martedì 16 aprile 2024

Un mondo a parte...

        Avevo pensato di scriverla io. Francesca Sammarco mi ha preceduta. Ecco la sua bella recensione:

     RIETI – “La montagna lo fa”. La frase ricorre spesso nel film di Riccardo Milani “Un mondo a parte” e la coppia Antonio Albanese e Virginia Raffaele è credibile, come i ragazzi e le persone del posto (attori per l’occasione), cioè Pescasseroli, Barrea e il Parco nazionale d’Abruzzo. 
    Il film riesce a mettere il dito su una piaga sanguinante, le aree interne, il rapporto dell’uomo con la natura e lo fa con semplicità, senza frasi a effetto, ma con realismo e dietro alle piccole frasi, sguardi, battute, situazioni, c’è una denuncia precisa.     Un mondo a parte, sì, per chi è nato e cresciuto nelle grandi città, ma che dovrebbe conoscere, soprattutto se si trova nelle stanze dove si decide il destino della gente, senza avere consapevolezza dei luoghi, situazioni, le esigenze e le difficoltà, condizioni atmosferiche avverse, senza pensare che le aree interne riguardano anche le grandi città, l’intero Paese.
     “Contano i numeri”, ripete chi sta in alto. E le persone? I sogni dei ragazzi? L’ambiente?  “Se chiude una scuola, chiude tutto il paese” e le speranze sono fioche, legate a sognatori, pochi, che non sono creduti e vengono osteggiati anche dai genitori, ormai rassegnati. E la salvezza, visto che non facciamo figli, sono gli immigrati, piaccia o no. Il tema della rassegnazione viene affrontato più volte, i giovani che vanno controcorrente sono soffocati e dileggiati in ogni modo. Ma chi va avanti a testa bassa, facendo leva sulle proprie idee, aspirazioni e modo di amare, può ancora ribaltare le situazioni e i destini dei luoghi, perché “Non voglio fare la fine di Sperone”, dice Duilio, mentre ostinatamente cerca di recuperare un vecchio trattore. Sono loro, i sognatori, quelli che non si arrendono, la speranza di tutto il genere umano e Sperone esiste veramente, è un paese abbandonato e silenzioso, vicino ad Opi, dove è stato girato il film, ormai solo vecchie pietre e vaghe tracce di un cinema, una scuola, una trattoria, vita passata.
    Ce ne sono tanti nelle aree interne, come fantasmi. Il film lancia un grido di dolore, lo fa sommessamente, senza essere pesante, senza clamore, pur denunciando una situazione reale e preoccupante, perché racconta la realtà di piccoli borghi montani che hanno gli stessi problemi, sia al Nord che al Centro- Sud, per la chiusura dei plessi scolastici, che vengono accorpati con altre scuole distanti tra loro, in un territorio montano, se gli iscritti non rispondono ai numeri stabiliti. 
                                                                                                (continua qui: il Punto Quotidiano)

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