lunedì 22 febbraio 2016

La Trasfigurazione come pienezza dell'incontro

Raffaello - Trasfigurazione (particolare)
      Care sorelle e cari fratelli, la celebrazione liturgica è uno spazio nel quale vogliamo accogliere la presenza trasfigurante di Dio. Ci potremmo porre una domanda: perché ci viene raccontato solo quest’episodio di trasfigurazione sperimentato da Gesù in un momento particolare, sul monte mentre sta pregando? Io vorrei soltanto suggerire che quello è un momento culminante della vita di Gesù, e in quella intensità particolare che sperimentò quel giorno. E in tutti gli altri momenti Gesù si trasfigurava? Sì o no? E trasfigurava intorno a sé la realtà? Sì o no? La risposta è ovvia, assolutamente sì. 
        Che ci venga narrata questa esperienza, nella sua apicalità, è una cosa bella, ma la cosa più bella, consentitemi, è che se noi rileggiamo il Vangelo come evangelo, come bella notizia, e quindi rileggiamo ogni narrazione, ogni incontro, da questo punto di vista, cioè come bella notizia che risuona in quell’incontro del malato, della persona sbagliata, della donna infelice, alla luce della trasfigurazione allora scopriremo che tutta la vita di Gesù va compresa all’insegna di questa trasfigurazione che per lui era un fatto quotidiano. Immaginate che guarisce un paralitico e Gesù non è felice acconto a lui? (...) Possiamo immaginare che gli incontri di Gesù non siano tutti incontri che cambiano le carte in tavola? Ci fanno sperimentare una persona che sprizza (...) dalla sua carne gioia di vita che vuole condividere con le persone che lo incontrano e che invece si sentono condannate da Dio o per la malattia, o perché sono sfortunate, o perché tutte le cose gli vanno male, o perché messe al margine perché impure. 
Questo sprizzare vita (...) è questo che Gesù fa sperimentare alle persone che si incontrano con lui. Questi incontri non sono incontri di trasfigurazione? Gesù è felice per la felicità che riesce a dare a tutte le persone che, avendolo incontrato, possono dire “sia gloria al Padre” che così si manifesta a noi: “Questo è il figlio mio diletto. Ascoltatelo!” Quello che sperimentiamo attraverso Gesù è gloria di Dio, ma anche gloria nostra, pienezza della nostra vita. L’evangelo come notizia bella che sappiamo comunicarci, scambiarci a vicenda. 
Ma dobbiamo convertirci per scoprire la bella notizia del Vangelo. Siamo troppo spesso “siddiati” non perché non dobbiamo esserlo - nella vita possiamo sperimentare tante cose che ci affliggono e ci appesantiscono - ma nei momenti in cui ci incontriamo con il Signore lasciamo che il Signore si faccia carico dei nostri pesi, delle nostre difficoltà, e lasciamoci risollevare da lui. 
Diciamo in siciliano: “U Signuri veni per grazia” ma non dopo aver chiesto la grazia, ma per farci sperimentare la sua benevolenza, il suo desiderio di vederci risollevati, felici.  (...) E quando tutto questo non avviene stiamo interrompendo questo flusso di vita con cui il Signore, attraverso suo Figlio (...), vorrebbe colmare la nostra esistenza. 
Trasfigurato lui perché vuole trasfigurare anche la nostra vita e renderci capaci di trasfigurare la realtà. Aveva ragione Carl Marx quando rimproverando la filosofia diceva che fino ad adesso abbiamo contemplato la realtà, ma che da adesso dobbiamo cambiarla. Giusto: dobbiamo trasfigurarla. Allora diamoci da fare attingendo a questo avvenimento ricapitolativo della vita di Gesù perché la narrazione evangelica non è altro che questo continuo intervento di Dio che cambia la vita delle persone che si lasciano incontrare.

(il testo del'omelia - pronunciato nella chiesa di san Francesco Saverio a Palermo il 21.2.2016, II domenica di Quaresima - non è stato rivisto dall'autore, don Cosimo Scordato: pertanto errori o omissioni sono di Ornella Giambalvo, che si assume anche la responsabilità delle eventuali imprecisioni e manchevolezze della trascrizione).

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