giovedì 18 maggio 2017

Noi, opere d'arte incompiute ...

don Cosimo Scordato - chiesa s.Francesco Saverio, Palermo
           C’è molta stringatezza in questa pagina del Vangelo di Giovanni, che ci viene incontro per dispiegarci il volto del Padre e farcelo scoprire molto più bello, più fascinoso (...). Ciascuno secondo la strada che percorre, secondo la ricerca che vive. E così Gesù ci mostra il volto del Padre, in un primo momento proprio come via: ognuno di noi è una via verso Dio, perché Dio ci attrae tutti a sé come il cuore di un Padre o di una madre, che non possono che desiderare di avere presso di sé le proprie creature. Non per imporsi, ma perché ne sentono in qualche modo il bisogno, per amore.
         Ogni persona umana vive con strade e modalità diverse quest'attrazione: chi cerca la bellezza, chi cerca la giustizia, chi cerca la bontà, chi la verità … Tutto in nome di Dio, dicevano gli antichi. E quindi tutte strade percorribili verso Dio. Le strade che portano a Dio non sono soltanto cinque, ma sono tante quante sono gli esseri umani. Ognuno di noi è una via verso Dio ed è una via che Dio percorre verso di noi. Per cui ognuno di noi è prezioso ai suoi occhi, perché abbiamo qualcosa da far fruttificare della sua presenza immensa, grande, meravigliosa …
       Ed è Gesù ad annunziarci questo, quando dice di sé (...), che bisogna percorrere la strada, essere alla ricerca, non ritenerci mai conclusi, opere compiute. Al contrario siamo tutti opere incompiute, nel senso artistico della parola, come quando diciamo “l’incompiuta di", l’ultima opera di Michelangelo, la sinfonia incompiuta di Mozart, magari la messa da requiem che aveva scritto per se stesso … L’uomo come incompiutezza perché soltanto Dio può portare a compimento quell’immensità di cui sentiamo nostalgia. Quindi l’atteggiamento di ricerca e di dialogo e di reciproca attenzione è costitutivo del nostro rapporto con Dio. Mentre tante volte il rapporto con Dio come accaparramento è diventato invece presa di possesso e volontà di disporre anche degli altri.
           “Io sono la via” unisce la via di Gesù con tutti gli uomini; l’altra affermazione di Gesù è “Io sono la verità”; attenzione che la verità di cui parla Gesù non è una dottrina, è una persona. La persona umana è il luogo della verità, dove noi sperimentiamo cosa vorremmo essere, cosa tentiamo di diventare. E Gesù, con la sua persona, ci mostra il Padre, in lui il Padre ha voluto rivelare particolarmente, in maniera privilegiata, che tipo di Dio è per noi: Padre di Gesù e quindi anche padre nostro.
        E perché non restassimo nel vago, questa verità Gesù la chiama in causa, citando le opere: “Se non credete in me, credeteci almeno per le opere". Cosa sono queste opere di Gesù? Quello che ha fatto col suo sguardo, con le sue mani, con la sua parola, col suo contatto fisico. Le opere di Gesù sono le opere del Padre, quelle che diventano un criterio di valutazione se stiamo agendo per davvero onorando il Signore e onorando la nostra umanità. L’infedeltà a Dio è l’infedeltà alla nostra umanità. (...).
     Il terzo momento: Io sono la vita,  dice Gesù, prendiamolo sul serio. Fare la vita noi lo intendiamo in un altro senso, nel senso di divertirci. Invece la diversità che noi dobbiamo essere capace di annunziare, è quella di una vita che sia bella per essere vissuta da noi e da tutti gli altri. “Io sono vita”, dice Gesù: se non lo incontriamo sulla strada della vita, abbiamo sbagliato strada. Uccidere nel nome di Dio è quanto di più blasfemo possa avvenire. Sulla strada della vita e delle opere che la coltivano, noi possiamo essere incontrati dal Signore e incontrarlo, a nostra volta, e gioire di tutto questo. Gesù stesso ci ricorda: “Voglio che abbiano la vita e che l’abbiano in abbondanza!”. Non siamo qui a coltivare privazioni o tagli … Siamo qui a coltivare, a cercare la pienezza. (...).
       E allora, care sorelle e fratelli, lasciamoci coinvolgere in quest’annuncio del Vangelo. La ricerca, la persona nella sua concretezza, che deve realizzarsi,  e la vita che dobbiamo comunicarci a vicenda non togliercela, non impoverirla, non strapparcela … Questo è quello che il Signore vuole per tutti noi (...) il punto privilegiato con cui riusciamo a intravedere il volto del Padre e a intravedere anche il volto più bello di noi stessi.

(il testo, pronunciato a Palermo il 14 maggio 2017 nella chiesa di san Francesco Saverio, non è stato rivisto dall’autore, don Cosimo Scordato: eventuali errori o omissioni sono della scrivente, Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle imprecisioni e manchevolezze della trascrizione)

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