Non si può negare che sia un film buonista, con alcune scene “eccessive” quando la regista, Niki Caro, sembra spingere sull’acceleratore del sentimento facile e della suspense per ingraziarsi gli spettatori. Non a caso, su La Stampa Alessandra Levantesi Kezich scrive che il
film non è esente da manierismo. Ma La signora dello zoo di Varsavia
(titolo originario The Zookeeper’s Wife) è un film da vedere perché appassiona,
è realistico (tratto da una storia vera, raccolta da Diane Ackerman), è ben
recitato, ha un incalzante ritmo narrativo e, soprattutto, comunica cose belle: anche nella realtà più disperata,
se riesci a distinguere il bene dal male, se hai un buon alleato, se sei creativo
e capace di lottare, puoi fare qualcosa di buono e di importante.
La storia narrata è quella di una signora, Antonina
Zabinski, col marito Jan proprietaria dello zoo di Varsavia. Siamo nel 1939 e
la città passa dalla tranquillità della vita quotidiana alla barbarie dell’occupazione
nazista. A farne le spese sono i più deboli: gli animali, che vengono uccisi, e
gli ebrei, deportati nel ghetto, prima di essere condotti alla soluzione finale
dei campi di concentramento. Antonina e
il marito sono capaci di “guardare” la sofferenza di animali e umani, e se ne
prendono cura, riuscendo a salvare circa trecento ebrei, ospitati di nascosto
nelle gabbie sotterranee dello zoo.
Lo spettatore esce dalla sala
cinematografica con la consapevolezza triste dell’assurdità della guerra e
della violenza, ma rinfrancato dal fatto che, se in alcune persone rimangono vive compassione ed empatia, forse per la
specie umana, spesso così stupida e brutale, c’è ancora qualche speranza di
salvezza.
Non conosco il film e non avevo ancora visto il trailer. La tua recensione è convincente, penso che se riuscirò proverò ad andare a vederlo.
RispondiElimina@Daniele: a mio avviso, potrebbe piacerti. Buon Natale e Buon 2018!
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