Palermo - “L’urlo di Rachele, l’urlo di ogni madre che perde un figlio risuona nella storia umana sin dagli inizi. Inizia con Eva che abbraccia Abele senza vita, il primo figlio che muore anzitempo rispetto ai genitori. Il racconto biblico – al di là di ogni fede – è un testo fondativo che ripresenta le domande più drammatiche dell’uomo alla Vita (a Dio, agli dei): perché questo tragico dolore contro natura, un figlio che debba morire prima dei genitori? Perché la morte? Perché il dolore? Interrogativi, questi, che non ricevono mai una risposta definitiva, ma si intrecciano con l’altra domanda: come possono continuare a vivere Eva, Rachele con questo dolore? (…) “Come consolare ogni Rachele che non vuole essere consolata?”
Con queste frasi così intense, Giovanni Salonia, psicoterapeuta e direttore dell’Istituto GTK (Gestalt Therapy Kairòs), presenta il libro di Agata Pisana La giusta distanza dalle stelle (Ancora, MI, 2024) che, come recita il sottotitolo, tratta dell’elaborazione del lutto genitoriale secondo la Gestalt Therapy.
![]() |
| Professore Giovanni Salonia |
Il testo, infatti, racconta il percorso di sostegno a mamme e papà ai quali è morto un figlio, percorso attivato alcuni anni fa, all’interno della diocesi di Ragusa, da un’equipe costituita da una counsellor formatrice gestaltista, la professoressa Agata Pisana (autrice del libro) e da un sacerdote, don Gianni Mezzasalma, in collaborazione con Giusy e Giuseppe Leggio, una coppia provata dalla stessa perdita, ma che aveva già “sperimentato quella consolazione che rispetta e integra lo strazio”.
Sebbene l’iniziativa sia nata in ambito ecclesiale, gli incontri sono stati condotti con uno stile laico, per accogliere credenti e non credenti, con un approccio relazionale caratterizzato da ‘empatia accurata’, capace di prendersi cura del vissuto doloroso dei partecipanti: di accoglierlo e ‘contenerlo’.
A chi è diretto il testo? Innanzitutto a coloro che, volendo ‘accompagnare’ genitori piegati e piagati dalla perdita di un figlio, desiderano approfondire e affinare la loro competenza psicologica in un ambito così importante e delicato, utilizzando il punto di vista della psicologia della Gestalt.
![]() |
| La professoressa Agata Pisana, autrice del libro |
Infatti, la conduttrice Agata Pisana intercala il racconto dell’esperienza con notazioni relative a questa prospettiva di cura, rivisitata nella sua ricchezza teorica.
L’accento viene posto innanzitutto sulla centralità della relazione: “Secondo il modello gestaltico, l’intervento di sostegno e cura del counsellor o del terapeuta è sempre sulla modalità di relazione. Il contenuto di cui il cliente o il paziente parla è essenzialmente un contenuto di relazione: più del ‘cosa’ viene detto, è importante ‘a chi’ viene detto e ‘come’”.
In quest’ottica è fondamentale l’approccio fenomenologico: “Osservare l’altro, ascoltarlo non solo nelle sue parole ma nelle inflessioni della voce, nel ritmo, nelle vibrazioni che ogni muscolo esprime è quel ‘qui e ora’ che permette a chi si prende cura di non aggiungere niente di suo (né pregiudizi, né risonanze personali, né interpretazioni) ma di essere lì presente solo per l’altro.”
“L’attenzione costante da parte nostra alle loro parole ma anche a ciò che comunicano con i gesti, con l’intonazione e le pause, in un’ottica di cura sempre prioritaria e dominante, ci permette di non restare travolti dai vissuti che le loro stesse parole esprimono. Stiamo accanto ma non soffriamo con loro e per loro, altrimenti non li aiuteremmo. È com-passione quella che ci muove a essere qui, a fare volontariato, a spendere tempo ed energia ed è una compassione esistenziale, che appartiene agli esseri umani in quanto sensibili verso gli altri e capaci di responsabilità e che si concretizza nell’individuare e realizzare ciò che si ritiene il miglior aiuto possibile rispetto al contesto.”
![]() |
| Pablo Picasso: La famille Soler (1903) |
L’autrice ‘legge’ gli incontri con i singoli e con tutto il gruppo secondo le fasi del ciclo di contatto che caratterizza tutte le relazioni: “La principale funzione di chi accompagna è proprio sostenere le intenzionalità di contatto, confidare in esse perché la sua fiducia si trasmetta e animi l’intero gruppo”.
