martedì 16 maggio 2017

Cambiare: perché?

(La seguente riflessione non è stata pensata pro o contro qualcuno, ma è stata suggerita dalle interessanti note sul "cambiamento" scritte da  Giorgio Gagliano nel testo citato. Testo che, a mio avviso, è un saggio "obbligatorio" per ogni cittadino che voglia esercitare consapevolmente il suo diritto di partecipazione politica. )
       La parola “cambiamento” è di moda nelle campagne elettorali. Oggi la si legge nei manifesti di due candidati a sindaco a Palermo: “Insieme cambiamo tutto” afferma il pentastellato Ugo Forello, mentre Fabrizio Ferrandelli, leader di uno schieramento trasversale che raccoglie soprattutto forze di centro-destra, scrive “Solo per cambiare”. Ma il cambiamento è un valore in sé? E’ di destra o di sinistra? Nell’ottimo saggio “Democrazia”, a cura di Francesco Di Palo, Giorgio Gagliano, autore dell’ultimo capitolo, argomenta: “Il cambiamento in sé e per sé non è né di destra né di sinistra. Il fattore dirimente sembra essere piuttosto la direzione del cambiamento. Delle misure per la soppressione del welfare in Svezia, ad esempio, sarebbero sicuramente un mutamento; ma (…) avrei qualche difficoltà a considerare queste misure (…) come riforme di sinistra”. Confidiamo allora nel pensiero critico degli elettori, sperando che abbiano attenzione più per i programmi che per gli slogan.
                     Maria D’Asaro,  “100NOVE” n.19 dell’11.5.2017

2 commenti:

  1. Parola che percorre la storia ( anche la preistoria), le società e gli individui (trent’anni fa un mio amico ruppe il fidanzamento perché lei voleva farlo cambiare: per la cronaca, a suo dire, voleva fargli prendere la patente e fargli portare l'orologio). Ma bando alle mie solite divagazioni. Qui si parla di politica: guai a smettere di pensare mentre si cerca di cambiare il mondo. E allora è decisiva la direzione, come giustamente viene detto.

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    1. Caro Aldo: grazie di esserci sempre in modo pertinente e assai garbato. Buon tutto.

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