martedì 19 novembre 2019

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Henri Matisse: Vaso di nasturzi
           Nel suo quartiere, l’ex prof. incontrava spesso un ex alunno “difficile”, di cui si era occupata quando era una  psico-pedagogista, nel tempo che fu, o, più recentemente, come responsabile della dispersione scolastica. 
       L’ex ragazzino sperduto era ora un incerto sedicenne, oppure  un baldanzoso maggiorenne, se non un uomo maturo di trenta e più anni. L’incontro si sostanziava in un caloroso “Buongiorno, professorè”, se l’ex alunno era particolarmente estroverso e loquace, o in un accennato, ma non meno caldo, sorriso. 
       Ma erano sempre gli occhi a riconoscersi e a scambiarsi un saluto. In quella rapida occhiata, le anime nude dell’alunno e della prof. sostavano un istante, una di fronte all’altra. Anche se adesso l’ex alunno conservava poco dell’innocenza passata e lei era ormai un’ingrigita signora, nell’attimo fuggente della danza di sguardi, accadeva il silenzioso miracolo dell’incontro. E l’antica relazione di cura restituiva adesso, e per sempre, un’invisibile magica scintilla di luce.
Maria D’Asaro

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