domenica 20 settembre 2015

La bambina siriana con l'apparecchio ai denti

Lucia Goracci: copertina pagina FB
(Pag. FB della giornalista Lucia Goracci)

   Non riesco a non pensare a quell’apparecchio per i denti. Ce lo aveva una bambina appena scesa dall’autobus che da Tovarnik in Croazia - subito dopo il confine con la Serbia - aveva scaricato i profughi alla frontiera con l’ Ungheria. Ora i trasferimenti procedono con ordine. Tra Zagabria e Budapest si accusano di tutto – traditori! fascisti! - ma alla frontiera le due polizie collaborano. La Croazia scarica oltre la sbarra i profughi arrivati e l’Ungheria se li prende. Per ora.
Dunque alla barriera c’era questa bambina, che a un certo punto è corsa alla sbarra di divisione tra me, che mi trovavo nell’ultimo lembo di Croazia e un ragazzo che stavo intervistando, nella prima propaggine di Ungheria. Per questi profughi, luoghi come questo sono il primo ingresso dentro l’Unione Europea. (…) Lei è trotterellata sino lì, mentre io intervistavo il suo amico che aveva gli occhi azzurri e i capelli biondi e un inglese che avremmo potuto essere a Denver – e invece veniva da Aleppo. Venivano tutti da Aleppo i componenti di questo gruppo. Partiti insieme tra persone che si conoscevano. A pensar bene, io farei la stessa cosa: cercherei di fare gruppo, perché da soli si vive e si muore peggio. Dunque io stavo intervistando il ragazzo – pensando che con quell’inglese, gli occhi azzurri e tutto il resto probabilmente se la sarebbe cavata in Germania. Che riuscirà a continuare a studiare medicina e diventerà uno di quei medici che tu chiami anche a mezzanotte di domenica, se tuo figlio ha 38 di febbre. 
Ed è arrivata lei. Con la coda e le lentiggini. E nessuno l’ha notata. Ma lei ha ascoltato noi grandi tutto il tempo. Sorridendo. E quel sorriso aveva l’apparecchio ai denti.
Ora, dopo tre generazioni di dentisti in famiglia, cosa sia un apparecchio per i denti non mi può sfuggire. E’ simbolo di cura. Per se stessi e per l’oggetto in sé. Di un grado di benessere sufficiente a volersi migliorare. Di progettualità. Non ti metti un apparecchio per i denti se non hai progetti sul futuro, se ti manca l’intenzione di realizzarli.
Bimba siriana in viaggio nei Balcani + apparecchio per i denti, deve farti pensare. Significa non solo aver scelto tempo prima di metterlo e tempo dopo di continuare a portarlo nonostante il tuo mondo si stesse sfaldando. Ma anche capacità e desiderio di vedersi in prospettiva. E igiene dentale, operazione complicata per un fuggiasco. 
Perché non so chi tra di noi abbia il coraggio di dire che l’igiene dentale sia un moto spontaneo dell’esistenza. Che quando è stanco, stanco morto, infreddolito e ha paura, la prima cosa che prova il desiderio di fare è lavarsi i denti. Pensate solo al filo interdentale: passarselo è palloso e chi sostiene il contrario è ipocrita, o pazzo, o è mia sorella che di mestiere fa quello. Aggiusta i denti ai bambini. 
L’igiene dentale di quella bambina che da qualche settimana vive tra la terra e il cielo deve essere operazione estremamente complicata. Deve trovare tutte le sere uno specchio, anche se è accampata in una stazione dei treni o dorme sotto le stelle in un campo di granturco. O sviene di stanchezza sul bracciolo di un autobus, dove puoi dover aspettare ore e ore.
E l’apparecchio per i denti significa progettualità. Un padre e una madre che abbiano deciso di fartelo mettere. Significa che, fino a un momento prima di lasciare Aleppo dove sei nata, sino all’ultimo, tu – o almeno la tua famiglia per te – avete provato a vedere se si potesse ancora restare. A fare progetti, a migliorare la propria esistenza. Ad aggiustarsi i denti nell’attesa che si aggiustassero anche le cose. L’apparecchio ai denti è voler vivere, non sopravvivere. E continuare a portarlo mentre il tuo mondo crolla, è vera resistenza.
Ecco cosa non ho pensato, sino a stanotte, di quel sorriso che nessuno ha notato sulla sbarra di divisione tra la Croazia e l’Ungheria, prima che la bimba siriana fosse trascinata chissà dove dai poliziotti ungheresi. Non ho pensato in tempo - e mi rammarico di farlo solo ora - che quello era il suo modo di dirmi: guarda, ho l’apparecchio ai denti, c’è ancora una speranza! 
Per questo, se qualcuno vuole ancora dire qualcosa di sgradevole, o di banalmente scontato, su queste persone che fuggono perché hanno perso tutto, dovrebbe secondo me avere prima il buon gusto di sciacquarsi la bocca.
                                                                      Lucia Goracci

3 commenti:

  1. Hanno molte più speranze nel futuro loro, e molto più coraggio, il coraggio della paura, di tanti asettici occidentali.

    RispondiElimina
  2. @Costantino: sono d'accordo. Questa gente provata da guerre e privazioni è più forte, più in gamba e più resistente di tanti occidentali. Un saluto cordiale.

    RispondiElimina
  3. Articoli come questo, che ci mostrano l'umanità dell'altro, sono dolorosamente necessari anche se non dovrebbero affatto esserlo.

    RispondiElimina