Lucia Goracci: copertina pagina FB |
Non riesco a non pensare a quell’apparecchio per i denti. Ce lo aveva una bambina appena scesa dall’autobus che da Tovarnik in Croazia - subito dopo il confine con la Serbia - aveva scaricato i profughi alla frontiera con l’ Ungheria. Ora i trasferimenti procedono con ordine. Tra Zagabria e Budapest si accusano di tutto – traditori! fascisti! - ma alla frontiera le due polizie collaborano. La Croazia scarica oltre la sbarra i profughi arrivati e l’Ungheria se li prende. Per ora.
Dunque alla barriera c’era questa bambina, che a un certo punto è corsa alla sbarra di divisione tra me, che mi trovavo nell’ultimo lembo di Croazia e un ragazzo che stavo intervistando, nella prima propaggine di Ungheria. Per questi profughi, luoghi come questo sono il primo ingresso dentro l’Unione Europea. (…) Lei è trotterellata sino lì, mentre io intervistavo il suo amico che aveva gli occhi azzurri e i capelli biondi e un inglese che avremmo potuto essere a Denver – e invece veniva da Aleppo. Venivano tutti da Aleppo i componenti di questo gruppo. Partiti insieme tra persone che si conoscevano. A pensar bene, io farei la stessa cosa: cercherei di fare gruppo, perché da soli si vive e si muore peggio. Dunque io stavo intervistando il ragazzo – pensando che con quell’inglese, gli occhi azzurri e tutto il resto probabilmente se la sarebbe cavata in Germania. Che riuscirà a continuare a studiare medicina e diventerà uno di quei medici che tu chiami anche a mezzanotte di domenica, se tuo figlio ha 38 di febbre.
Ed è arrivata lei. Con la coda e le lentiggini. E nessuno l’ha notata. Ma lei ha ascoltato noi grandi tutto il tempo. Sorridendo. E quel sorriso aveva l’apparecchio ai denti.
Ora, dopo tre generazioni di dentisti in famiglia, cosa sia un apparecchio per i denti non mi può sfuggire. E’ simbolo di cura. Per se stessi e per l’oggetto in sé. Di un grado di benessere sufficiente a volersi migliorare. Di progettualità. Non ti metti un apparecchio per i denti se non hai progetti sul futuro, se ti manca l’intenzione di realizzarli.
Bimba siriana in viaggio nei Balcani + apparecchio per i denti, deve farti pensare. Significa non solo aver scelto tempo prima di metterlo e tempo dopo di continuare a portarlo nonostante il tuo mondo si stesse sfaldando. Ma anche capacità e desiderio di vedersi in prospettiva. E igiene dentale, operazione complicata per un fuggiasco.
Perché non so chi tra di noi abbia il coraggio di dire che l’igiene dentale sia un moto spontaneo dell’esistenza. Che quando è stanco, stanco morto, infreddolito e ha paura, la prima cosa che prova il desiderio di fare è lavarsi i denti. Pensate solo al filo interdentale: passarselo è palloso e chi sostiene il contrario è ipocrita, o pazzo, o è mia sorella che di mestiere fa quello. Aggiusta i denti ai bambini.
L’igiene dentale di quella bambina che da qualche settimana vive tra la terra e il cielo deve essere operazione estremamente complicata. Deve trovare tutte le sere uno specchio, anche se è accampata in una stazione dei treni o dorme sotto le stelle in un campo di granturco. O sviene di stanchezza sul bracciolo di un autobus, dove puoi dover aspettare ore e ore.
E l’apparecchio per i denti significa progettualità. Un padre e una madre che abbiano deciso di fartelo mettere. Significa che, fino a un momento prima di lasciare Aleppo dove sei nata, sino all’ultimo, tu – o almeno la tua famiglia per te – avete provato a vedere se si potesse ancora restare. A fare progetti, a migliorare la propria esistenza. Ad aggiustarsi i denti nell’attesa che si aggiustassero anche le cose. L’apparecchio ai denti è voler vivere, non sopravvivere. E continuare a portarlo mentre il tuo mondo crolla, è vera resistenza.
Ecco cosa non ho pensato, sino a stanotte, di quel sorriso che nessuno ha notato sulla sbarra di divisione tra la Croazia e l’Ungheria, prima che la bimba siriana fosse trascinata chissà dove dai poliziotti ungheresi. Non ho pensato in tempo - e mi rammarico di farlo solo ora - che quello era il suo modo di dirmi: guarda, ho l’apparecchio ai denti, c’è ancora una speranza!
Per questo, se qualcuno vuole ancora dire qualcosa di sgradevole, o di banalmente scontato, su queste persone che fuggono perché hanno perso tutto, dovrebbe secondo me avere prima il buon gusto di sciacquarsi la bocca.
Lucia Goracci
Lucia Goracci
Hanno molte più speranze nel futuro loro, e molto più coraggio, il coraggio della paura, di tanti asettici occidentali.
RispondiElimina@Costantino: sono d'accordo. Questa gente provata da guerre e privazioni è più forte, più in gamba e più resistente di tanti occidentali. Un saluto cordiale.
RispondiEliminaArticoli come questo, che ci mostrano l'umanità dell'altro, sono dolorosamente necessari anche se non dovrebbero affatto esserlo.
RispondiElimina