(...) Bosco decise di scendere per le strade della sua città e osservare in quale stato di degrado fossero i giovani del tempo. Incontrò così i ragazzi che, sulla piazza di Porta Palazzo, cercavano in tutte le maniere di procurarsi un lavoro. Di questi giovani molti erano scartati perché poco robusti e in poco tempo destinati a finire sottoterra. Le statistiche confermano che in quel tempo ben 7184 fanciulli sotto i dieci anni erano impiegati nelle fabbriche.
In piazza San Carlo, Don Bosco poteva conversare con i piccoli spazzacamini, di circa sette o otto anni, che gli raccontavano il loro mestiere e i problemi da esso generati. Erano molto rispettosi nei confronti del sacerdote che li difendeva molto spesso contro i soprusi dei lavoratori più grandi che tentavano di derubarli del misero stipendio.
Insieme a Don Cafasso cominciò a visitare anche le carceri e inorridì di fronte al degrado nel quale vivevano giovani dai 12 ai 18 anni, rosicchiati dagli insetti e desiderosi di mangiare anche un misero tozzo di pane. Dopo diversi giorni di antagonismo, i carcerati decisero di avvicinarsi al sacerdote, raccontandogli le loro vite e i loro tormenti. Don Bosco sapeva che quei ragazzi sarebbero andati alla rovina senza una guida e quindi si fece promettere che, non appena essi fossero usciti di galera, lo avrebbero raggiunto alla chiesa di San Francesco (...) (da wikipedia)
Oggi la Chiesa cattolica ricorda (san) Giovanni Bosco. Giovanni Bosco era convinto che l’istruzione e la promozione umana avessero la precedenza sull’evangelizzazione. Innanzitutto sfamava i ragazzi poveri di Torino e insegnava loro un mestiere, prima di parlare loro eventualmente di Dio.
Si dice che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna. Nel caso di Giovanni Bosco la grande donna che lo aiutò a portare avanti la sua immensa opera educativo/salvifica fu sua madre Margherita Occhiena, che divenne la madre di tutti i ragazzi bisognosi di Torino.
Quando morì, il 26 novembre 1856, fu sepolta con l’unico vestito che possedeva …