A
compimento del centocinquantesimo anno dell’unità d’Italia, ogni italiano desideroso
di interrogarsi in modo adulto sul rapporto tra Lega Nord e cattolicesimo
dovrebbe avere sul comodino l’ultimo saggio di Augusto Cavadi: Il Dio dei leghisti (Edizioni San Paolo,
Milano, 2012, € 14). In esso l’autore conferma in pieno il suo carisma: quello di
coniugare la sostanziale bontà dei contenuti e la loro felice divulgazione. Il
testo ci offre infatti un mix ben assortito di considerazioni incisive, calibrate
e ben documentate, sul piatto invitante di un linguaggio chiaro e scorrevole, a dimostrazione
che non è indispensabile né opportuno trattare in modo criptico e ultratecnico un
tema delicato quale il rapporto tra politica e teologia.
Come suggerisce
il titolo, il saggio ci propone una panoramica sintetica ma assai efficace dei
fondamenti antropologici del partito di Bossi e ci spiega come tali tratti
abbiano potuto “sposarsi” con una certa teologia e con talune scelte
etico-pastorali della Chiesa cattolica italiana. Il testo, nei suoi capitoli iniziali,
tratteggia le caratteristiche fondamentali del codice culturale leghista,
offrendoci spunti coloriti e illuminanti
sul linguaggio e le azioni della Lega Nord.
L’autore
non manca anche di tracciare alcune inquietanti affinità della Lega col
fenomeno mafioso, già analizzato nei suoi rapporti con il cattolicesimo nel saggio
Il Dio dei mafiosi (San Paolo,
Milano, 2009), dove Cavadi afferma la necessità di “una teologia che riconduce al progetto originario di Dio
l’intangibilità della dignità di ogni persona, la sua irriducibilità a
qualsiasi forma di schiavitù e la sua intrinseca vocazione alla fraternità
solidale”: sola teologia capace di costituire “una riserva critica rispetto alla teologia dei mafiosi, anzi a
qualsiasi teologia anche solo analogamente mafiosa”.
Tale
illuminante concetto, ne Il Dio dei
leghisti, è stato ripreso e ampliato. E, sulla base di questa concezione
teologica, Cavadi afferma che “Se tutti i
membri della Chiesa cattolica, Vangelo alla mano, sostenessero che l’epicentro
è l’agape divina, la tenerezza del Padre verso i deboli (…) la resistenza
caparbia a ogni genere di violenza interpersonale e collettiva, l’equa
distribuzione dei beni materiali … i partiti politici che enfatizzano l’egoismo
individuale e di gruppo (…) si guarderebbero bene dal chiedere la compagnia
della Chiesa.”
Cosa
ha portato allora a consumare il matrimonio di interesse tra la il partito di
Bossi e una fetta consistente della Chiesa cattolica italiana? Il fatto che, al
di là del folclore dei riti di rifondazione della nazione padana, la Lega ha
manipolato alcuni valori cristiani come instrumentum
regni, strumento di potere per cercare il consenso della Chiesa; mentre quest’ultima ha anteposto la tutela di alcuni particolari
principi (quali, ad esempio, il “no” all’aborto e all’eutanasia e la tutela
della famiglia fondata sul matrimonio, con il rifiuto del riconoscimento delle
coppie di fatto e delle unioni omosessuali) rispetto a principi essenziali ed
indiscutibili quali le beatitudini evangeliche.
Ecco
che allora Augusto Cavadi ci offre una disamina su quali valori possano essere
considerati realmente “negoziabili” e quali no e scomoda Karl Ranher che invita
a mettere su piani diversi, ad esempio, la fede nella grazia salvifica di Dio e
il considerare l’Unzione degli Infermi il settimo sacramento. Cavadi riporta infine
anche le riflessioni del teologo palermitano don Cosimo Scordato, che ci aiutano
a scoprire proprio nella “laicità” insita nella cattolicità l’antidoto più
efficace verso le derive egoistiche e xenofobe del Bossi-pensiero: “Mentre la cattolicità, come è intesa oggi,
tende a separare i cattolici dagli altri, a me sembra che originariamente essa
è il nuovo spazio donato da Dio a tutti gli uomini al di là di ogni razza,
lingua e appartenenza religiosa. (…) Diventiamo
cattolici quanto più siamo in grado di assumere dentro la nostra esperienza
tutta la ricchezza che ci viene degli altri.”
Altro
che battaglie per collocare forzatamente il Crocefisso anche nelle classi che
vedono la presenza di islamici, altro che chiusura identitaria e divieto di manifestazioni di culto diverse
dalla cristiano-cattolica: la riscoperta del Dio agape, della spiritualità
laica, della fede intelligente e persino della testimonianza che arriva al
martirio, suggerisce l’autore nell’ultimo capitolo del libro, chiariscono in
modo inequivocabile la distanza abissale tra la Lega e un Dio autenticamente
cattolico e quindi planetario, che non si fa catturare e strumentalizzare da
alcun partito politico.
Maria D'Asaro ("Centonove" 6.4.2012)
Post bellissimo !!!
RispondiEliminaLuminoso! Peccato che chi dovrebbe, mai lo leggerà, né il libro né questo post.
RispondiEliminaCiao.
Sì, la Lega prende miti "celtici" inventati e rielaborazioni di concetti cristiani per costruirsi delle basi che reputa credibili... hanno pure preso uno dei miei colori preferiti (il verde prato) come simbolo! Antipatici!
RispondiElimina@Valerio: grazie per l'apprezzamento. Molto gentile. Buona settimana.
RispondiElimina@gattonero: grazie di esserci, sempre. Hai ragione: spesso ci si parla addosso. Autoreferenzialità, la chiamano gli specialisti della parola. Buona settimana.
@Vele: hanno rubato un immaginario... e non solo l'immaginario. Ciao, Vele!
Certo non si potrà dire che questo libro non sia attuale... Il gallo ha cantato insieme a tutto il pollaio. E qualcuno, o meglio tutti, siamo stati rinnegati come temevamo. Se una logica c'è, nel pensiero Bossiano, non è contorta, è diabolica. La tua recensione mi incuriosisce. Lo leggerò, prima o poi. Buona giornata, Maruzza.
RispondiEliminaGrazie per essere passato di qui, DOC. Ed esserti soffermato a leggermi. Sono contenta che la recensione ti abbia incuriosito. Buona serata!
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