[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it): una versione abbreviata e' apparsa sul quotidiano "L'Unita'" del 30 agosto 2009]
L'apatia politica, oggi purtroppo diffusa, non ha ne' sesso ne' eta', ha detto giustamente Benedetta Barzini nel suo intervento al dibattito promosso dall'"Unita'" sul tema "Dove sono le donne". Se cosi' e', non sembra giusto rivolgersi specialmente alle donne e prendersela con le femministe.
Una ragione c'e', tuttavia: negli ultimi decenni le donne sono state protagonista di cambiamenti positivi e le aspettative nei loro confronti sono ancora vive, come ha mostrato il recente messaggio di Veronesi sulla forza delle donne. Cio' di cui occorre tenere conto e' che anche loro, le donne, anche noi, le femministe, avevamo delle aspettative e che molte di queste non hanno ancora trovato risposta. L'indignazione femminile non e' un pulsante che si possa premere a piacere. Faro' un caso soltanto, minore solo in apparenza, quello del linguaggio della vita pubblica. Tra i paesi europei che conosco meglio, l'Italia e' l'unico che non ha ancora imparato il corretto uso del femminile nel linguaggio pubblico. (Il confronto e' con i paesi di lingua spagnola,tedesca e francese, non con l'inglese, per la sua peculiare grammatica dei generi).
Questi paesi non hanno esitato a usare il femminile, correttamente coniato, per cariche e professioni cui oggi accedono anche le donne. In Italia invece regna il disordine: maschili tenaci ("il ministro" Carfagna), femminili strampalati ("presidentessa"), nomi maschili con articoli femminili e predicati che vanno per conto loro, imbarazzo di chi si rivolge a una Letizia Moratti: "Signor sindaco" o "Signora sindaco"...
Ma non e' solo la lingua che ne soffre. Se la donna che lavora in fabbrica si chiama operaia e quella che serve la clientela, commessa, ma quella che governa una citta' o siede in parlamento prende un titolo di genere maschile, il messaggio che si riceve e' trasparente anche ai bambini delle elementari. La questione e' stata posta molto presto dalle femministe e ripresa dai linguisti piu' attenti, ma con risultati modesti, sciatteria e disordine continuano a regnare nell'uso corrente, sui giornali e negli altri media, forse per inconsapevolezza della posta in gioco.
Ricordo, anni fa, un bell'intervento della scrittrice Clara Sereni sull'importanza di assumere il femminile pubblicamente come incoraggiamento a tutte le donne. Attualmente ci troviamo a fare i conti con un altro effetto della tendenza a cancellare il femminile o a ridicolizzarlo quando si presenta fuori dalla sfera della vita familiare. E' il contraccolpo che ne viene alle donne attive nella vita pubblica ed esposte per cio' stesso al clima di volgarita' favorito da un capo del governo che promette cariche pubbliche in cambio di servizi sessuali. E rende cosi' letteralmente vera la vecchia equazione maschilista tra donna pubblica e prostituta. Si capisce che queste donne siano indignate. Non si capisce pero' che se la prendano con altre donne (le ragazze che accettano inviti altolocati, le mamme delle ragazze, le femministe che non fanno manifestazioni). Qui, infatti, non c'entrano le aspettative, qui si tratta di risposte che bisogna incominciare a dare in prima persona alle persone giuste, che nel caso in questione non sono le donne.
Berlusconi non ha inventato niente, occorre dirlo? Nella bottega sempreaperta del potere dove tutto si compra e tutto si vende, lui si e' distinto per certi comportamenti che sono un'esplicita caricatura di quello che li' avviene. Il contrasto fra un certo successo popolare che ha in Italia e lo scandalo che suscita all'estero, si riduce in fondo a una questione di distanze. Da distante si vede quello che esce dalle righe. Da vicino si vede anche la cerchia dei tanti che gli somigliano, sui quali lui riesce a spiccare per una schiettezza di uomo furbo, come quando ha replicato "non sono un santo". Da vicino si vede anche che l'indignazione che suscita in Italia non e' tutta di buona marca.
Ci sono uomini, e sono tanti, che si sentono offesi nella loro dignita' di facciata. Gli va bene che la bottega funzioni ma che sia con un certo decoro. In che cosa questo consista esattamente, non lo so, pero' ho notato un fatto degno di attenzione: le donne coinvolte nelle ultime vicende berlusconiane non hanno sacrificato niente sull'altare del decoro di facciata e invece hanno sacrificato qualcosa su quello del dire la verita'.
A proposito: dire e ascoltare la verita' e' un buon antidoto contro l'apatia e se siamo finiti cosi' in basso nella moralita' pubblica, ci siamo finiti, forse, a forza di non sentirla mai dire. Percio', secondo me, la polemica deve indirizzarsi a quelli che, per continuare a frequentare la bottega senza mettersi in questione, offrono a Berlusconi il supporto di una indignazione annacquata o addirittura finta, a prescindere dalla virulenza delle loro espressioni verbali.
C'e' molta opposizione politica che ha queste caratteristiche e che, di conseguenza, non convince. Se quello che ci interessa e' suscitare un'opposizione politica femminile, cerchiamo di fare posto alla "verita' delle donne" (chiamo cosi' lo sguardo disincantato sul sesso maschile, che non esclude ne' l'amore ne' la collaborazione) e di fare leva sulla presa di coscienza di una differenza femminile anche nella vita pubblica.
Luisa Muraro
Molto ben scritto e del tutto condivisibile!
RispondiEliminajan
Grazie dell'attenzione. Luisa Muraro la merita!
RispondiEliminaMolto lucida Muraro. Potrei fare mia quasi ogni parola di quest'intervento. Certamente - per rimanere in un ambito che mi è abbastanza familiare - vi è anche un problema lingustico, ma temo che dovremo attendere a lungo prima di vederne una, pur provvisoria, soluzione. Le lingue si plasmano e mutano con una scansione temporale che non è quella della vita umana e gli sforzi "politici" per accelerarne il cambiamento in genere ottengono scarsi risultati; "modesti" li definisce giustamente Muraro. Per il resto, da maschio (ed attempatello, ormai) sento il bisogno urgente che le donne tornino a gettare uno sguardo lucidamente politico sul mio genere.
RispondiEliminaTu senti un "bisogno urgente che le donne tornino a gettare uno sguardo lucidamente politico sul mio genere."
RispondiEliminaIo sento il bisogno urgente che le donne gettino uno sguardo lucidamente politico intanto sul proprio genere!
Ciao, bentornato.
Le cose non si escludono a vicenda, anzi...
RispondiEliminaMa, a proposito di sguardo femminile lucido, vedo che siamo stati ambodue colpiti da Haddad: notevole persona e gran bella poesie, le sue. (Mi pareva di aver scritto qualcosa su di lei, ma non lo trovo più. Forse un commento da qualche parte; vai a sapere...)