcuni nodi cruciali - democrazia diretta o rappresentativa? formale o sostanziale? su base individuale o comunitaria? – intorno a cui passa in rassegna le idee di studiosi del calibro di Schumpeter, Dahl, Sartori, Kelsen, Schmitt. In particolare l’autore, tra gli altri, cita poi Maritain, secondo cui “è il cristianesimo a offrire alla democrazia quei valori etici irrinunciabili, fondati sulla persona, in grado di evitare il precipitare nei due baratri delle pseudo-verità e del nichilismo. (…) Maritain, ribadendo il primato dell’uomo in termini personalistici, rispetto allo Stato che dovrebbe fungere da strumento al suo servizio, sposa un concetto più laico di democrazia intesa come razionalizzazione etica della vita associata.”; menziona Habermas, per cui “è l’esercizio della ragion critica a giustificare e dar valore al concetto, altrimenti astratto, di democrazia. Che si costruisce a partire dall’esistenza di un’opinione pubblica attiva e politicamente impegnata"; cita Rawls, secondo cui le ineguaglianze sociali ed economiche devono essere combinate in modo da essere ragionevolmente previste a vantaggio di ciascuno.
Fondamentali anche i richiami a Popper, per il quale “democrazia è sinonimo di apertura, possibilità, dialogo, revisione, fallibilità: una società si definisce ‘aperta’ nella misura in cui le sue istituzioni si rivelino continuamente suscettibili di critica, di riadattamento, e siano dunque, nel complesso, capaci di autocorrezione e riforma”; e a Dewey, che sottolinea come “il tasso di “democraticità” di una società è dato dalle reali possibilità di partecipazione alla vita politica del più ampio numero di cittadini.” Che devono sviluppare “precise competenze culturali e sociali riassumibili nella teoria delle tre “c”: Critical thinking (pensiero critico), Creative thinking (pensiero creativo) e Care thinking (pensiero valoriale, capacità di prendersi cura).”
Nell’ultimo capitolo, denso e suggestivo, Giorgio Gagliano afferma che “siamo destinati (forse condannati) alla realtà dell’utopia perché è intrinseca alla nostra capacità simbolica l’attitudine a modificare l’esistente, intravvedendo la realtà della possibilità." Dovremmo quindi essere coscienti del ruolo della volontà collettiva nell’edificazione della realtà sociale e non dare peso a chi sostiene l’irreversibilità dei sistemi economici e politici. Costruiamo insieme, ci esorta allora Dipalo, una democrazia reale legata alla cultura e all’educazione, alle persone e alle relazioni umane; una democrazia che coniughi i valori della libertà, della fratellanza e dell’uguaglianza; perché ”se non torneremo a subordinare il tecnico e l’economico al politico, inventando modi di produzione e stili di vita ecocompatibili, se non impareremo a vivere in armonia con noi stessi e con la natura, la democrazia sarà lettera morta. E la vita del pianeta con lei”.
Maria D’Asaro
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