lunedì 23 febbraio 2015

Birdman: vola Iñárritu, vola ...

Parafrasando il titolo del racconto di Carver che fa da sfondo narrativo a Birdman, il film con cui il regista Alejandro González Iñárritu si è aggiudicato quattro premi Oscar, potremmo chiederci: di cosa parliamo, quando parliamo di Iñárritu? Ricordiamo innanzitutto che Iñárritu è il regista di Amores Perros, 21 grammi, Babel e Biutiful, film duri, con una tensione narrativa e con eventi sempre sopra le righe. Tanto da indurci a un confronto con la tragedia greca: nelle opere di Iñárritu c’è sempre infatti una trama oscura, una misteriosa, maledetta combinazione di elementi che, attraverso una serie fortuita di incontri, conduce a esiti catastrofici, che chiudono la porta alla speranza e alla redenzione.
Anche il film vincitore dell’Oscar ricalca toni e canoni della tragedia greca, ad esempio l’unità di tempo, di luogo e di azione: la vicenda si svolge infatti tutta all’interno di un teatro di Broadway dove il protagonista, Riggan Thompson, un attore sulla via del tramonto, tenta di distaccarsi dal personaggio che lo ossessiona e con cui è diventato famoso, il supereroe Birdman. Per allontanare da sé quella maschera, Riggan si impegna a mettere in scena il racconto di Carver dal titolo Di cosa parliamo quando parliamo d’amoreIl tentativo di Riggan viene raccontato in 119 minuti di pellicola che volano via senza che lo spettatore se ne accorga, con gli occhi incollati allo schermo per il pathos e il ritmo incalzante del racconto, che beneficia di una strepitosa colonna sonora e  di azzeccate e originali inquadrature. Tuttavia, sebbene Birdman vorrebbe essere più ‘leggero’ rispetto ai film precedenti, la vena tragica di Iñárritu risulta solo ‘addolcita’ dal tipo di vicenda narrata e dai roboanti effetti speciali. Infatti attraverso i - talvolta deliranti - interrogativi esistenziali che affliggono Riggan – Chi sei veramente? Sei il tuo successo? Sei la tua sconfitta? Sei la tua maschera? Sei la tua relazione sessuale? – Iñárritu continua a subissarci di domande filosofiche, destinate a non avere risposta neppure in Birdman, dove, se non il nostro inferno come per Sartre, gli altri continuano a essere l’appuntamento mancato alla nostra redenzione.
E allora, se neppure il contatto fisico ravvicinato è sufficiente a guarirci,  se non ci curano i milioni di “mi piace” ottenuti su un social network per una fortuita e fortunata performance,  Iñárritu sembra voler suggerire, in modo magistrale, che è meglio lasciare la scena e cercare, in un altrove tutto da scoprire, amore e consolazione.
                                                                  Maria D'Asaro

4 commenti:

  1. Mi hai proprio fatto venire voglia di andare a vederlo! Per ora l'unica cosa che so degli Oscar è che mi fa molto piacere che lo abbia vinto Julianne Moore.

    RispondiElimina
  2. Leggo con piacere che ha colpito anche te. E la tua lettura mi da spunti di riflessione che mi erano sfuggiti. Medito. Un abbraccio.

    RispondiElimina
  3. Mi piacerebbe vederlo. Solo che ormai è anni che non riesco ad andare al cinema...

    RispondiElimina
  4. @Silvia Pareschi, Santa S. e Alfa: a mio avviso, l'Oscar a Birdman è meritato. Mi piacerebbe sentire il vostro parere ... Buon fine settimana.

    RispondiElimina