martedì 23 febbraio 2016

Se si interrompe la danza dell’incontro …

Picasso: Pierrot (Museum of Modern Art - New York)
           La GT legge la depressione come reazione comportamentale legata all’interruzione di un viaggio che inizia con l’altro e mira alla pienezza di un incontro. (…) La depressione, quindi, si presenta come la reazione corporeo-relazionale del soggetto (del bambino) nel momento in cui si interrompe una ‘danza a due’ prima ancora che si compia il contatto atteso con l’Altro. Prima di raggiungere la meta di una maggiore vicinanza con l’Altro (motivo per cui si è intrapreso il cammino), il soggetto si accorge che quell’Altro non c’è più. La scomparsa dell’Altro, per lui improvvisa e inspiegabile, provoca un collasso nella relazionalità e nella sua corporeità: l’energia non sostenuta dalla presenza (relazionale) della figura genitoriale si spegne, lascia il corpo e perde interesse per qualsiasi cosa.
Ci si era messi in viaggio sentendo il proprio corpo e quello dell’Altro aperti e protesi l’un verso l’altro, e ad un tratto il corpo dell’altro scompare, si ritira. Il corpo del bambino è stato chiamato alla vita dal corpo della madre innamorata e protesa verso di lui, adesso che questo corpo manca viene a mancare al bambino, a livello corporeo, il senso stesso di esistere. L’attesa di un gesto da parte del corpo dell’Altro rimane drammaticamente senza risposta: quel gesto che rivelerebbe che egli è ancora oggetto del desiderio, che il corpo dell’Altro è proteso verso il suo corpo. Ma proprio quel gesto non arriva (…). A quel punto, il flusso si interrompe: il flusso relazionale e il flusso della vita. E’ come se il bambino dicesse: “ Se tu, se il tuo corpo non ha interesse per me, per il mio corpo, neppure io ho interesse per me, per il mio corpo.”
     Dopo qualche tentativo di ritrovarlo, il soggetto (il bambino) si lascia ‘morire’ a livello psichico o fisico: è una morte per amore (non per nulla si cade nella depressione come, direbbero gli inglesi, si cade nell’amore). L’oscurità oppressiva che contraddistingue il vissuto depressivo è proprio il segno di una confluenza rigida che non si evolve. Troppo presto e in modo troppo improvviso e troppo inspiegabile il desiderio (ossia la presenza) della madre ha lasciato il bambino e questi, che è stato già chiamato alla vita, non si sente più chiamato alla relazione che è la sua vita: perde se stesso. (…) La tragedia depressiva non è la scomparsa dell’Altro, ma la scomparsa della propria anima: e senza anima non si vive.
(Devo sapere subito se sono vivo di Salonia, Conte, Argentino, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2013,€ 16,00. Il brano riportato è tratto dal capitolo: L’improvviso, inesplicabile sparire dell’Altro. Depressione, Gestalt Therapy e postmodernità, a cura di  Giovanni Salonia, pagg. 183,184)

4 commenti:

  1. Un brano evocativo che si presta a più livelli di lettura… direi anche complesso perché rimanda a diversi linguaggi. La figura di Pierrot – nell'intuitività immediata dell’arte - sintetizza bene la malinconia che ferisce l’anima. Un caro saluto.

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    1. @Rossana Rolando: anch'io sono stata colpita dalla malinconia profonda che emana dal quadro di Picasso ... Ricambio saluti cordiali.

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  2. Nasciamo con almeno un trauma già in dotazione, quindi. Un vaccino che ci sussurra «solitudine» per la prima volta, che si propone di fornirci gli anticorpi, ma che - ahimè - non ci rende immuni...

    P.S. - Questo Pierrot mi è familiare: per più di 30 anni, un duplicato molto fedele all'originale - praticamente un fratello - dipinto con i pennarelli e firmato Piero, ha adornato le pareti di casa. Da più di 10 anni è accostato alla porta della mia camera da letto, e ancora adesso è proprio qui fuori, a un metro da me :)

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    1. DOC: domani posterò un'altra parte interessante del testo, una sorta di continuazione del brano. Riguardo alla tua consuetudine col celebre dipinto, se ti scrivessi una cosa non ci crederesti ... Un abbraccio.

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