I ponti sulla Senna (Marc Chagall, 1954) |
(...) Gesù fa appello alla
coscienza di ognuno a orientarsi, a impegnarsi. Non c‘è bisogno di dovere
ricorrere a chissà quali sistemi, perché ognuno di noi ogni giorno fa delle
scelte, in un senso o nell’altro. E Gesù ci vuole responsabilizzare di questo
momento bellissimo, quando scegliamo. Quando stiamo decidendo in che direzione
andare, prendendo una direzione giusta o una sbagliata, forse neppure ce ne
rendiamo conto. Gesù ci dice: apriti gli
occhi, hai la possibilità di orientarti nella vita.
Ebbene, in questo momento in
cui Gesù annuncia libertà e responsabilità per tutti, sentiamoci tutti corresponsabili
della storia di cui siamo soggetti attivi – e non soltanto talvolta anche passivi, in verità
– in questo preciso momento un gruppo di persone gli pone un problema: Sappi che alcuni galilei erano al tempio a
pregare e Pilato li ha uccisi. E Gesù poi rincara la dose: Lo so, me lo state dicendo … Ma è successo anche un altro fatto, 18
persone sono morte sotto il crollo della torre di Siloe.
Due difficoltà si
frappongono tra noi e la vita di ogni giorno: primo, la malvagità in cui ci
possiamo imbattere o di cui, qualche volta, siamo noi stessi operatori.
Secondo, quello che chiamiamo con un termine vago, l’incidente.
La malvagità è il gesto di
Pilato che fa uccidere i galilei considerati persone aggressive, teste calde,
rivendicatori di diritti. La Galilea era una parte della Palestina dove c’era
una forte coscienza politica di avversione verso l’impero romano, con
organizzazione anche di sommosse, tante volte. E Pilato li uccise.
Quindi l’esperienza della
malvagità, qualcuno che uccide un altro, o esperienza di incidenti della vita,
incidenti di qualsiasi genere, Gesù li mette in conto: crolla una torre, sbanda
un’auto, ci viene una malattia, c sopravviene qualcosa che avremmo voluto
evitare … e tante altre casualità della vita, che poi hanno tutte una qualche
comprensione. Tante cose accadono, ma ci sono le circostanze che le
favoriscono, magari non dipendono da noi.
Cosa fare di fronte a tutto
questo? La strada più breve sarebbe dire che c’è la volontà di Dio nella
malvagità e negli incidenti della vita, come dire: E’ Dio che vuole tutto questo. E quindi il discorso è finito:
pensare che Dio sia principio cattivo di tutto quello che di male ci può
succedere o di cui noi stessi siamo capaci di agire.
Gesù dice: No, calmatevi. Perché
pensate queste cose di Dio? Perché volete coltivare questo stato di cose,
addirittura con l’avallo di Dio stesso? Convertitevi … Non è detto che ti sia
accaduto l’incidente o che sei malato perché hai fatto un peccato; o è accaduto
questo perché non hai avuto fede o non hai saputo chiedere al Signore. Perché pensi
queste cose? Dio è forse uno che viene a patteggiare con noi, ci dà, non ci dà,
fa finta … Ci vuole bene e basta.
Questa sua benevolenza
convive con la nostra storia, con questo nostro mondo dove è possibile la
malvagità e dove è possibile l’incidente. E cosa possiamo fare noi di fronte a
questo? Non attribuirlo a Dio. Al contrario, metterci in movimento, avendo una
buona esperienza di Dio che ci dice: Non
ti lasciare risucchiare dal caos in cui la vita potrebbe scivolare … Se agisci,
pensa a una cosa buona, nonostante l’esperienza negativa che puoi avere fatto,
vai oltre, muoviti oltre … Se vuoi pensare Dio, pensa colui che vuole la cosa
più bella da te, la cosa più giusta, più vera.
Convertiamoci, per non
restare risucchiati da tutte le disgrazie, che pure fanno parte della nostra
vita. Vorremmo evitarle. E, finché ci riusciamo, per noi e per gli altri mettiamoci
tutto l’impegno perché non accadano. Quindi, su questo fronte non abbiamo
niente a cui accondiscendere. Evitiamole. Evitiamo tutti gli omicidi, in nome
di un credo politico, di una fede religiosa … Non si uccide mai nessuno. Va
salvaguardata la vita anche delle persone che hanno sbagliato. Di fronte agli
incidenti, per quanto possibile, cerchiamo di prevenirli, finché ci riusciamo e
finché ci è possibile.
Dopo di che, cosa ci resta
veramente da fare? Guardare oltre, pensare alla grande, alla maniera di Dio.
Non ci riusciamo, certo. Ma cosa vorrebbe Dio per ogni persona, anche per la
persona che ha sbagliato gravemente, cosa vuole? La conversione, la vita, una
condizione di serenità, che l’albero possa portare frutti belli, volendo
restare nella metafora evangelica (…)
E quindi il Dio della
libertà, il Dio della responsabilità vissuta con coraggio, con pazienza anche
quando le cose sembrano andarci contro. Non lasciamoci intorpidire dal pensiero
che c’è qualcosa che è contro di noi. Andiamo oltre. Lasciamoci librare alto
dal pensiero, dalla preghiera e dalla frequentazione di Dio nella nostra vita.
(sintesi dell’omelia pronunciato da don Cosimo Scordato il 24.3.19 nella chiesa di san Francesco Saverio a Palermo, non rivisto dall’autore: eventuali errori o omissioni sono della scrivente, Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle imprecisioni e manchevolezze della trascrizione)
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