venerdì 31 luglio 2020

Possiamo salvare il mondo prima di cena?

     Nel 2018, pur sapendo più di quanto abbiamo mai saputo sull’origine umana dei mutamenti climatici, l’umanità ha prodotto più gas serra che mai […]. Esistono spiegazioni dettagliate: il crescente consumo di carbone in Cina e in India, un’economia globale in espansione, stagioni con temperature insolitamente estreme che hanno reso necessari picchi di consumo energetico per il riscaldamento e il rinfrescamento. Ma la verità è tanto ovvia quanto cruda: non ce ne importa nulla.

     E’ naturale partire dal presupposto che, per mettere insieme la volontà necessaria ad affrontare la crisi del pianeta, dovremmo mettere insieme il coinvolgimento necessario. Avremo bisogno di considerare la Terra come la nostra unica casa, non in senso figurato, non a livello intellettuale ma a livello viscerale. Per usare le parole dello psicologo e premio Nobel Daniel Kahneman, uno dei primi studiosi a capire che la nostra mente ha una modalità lenta (deliberativa) e una veloce (intuitiva): «Per mobilitare le persone, questa (la crisi climatica) deve diventare una questione emotiva». Se continuiamo a sentire lo sforzo di salvare il nostro pianeta come una partita fuori casa di metà campionato, non avremo speranza.

J.Safran Foer Possiamo salvare il mondo prima di cena,
Guanda, Milano, 2019, €18: pagg. 44 e 38

4 commenti:

  1. Il tema del perchè facciamo così poco per salvare il pianeta è fondamentale.
    A me vengono in mente due aspetti della questione.
    Il primo è la pigrizia e il secondo è la motivazione.
    Sul primo c'è poco da dire: in tanti siamo perennemente stanchi e insoddisfatti, viviamo in un mondo complesso e complicato che ci toglie energie, cosicché il tempo libero lo dedichiamo volentieri a cose facili come farci di social, tv spazzatura, giochi al computer, siti porno, alcool e droghe varie.
    Il secondo, la motivazione, è collegato al primo. A troppi di noi manca una motivazione forte per vivere, spesso ci trasciniamo in una vita più faticosa che gioiosa, il presente e il futuro sono difficili da decifrare, spesso non sappiamo nemmeno bene chi siamo davvero. Facciamo quello che fanno tutti e non abbiamo la forza di andare controcorrente, quindi non siamo reattivi, non siamo all'erta, non siamo troppo preoccupati che questo mondo vada a finire male.
    Mai come stavolta spero di sbagliarmi e spero di leggere tanti che mi dicono che ciò che ho scritto non è vero.

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    1. @Giorgio Giorgi: e invece non posso non essere d'accordo con la sua analisi, lucida e spietata. Speriamo bene ... Saluti cordiali e buona estate.

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  2. «Per mobilitare le persone, questa (la crisi climatica) deve diventare una questione emotiva»: questo mi pare il passaggio chiave. Rosario, in un post dedicato proprio a questo libro, riportava l'esempio del fumo per indicare come, ad un certo punto, determinate scelte convergano nella stessa direzione fino a diventare decisive e rivoluzionarie: "Così è stato per il consenso sul divieto del fumo nei locali pubblici.
    Bisogna appunto risalire alla forza di tenuta e di coesione che aveva avuto il piacere del fumo, per saggiare la qualità rivoluzionaria."

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    1. @Rossana: mi sto rapportando con un testo sconvolgente - già letto e commentato appunto da Rosario - testo che mette in discussione il primato della razionalità nelle scelte comportamentali umane. Speriamo di essere capaci di raccoglierne il testimone. Un abbraccio. Buone ferie.

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