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Frida Kahlo: Henry Ford Hospital, 1932 |
Il testo della Passione di Gesù è uno dei più antichi che sono stati composti dalla comunità proprio per ricordare tutti i momenti di questo incontro/scontro tra la figura di Gesù e tutti gli aspetti della vita umana che sono rappresentati dal tradimento, ai soldi per cui viene venduta questa persona, all’indifferenza, all’atteggiamento violento, aggressivo: intorno a Gesù viene disegnata questa nostra umanità con tutti i suoi aspetti così inquietanti …
Eppure Gesù resta lì dinanzi a noi, come a dirci che la sua passione, il suo amore non fa un passo indietro rispetto a noi. Ed è con questo suo amore che egli vuole conquistarci. Non dispone di altra risorsa Dio se non il suo amore. Dio non si imporrà mai a nessuno, busserà sempre alla porta del nostro cuore e ci chiederà di potere ospitare la sua presenza di vita e di misericordia.
Ed è bella la conclusione di san Marco: a differenza degli altri evangelisti, Marco e Matteo chiudono la storia di Gesù in maniera ingloriosa; proprio per farci toccare con mano che Gesù è uno di noi, che è dalla nostra parte, non è la controparte. E in lui Dio non è l’altro da noi che ci guarda con distacco e con distanza. Come chiude, come fa concludere san Marco la vita di Gesù? Le ultime parole quali sono? Sono le nostre parole: Eloì eloì lemà sabàctani?
Quante volte le abbiamo pronunciate dentro il nostro cuore, anche fuori di noi: Mi sento abbandonato da Dio … tutto va contro di me … cosa è successo? Che ne è della mia vita? Tutto sembra esposto al nulla, alla casualità, all’indifferenza, allo scacco … Tutto. E Gesù si fa interprete di questa nostra situazione umana e citando un salmo (...) ci dice che è con noi, nel nostro dolore, nelle nostre sofferenze … Ma non per un atteggiamento di condivisione della sofferenza perché gli piace la sofferenza, no: perché gli piacciamo noi. Perché non può fare a meno di sentirsi in sintonia con noi. Parchè vuole farci sentire la compassione, la passione di Dio con ciascuno di noi.
E Gesù pronuncia queste parole, il verbo greco dice esattamente, non ‘gridare’, ma ‘gracchiare’, non aveva neppure la forza di dirle, di gridarle, perché era sospeso nella croce; però vuole che le sentiamo. Vuole che sentiamo che è con noi, non è in un altro luogo. E’ dentro la nostra sofferenza, sulla nostra croce – quando ci dovrà capitare di doverla abbracciare perché non potremo farne a meno – e anche dentro il nostro sepolcro, quando saremo deposti nel silenzio della morte, per dirci che anche lì lui è con noi. Ma appunto perché è con noi, allora chi sarà contro di noi? Nessuno potrà strapparci da quest’abbraccio d’amore che accompagna Dio fin nell’oscurità più profonda della nostra vita, fin negli enigmi più difficili che noi ci portiamo appresso.
Ed è questo quello che siamo cominciando a celebrare in questa settimana santa,(...), che è santificata dalla memoria del Cristo che è il vivente in mezzo a noi. La sua Risurrezione non è un atto di forza, è soltanto l’altra faccia della medaglia che è il suo amore imbattibile, invincibile: non c’è niente che possa tenere lontano Dio da noi. Gesù Cristo è quest’alleanza, questo legame che è ormai istaurato per tutta l’eternità, tra lui e noi e tra di noi.
Ed è questo che vorremmo potere tornare a celebrare continuamente, questo legame di vita, queste relazioni di vita, in qualsiasi situazioni ci possiamo trovare, pronti a sostenerci, a rialzarci,ad andare oltre i tradimenti, i soldi, le connivenze, le miserie … andare oltre tutto. Allora contempliamo il Signore non col senso di vittimismo, o con senso di disfatta, ma con la percezione che (...) da questa condivisione viene a noi la risurrezione e la vita, allora tutto questo ci rimette in piedi, ci fa continuare a camminare insieme, nonostante tutto.
(Omelia pronunciata a Palermo il 29.3.2015 da d.Cosimo Scordato: il testo non è stato rivisto dall'autore, pertanto errori o omissioni sono della scrivente, Maria D’Asaro, che si assume la responsabilità delle eventuali imprecisioni e manchevolezze della trascrizione)