Palermo – Anche se circa 500.000 studenti delle scuole superiori stanno ancora sostenendo l’esame di maturità, l’anno scolastico 2018/19 è ormai agli sgoccioli. E si può tentarne un bilancio. Specie dopo l’entrata in vigore della legge 107/2015, che ha fornito nuove indicazioni per la stesura del PDM (Piano di Miglioramento) e del RAV (Rapporto di Autovalutazione) e ha prescritto anche la rendicontazione sociale, cioè il dare conto degli impegni assunti, dell’uso delle risorse, dei risultati conseguiti ai propri stakeholders/portatori di interessi (studenti, famiglie, comunità locale, ecc.), la scuola italiana sta prendendo come modello la forma”azienda”. E’ corretto che una sorta di bilancio sociale misuri, ricorrendo ad opportuni indicatori, le performance delle varie scuole in termini di efficienza (miglior utilizzo delle risorse disponibili), di efficacia (raggiungimento degli obiettivi); ma il problema sorge se, per stare dietro a numeri e grafici, si perde di vista la sostanza e la ‘mission’ educativa dell’Istituzione.
Un segnale d’allarme in tal senso è stato lanciato a Firenze nell’ottobre 2018, durante la Fiera educativa Didacta, dal professore Umberto Galimberti e dalla dottoressa Laura Artusio, che - nell’ambito dell’incontro “Educazione emozionale a scuola: il metodo RULER” - hanno sottolineato lo scarso peso occupato nella scuola italiana dall’intelligenza emotiva, nonostante tale componente sia fondamentale per un sano sviluppo della psiche umana.
Prof. Umberto Galimberti |
Galimberti ha ricordato la differenza tra istruzione, mera trasmissione di saperi, ed educazione, che permette ai ragazzi di sviluppare la propria personalità: “L’educazione emotiva è ciò che più scarseggia nel sistema scolastico italiano; quando un ragazzo rimane impantanato nello stadio pulsionale il rischio è che sviluppi forme di violenza e bullismo. La pulsione non si esprime in parole, ma solo in gesti e azioni”. Il professore ritiene poi che per migliorare le cose bisognerebbe “Innanzitutto limitare il numero di alunni per classe, fino a un massimo di quindici studenti; ma soprattutto ci vorrebbe una formazione specifica per i professori, che dovrebbero essere scelti anche in base a criteri emotivi e non solo conoscitivi. Se una persona non è empatica e coinvolgente non può fare il professore. È qualcosa che non si può imparare”. Galimberti lamenta infine l’uso spropositato di strumentazioni tecnologiche nella scuola: “Dovrebbe essere strapiena di letteratura, soprattutto di romanzi, che permettono di definire le proprie emozioni immedesimandosi nella vita degli altri. Il razzismo nasce proprio dall’incapacità di riconoscersi nell’altro, e su questo dobbiamo intervenire oggi più che mai”.
La dottoressa Artusio ha poi presentato il metodo RULER di educazione socio-emozionale (SEL). R.U.L.E.R. è l’acronimo di Recognizing: riconoscere le emozioni nelle espressioni del volto, negli indizi vocali e nel linguaggio del corpo; Understanding: comprendere le cause e le conseguenze delle emozioni; Labeling: classificare l’intera gamma delle emozioni utilizzando un vocabolario ricco; Expressing: esprimere le emozioni in maniera appropriata nei vari contesti; Regulating, gestire e regolare le emozioni efficacemente per avere relazioni sane e raggiungere gli obiettivi. Il fine di questo metodo infatti è quello di riconoscere, comprendere, definire, esprimere e gestire le proprie emozioni.
Fanno parte del Metodo Ruler anche le tecniche del contratto emozionale, che impegna per iscritto ragazzi, insegnanti e genitori a dare la giusta importanza a quello che provano per creare un ambiente di vita migliore; le tecniche dei meta-momenti, cioè dei momenti in cui ognuno ragiona sulle proprie emozioni, sulle loro cause, su cosa comporterà il restare di un certo umore; il blueprint, un questionario per dirimere i conflitti che viene somministrato in caso di litigio tra due studenti, con la consegna di esplicitare così le ragioni emotive del conflitto. Dove già sperimentato, il metodo RULER ha fatto registrare minori situazioni conflittuali tra studenti ed insegnanti, perché il metodo costringe le parti, indipendentemente dal ruolo, al chiarimento ed al superamento delle varie incomprensioni, a vantaggio di un clima relazionale più disteso e di un conseguente apprendimento scolastico davvero formativo.
Perché, come ci ricorda Aristotele: “Educare la mente senza educare il cuore non è affatto educare”.
Maria D’Asaro, 30.06.19, il Punto Quotidiano