Ilaria Alpi |
Rischiano la vita in Italia i giornalisti che si occupano con competenza e coraggio di inchieste scottanti, specie nei territori controllati dalla criminalità organizzata: negli ultimi anni, ben 267 hanno avuto minacce di vario genere e diciannove vivono attualmente sotto scorta.
Tra coloro che, nel passato, in Sicilia hanno pagato con la vita il loro impegno anti-mafia e le loro coraggiose inchieste, ricordiamo Tullio De Mauro, scomparso misteriosamente nel 1971; Mario Francese, ucciso dai corleonesi nel 1979; Giuseppe Fava, direttore del giornale “I Siciliani”, ucciso a Catania nel 1984; Beppe Alfano, ucciso nel 1993 a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina.
Paolo Borrometi |
Di recente è stato minacciato di morte il giornalista ragusano Paolo Borrometi, che vive da quattro anni sotto scorta. Borrometi è autore di varie inchieste sulla presenza di Cosa Nostra in Sicilia orientale: in particolare sul traffico di droga dal porto di Gioia Tauro alla provincia di Ragusa, sui mercati ortofrutticoli di Vittoria e sui rapporti tra mafia e politica in alcuni comuni siciliani.
Le cose non vanno meglio, fuori del nostro Paese. Secondo l’ultimo rapporto di Reporters sans frontières, nel 2017 sono stati sessantacinque i giornalisti uccisi nel mondo nell’esercizio del loro lavoro: cinquanta professionisti, sette blogger e otto collaboratori. Raddoppiato il bilancio di giornaliste uccise: dieci nel 2017, a fronte delle cinque del 2016; tutte – secondo Reporters sans frontières - “giornaliste d’inchiesta esperte e combattive, dalla scrittura pungente. Nonostante le minacce, continuavano ad indagare e a svelare casi di corruzione e altre vicende riguardanti autorità politiche o gruppi mafiosi.” Tra esse, Daphne Caruana Galizia, uccisa a Malta, Gauri Lankesh, uccisa a Bangalore, in India, e Miroslava Breach Velducea, uccisa in Messico. Il triste primato del Paese più pericoloso per la stampa resta alla Siria, con dodici giornalisti assassinati, davanti al Messico, con ben undici cronisti uccisi. Alla Cina invece la maglia nera per il più elevato numero di giornalisti in prigione, con cinquantadue cronisti imprigionati, seguita a ruota dalla Turchia.
Giovedì sette giugno scorso, la città di Latina ha dedicato una piazza ad Ilaria Alpi, giornalista radiotelevisiva italiana uccisa in Somalia il 20 marzo 1994 con il cine operatore Miran Hrovatin. Nella speranza che di Ilaria – e di tutti i giornalisti uccisi per la loro ricerca di verità – si onori la memoria e si continui a chiedere giustizia.
Maria D'Asaro
Il Punto Quotidiano
(È morta proprio oggi Alpi, madre di Ilaria (...). Si è spenta senza mai conoscere la verità sull'omicidio della figlia, senza che i veri responsabili del delitto venissero mai arrestati.
Uno dei suoi ultimi pensieri, qualche tempo fa, è stato per Paola Deffendi, madre di Giulio Regeni, alla quale aveva augurato di non dover aspettare, come accaduto a lei, 24 anni senza mai poter conoscere la verità sulla morte del figlio. Da qui).
Uno dei suoi ultimi pensieri, qualche tempo fa, è stato per Paola Deffendi, madre di Giulio Regeni, alla quale aveva augurato di non dover aspettare, come accaduto a lei, 24 anni senza mai poter conoscere la verità sulla morte del figlio. Da qui).
Tante verità occultate, le famiglie meritano giustizia.
RispondiEliminaSereno giorno.
@Cavaliere: grazie della tua attenzione ai temi della giustizia. Buona settimana.
EliminaEssere bersagli è il triste destino di quei giornalisti coraggiosi che cercano la verità. Straziante sapere della morte della madre di Ilaria senza che abbia potuto avere giustizia.
RispondiElimina@Daniele: i giornalisti coraggiosi devono sentire la nostra affettuosa e solidale vicinanza. Buona settimana.
EliminaP.s. Ho sempre pensato con commossa tenerezza ai genitori di Ilaria - figlia unica - che si sono battuti invano per la ricerca della verità ...