mercoledì 5 aprile 2017

Il diritto di contare



       Qualcuno potrebbe storcere il naso, considerando Il diritto di contare film buonista, che presenta gli USA col solito cliché di terra delle possibilità, dove i buoni e i meritevoli vincono sempre. Magari il regista Theodore Melfi avrà calcato la mano in positivo nel raccontarci la vicenda di Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson, le tre matematiche afroamericane che – come narrato nel libro Hidden Figures di Margot Lee Shetterly - collaborarono attivamente con i programmi spaziali della NASA nei primi anni ’60, quando si era aperta la gara con l’Unione Sovietica per inviare i primi astronauti nello spazio. Si dà però il caso che la storia delle tre donne sia una storia vera: Katherine, Dorothy e Mary ce l’hanno fatto davvero a far valere il loro talento matematico, nonostante fossero donne, nonostante fossero di pelle nera, nonostante negli USA vigesse ancora la segregazione razziale. Fu proprio la precisione dei calcoli matematici di Katherine Johnson,  a permettere all’astronauta americano John Glenn di compiere la prima orbita completa intorno alla Terra.
        E allora, specie se visto da occhi femminili, il film coinvolge e commuove: perché abbiamo bisogno di credere che, in questo pianetino pazzo e sperduto, le donne possano avere il diritto di contare non per il loro lato B prosperoso o perché “favorite” di un ricco magnate. Assai godibile per la buona sceneggiatura e l’avvincente ritmo narrativo, Il diritto di contare è  un film per tutti: si esce dal cinema rincuorate dal fatto che si può avere la meglio su pregiudizi sessisti e stupidità umana e contente di sapere che i nomi di Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson siano scolpiti tra quelli dell’intellighenzia scientifica mondiale. 
        Che la loro storia a lieto fine possa essere una luce di speranza per tutte le ragazze di oggi, di ogni colore e condizione sociale. 

3 commenti:

  1. Concordo pienamente con le tue parole, è stato un regalo che mi sono voluta fare anch'io nel vederlo, "perché abbiamo bisogno di credere che, in questo pianetino pazzo e sperduto... possa esser(ci) una luce di speranza".
    Un biopic che andava raccontato così, perchè la vita si altalena tra commedia e dramma, e abbiamo il diritto di sognare anche se le cose non sono cambiate poi molto da allora...
    Un caro abbraccio.

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    1. Ciao Santa: sono contenta della condivisione di giudizio sul film. Ricambio l'abbraccio.

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  2. Annotato già alla data di questo generoso post, ma recuperato solo ieri sera (5 anni, giusto il tempo di allinearmi). Decisamente merita: dalla segregazione razziale e dalla condizione femminile dell'epoca (appena 60 anni fa, eppure sembra preistoria), un emozionante omaggio al recente "progresso dell'umanità": errori compresi, anzi evidenziati, e dunque nella migliore accezione. Ma il tributo va tutto a queste tre esemplari "figure nascoste" ("Hidden Figures"), che hanno lottato in prima linea per far valere i propri sacrosanti diritti fino a... Conquista per tutti, almeno doppia: lo Spazio da una parte, e la Terra dall'altra, in una manciata d'anni.
    Il film è viziato dalla consueta bandiera a stelle strisce, da sempre predominante nel cinema: come se al mondo esistesse solo il loro pubblico, oggettivamente e gravemente affetto da una visione limitata al loro cosiddetto Nuovo Mondo.
    Superato questo scoglio, a mio avviso nessun "buonismo"; di certo ad ogni "basso" viene fatto corrispondere un "alto", e sappiamo bene che la vita non va sempre così. Adottare uno stile cinematografico di questo tipo, tuttavia, può ampliare la platea e stimolarla su queste tematiche, ovvero coinvolgerla nello stesso buon progresso che qui "pubblicizza", fino a renderla - magari un giorno, chissà - protagonista. Da che mondo è mondo, non sono forse le favole, le parabole o le leggende, che a pari lieto fine ci intrigano e ci spronano? Per giunta, e non è poco, qui si riporta la Storia! Grazie mille Maruzza: i tuoi Mari non mi deludono mai.

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