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Marc Chagall: La vie (1964) |
In quest’articolo di Michele Serra si riconosce la sua antica lucidità intellettuale, condita da un prezioso afflato umanistico. Ringrazio Massimo Messina che lo ha condiviso.
Siamo figli delle stelle, fratelli e sorelle in un pianetino splendido e martoriato. Abbiamo una breve esistenza umana: non siamo qui per ammazzarci in nome di nefasti proclami nazionalistici.
E questo vale per tutti. Innanzitutto per i capoccia americani, israeliani e russi. E per il terrorismo di Hamas.
Perché l’umanità deve resistere
"Nell’Assemblea del Mondo (per quanto consunta e depotenziata, questa, non altro, è l’Onu), Bibi Netanyahu ha parlato come un capotribù. Come se il contesto fosse ininfluente, liquidata per sempre l’idea che esistano interessi sovranazionali, che i diritti umani, per definizione, siano umani e dunque di tutti, che in quel luogo si vada, fino dalla sua fondazione, per tentare — almeno tentare! — di mediare i conflitti e sedare l’odio.
Come pochi giorni fa ha dimostrato un altro capotribù, quello molto più grosso di lui, Donald Trump, all’Onu non si va per parlare con il Mondo, ma per sfidarlo a muso duro.
Per offenderlo oppure deriderlo, farlo sentire una zavorra di ciance e illusioni, declassarlo a vecchio impiccio ideologico, a ricatto ipocrita, niente che possa fare arretrare la Nazione, unico vero soggetto autorizzato all’azione (e alla guerra) perché munito di un’etica antica e riconoscibile: la Grande Israele, la Grande America, la Grande Russia, ecco il vento del terzo millennio.
Il resto — il multilateralismo, la pace come destino morale sovra-ideologico dopo secoli di guerra e di sterminio, la gestione sovranazionale della lotta alle malattie e alla e fame — è cianfrusaglia novecentesca. L’umanità non esiste più. Esiste solo la Nazione.
I banchi vuoti per più della metà erano già un segno: il segno di una fuoruscita ormai di massa dalla sopportazione reciproca. Lo show di Bibi aveva la modestia, immediatamente riconoscibile, della propaganda politica, e nello specifico della propaganda bellica: per uscirne, dalla propaganda, bisognerebbe alzare lo sguardo, sconfinare anche di pochi chilometri dalle proprie mura, capire che il dolore altrui vale il proprio e il sangue altrui non lava il proprio; nemmeno se in proporzione cento a uno, cento litri per ogni litro, cento bambini per ogni bambino, traguardo ormai alla portata di Bibi.
Non è vero, non è per niente vero che «tutti si sono dimenticati del 7 ottobre». Nel florilegio di menzogne di Netanyahu, è forse la più sconcia. La lagna ombelicale di Bibi, identica a quella di tutti i boss nazionalisti, tende a far credere che il proprio lutto, la propria tragedia, sia incompresa dal Mondo (cattivo Mondo!) perché il nazionalista è convinto che tutti siano uguali a lui, irosi e meschini come lui, conformi alla sua visione tribale delle cose, dunque incapaci di compiangere alcuno al di fuori del proprio villaggio. Non si capacita che qualcuno consideri orrendo allo stesso modo, diabolico allo stesso modo, il massacro subìto e il massacro inferto. La boria nazionalista è così smisurata da non riconoscere intelligenza in chi si china sui morti senza controllare prima il passaporto, specie i morti bambini, troppo precoci destinatari della catalogazione nazionale, religiosa e ormai neo-razziale che devasta la testa degli adulti, dei capi assatanati e degli attivisti ossessi che hanno come solo obiettivo uccidere per sopravvivere.
Bibi piazza i suoi megafoni sulla testa piegata del nemico, ostenta all’occhiello il suo predomino tecnologico e manda i suoi sciami di droni a colpire chi pretende di non dividere l’umanità in Nazioni, e va per mare credendo sia vero e rispettato il codice (antico!) della navigazione in acque internazionali. La scala rovesciata dei nazionalisti (la Nazione è smisuratamente più importante del Mondo, pur essendone, obiettivamente, una infima porzione) sta vincendo, forse ha già vinto. Non c’è più niente di credibilmente inter-nazionale. Tutto è solo Nazione. La Nazione mette a riposo la ragione, dispensa dalla fatica di pensare e, non sia mai, di nutrire dubbi non solamente sugli altri, perfino su se stessi: «Il popolo russo non è abituato a pensare» è la frase, annichilente, terminale, che la figlia di Anna Politkovskaya ci ha consegnato pochi anni fa. Chissà in quale percentuale il popolo israeliano, che ha una tradizione millenaria di confutazione e discussione, è ancora nelle condizioni di pensare. E mentre Bibi sciorina all’Onu il suo diario minimo credendolo la Bibbia, un manipolo di gente inerme e senza-Nazione, sulle barche della Flotilla, sa di poter contare solamente sulla propria buona stella.
Volendo scovare anche dentro una mediocre pagina — il discorso di Netanyahu all’Onu e contro l’Onu — un elemento positivo, quel discorso ci aiuta a mettere a fuoco che il nazionalismo israeliano non è poi così differente dagli altri. Lo valutiamo sempre, come è inevitabile che sia, alla luce della storia orribile di persecuzione e sterminio che gli ebrei hanno subìto. Capiamo a stento come da quella storia di perseguitati possa sortire, sia pure solo in una parte di quel popolo, un simile spirito di persecuzione — e desta incredulità, dolore, scandalo scoprirlo. Ma il nazionalismo è piatto: uguale ovunque, Noi abbiamo ragione, Noi vinceremo, e a indicarci la strada è Dio in persona. Sono fatti con lo stampino, i leader nazionalisti.
L’attuale governo israeliano non è per niente eccezionale, il suo riduzionismo ottuso e violento (Nazione contro Mondo) è uguale a quello dei capoccia “patriottici” di mezzo pianeta, niente di più niente di meno. È l’altro pezzo di umanità, quello che antepone i diritti umani alla Nazione, la promiscuità alla purezza, dunque la convivenza alla guerra, e il rispetto del vivente, e dei viventi, a tutte le religioni del Libro, a doversi riorganizzare come se si fosse al punto zero. E i discorsi di Trump e Netanyahu all’Onu sono una buona approssimazione di quello che possiamo definire: punto zero."
Michele Serra - la Repubblica 27.09.2025
Articolo perfetto
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