E sottolinea che “La novità del ritrovarsi tra persone che soffrono lo stesso dolore è proprio la possibilità di attivarsi l’uno per l’altro… Non è un sentirsi meno soli perché ci sono altri che soffrono nello stesso modo, ma… il dolore dell’altro ha solo la funzione di accendere la miccia, di spingere a fare e dire qualcosa per aiutare e, così facendo, è sé stessi che si aiuta”.
Infatti: “Ogni dolore, se non condiviso, se non espresso in verità e libertà, diventa incubo. Si sviluppa un senso di isolamento ed inadeguatezza. È questo sfondo così lacerato che stiamo cercando di ricostruire insieme. Come se raccogliessimo i brandelli di vita scagliati tutt’intorno da un’esplosione improvvisa e a poco a poco, pur se provocando a volte ulteriore dolore, li ricucissimo l’un l’altro”.
Ancora “Ogni essere umano sta male non solo per ciò che gli accade, ma per come gestisce ciò che gli accade… Secondo la Gestalt Therapy è l’esperienza che attivo che mi fa stare meglio... Ciò permette che nessuno possa essere impotente rispetto a nessuna circostanza perché ognuno ha sempre un potere: non restare passivo, non restare vittima, ma rendere sé stesso protagonista del proprio vivere la sua storia, per quanto difficile e dolorosa essa sia”.
Ad avviso della scrivente, per la ricchezza e la profondità emotiva dei suoi contenuti il testo può essere letto, ‘digerito’ e apprezzato anche da chiunque voglia arricchire la sua formazione umana e non abbia paura di avvicinarsi alla terribile sofferenza di un genitore che ha perso suo figlio.
Esplicita infatti l’autrice: “Questo libro vuole dare testimonianza della possibilità di rinascita anche dalle situazioni più difficili e delle infinite risorse di ogni essere umano: non c’è dolore per quanto grande (…) che non possa ricevere aiuto e dinanzi a cui non sia possibile ritornare alla luce”.
In particolare, pagine toccanti sono quelle che narrano degli incontri con i genitori in lutto, pagine che l’autrice scrive come un diario intimo e delicato, che interroga, scuote, con-vince e commuove i lettori… Rimane scolpita l’immagine della mamma che si portava la sediolina pieghevole al cimitero, e stava lì, ogni giorno, per tutto il giorno; madre che poi, sostenuta anche dagli incontri di gruppo, ritrova la forza di ‘guardare’ di nuovo suo marito, il cui amore la riscalda, la cura e la riporta alla vita… Rimangono impressi i dialoghi sulla stanza del figlio – come non ricordare l’omonimo film di Nanni Moretti, premiato con l’Oscar? – che da ‘stanza senza vita’ diventa lo spazio dove si va a stirare, ci si mette alla scrivania per fare i compiti, si guarda la tv la sera… Si rimane colpiti dalla rabbia, dolorosa e comprensibile, di quel papà quasi rimproverato da un collega solo perché, alcuni mesi dopo la morte del figlio, continuava a provare sgomento e tristezza… Si pensa a quella madre, impietrita nel suo dolore, che si convince ad andare all’incontro di gruppo in via dei Ciliegi, quasi ‘sospinta’ in sogno dalla figlia scomparsa…
![]() |
| Cimitero monumentale di Iglesias |
Alla fine, per una sorta di strana alchimia, il libro lascia a chi legge non la sensazione di una sofferenza disperata, ma l’inattesa e impalpabile carezza quasi di una misteriosa consolazione...
Scrive ancora, infatti. il professore Salonia: “La teoria della Gestalt punta non tanto a un’accettazione rassegnata, ma a un ‘adattamento creativo’, a ripristinare la vitalità anche se dolente… È come un ripetere che l’uomo è fatto per la felicità, anche se ferito mortalmente”.
Allora, suggerisce infine l’autrice: “Forse il segreto di ogni sapienza di vita è proprio nel saper trovare la giusta distanza dalle nostre stelle (de-sidera): mantenere ogni relazione come desiderio vibrante che ci riscalda e illumina anche se non possiamo ottenerla come vorremmo… Sarà anche la giusta distanza che prenderemo dalle persone care, con quel continuare a desiderarle, ma sapendo che non possono esserci accanto: stelle irraggiungibili, ma che ci incantano e che sappiamo che continueranno a brillare sempre”.
Maria D’Asaro, 2 novembre 2025, il Punto Quotidiano






Bellissima riflessione
RispondiEliminaGrazie di cuore ❤️