venerdì 20 novembre 2015

Sette brevi lezioni di fisica: la recensione

Carlo Rovelli (foto Basso Cannarsa)
          Come mai nell’Italia di oggi, dove una solida cultura scientifica non è mai decollata, un testo che parla di scienza viene tradotto in 24 lingue e rimane per mesi in cima alla classifica dei libri più venduti? Sette brevi lezioni di fisica di Carlo Rovelli (Adelphi Edizioni Spa, Milano, 2014, € 10) deve il suo successo alla sapiente “grazia” narrativa dell’autore che, con un linguaggio chiaro e affascinante, ricco di metafore suggestive, espone le principali conoscenze della fisica odierna, centrando in pieno l’obiettivo dichiarato nella premessa: far conoscere i fondamenti della scienza moderna a chi non la conosce o la conosce poco. Rovelli infatti, dopo avere illustrato nelle imperdibili pagine iniziali la teoria della relatività di Einstein, ci spiega le basi della meccanica quantistica, del funzionamento delle particelle elementari, della probabilità e delle leggi che governano gli scambi di calore; ci fornisce i dati essenziali sull’architettura del cosmo, sulla gravità quantistica e sui buchi neri e ci mostra le conseguenze della più avanzata concezione dello spazio e del tempo, offrendo così ai ‘non addetti ai lavori’ una nuova, straordinaria visione del mondo.
Dalle sue brillanti spiegazioni emerge “Un mondo colorato e stupefacente, dove esplodono universi, lo spazio sprofonda in buchi senza uscita, il tempo rallenta abbassandosi su un pianeta, e le sconfinate distese di spazio interstellare s’increspano e ondeggiano come la superficie del mare”; una realtà dove “la probabilità fa capolino nel cuore della fisica, là dove sembrava tutto fosse regolato da leggi precise, univoche e inderogabili”; un universo in cui “gli elettroni esistono solo quando qualcuno li guarda, o meglio, quando interagiscono con qualcosa d’altro (…) come se Dio non avesse disegnato la realtà con una linea pesante, ma si fosse limitato a un tratteggio lieve (…); un mondo dove “lo spazio non è continuo, divisibile all’infinito, ma formato da grani, cioè atomi di spazio … che si chiamano ‘loop’, cioè anelli, perché ciascuno di essi non è isolato, ma è inanellato con altri simili, formando una rete di relazioni che tesse la trama dello spazio”; un mondo la cui sostanza profonda“sembra essere la relazione, prima che gli oggetti”. 
S’impone dunque la necessità di andare oltre le pur gloriose categorie aristoteliche: “Ogni processo danza indipendentemente con i vicini, seguendo un ritmo proprio. Lo scorrere del tempo è interno al mondo (…) Fisici e filosofi sono arrivati alla conclusione che l’idea di un presente comune a tutto l’universo sia un’illusione, e lo scorrere universale del tempo sia una generalizzazione che non funziona”;”Non c’è più lo spazio che contiene il mondo e non c’è più il tempo lungo il quale avvengono gli eventi (…) l’illusione dello spazio e del tempo continui attorno a noi è la visione sfocata di questo fitto pullulare di processi elementari. Così come un quieto e trasparente lago alpino è in realtà formato da una danza veloce di miriadi di minuscole molecole d’acqua.”  
     Nel nostro Paese ancora influenzato dall’idealismo di Croce e Gentile, dove solo una sparuta minoranza conosce i nomi e i meriti di Gauss, Riemann e Boltzmann, di Bohr, Planck e Heisemberg, di Faraday e Maxwell, Sette brevi lezioni di fisica è un libro necessario e prezioso. Con un avvertimento: il saggio è anche un testo “filosofico”, perché ci invita a ripensare la nostra concezione del mondo e ci sollecita, tra le righe, a divenire tutti un po’ filosofi, amanti di una sapienza non più ‘serva’ né della Teologia, né dell’Ateismo, né dello Scientismo né di una qualsiasi altra ideologia. Rovelli ci invita infatti a indossare l’‘habitus’ mentale, il metodo di conoscenza dei filosofi  e degli scienziati autentici, che non temono la mancanza di certezze assolute, ma che praticano il dubbio sistematico e condividono il desiderio di conoscenza e la capacità di continua ‘meraviglia’: “La fisica apre la finestra per guardare lontano. Quello che vediamo non fa che stupirci. Ci rendiamo conto che siamo pieni di pregiudizi e la nostra immagine intuitiva del mondo è parziale, parrocchiale, inadeguata.” Se anche Einstein scriveva le sue teorie in forma dubitativa, ecco esaltato il ‘pudore’ dubitativo della scienza, contro le rozze certezze di ogni fondamentalismo. 
         E così le nozze tra scienza e sguardo filosofico, se fecondate dal dubbio sistematico e dalla consapevolezza dei propri limiti e confini, possono offrirci la forma più affidabile di sapere, l’unica in grado di ridisegnare continuamente il mondo. Toccante la chiusa del libro: è vero, afferma Rovelli, la nostra conoscenza del mondo continua a crescere; ma “sul bordo di quello che sappiamo, a contatto con l’oceano di quanto non sappiamo, brillano il mistero … e la bellezza del mondo, e ci lasciano senza fiato.”                            Maria D’Asaro (“Centonove” n. 27 del 19.11.2015, pag.30)

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