In scuolese
li chiamiamo “gli alunni con la 104”: i ragazzi con un handicap fisico o
psichico. La legge
n.104 del 5 febbraio 1992 - un capolavoro della giurisprudenza al servizio
dell’umanità sofferente - ha sancito il loro diritto a frequentare la scuola
pubblica e il dovere dell’istituzione scolastica di favorirne la piena integrazione, a fianco dei compagni.
Peccato che il
Ministero dell’Istruzione predichi bene e razzoli male, tagliando le risorse
per le classi che accolgono un alunno diversabile. Così diventa veramente difficile
garantire l’integrazione e il diritto allo studio di tutti se in una classe vi
è un solo docente con 25 ragazzi, di cui tre ripetenti, uno con disturbo di
apprendimento e uno con ritardo mentale, alunni tutti che avrebbero bisogno di
cure speciali. Si, perché
l’insegnante specializzato che, ai sensi della legge 104, dovrebbe affiancare
la classe in cui è inserito un alunno diversabile, è diventato merce preziosa.
E, nella classe prima menzionata, magari c’è solo quattro ore su trenta.
Quando in
classe avevamo Sergio, l’insegnante specializzata c’era per ben diciotto ore. Sia
perché, anni fa, erano tempi di vacche grasse, sia perché lui era un bambino
con problemi davvero seri: affetto da un grave ritardo mentale, pronunciava solo
qualche parola e camminava a fatica. In prima media, mostrava meno dei suoi quattordici.
Al suo corpo diafano ed esile, non era stata risparmiata neppure una grave
malformazione cardiaca. Eppure il ragazzino aveva lo sguardo sereno. I grandi
occhi nocciola, stelle del suo pallido ovale, il viso lo illuminavano tutto. E accennavano
spesso a un sorriso. Una madre
che lo amava, era la sua carta segreta. Una mamma che, a questo suo
particolarissimo figlio, aveva votato se stessa.
E a Sergio
volevano tanto bene i compagni, che gli tenevano la mano, quando si emozionava se ascoltava una canzone dei Beatles, lo
aiutavano a colorare, chiamavano l’assistente se doveva fare pipì. Gli volevano
un bene dell’anima anche i suoi insegnanti. In particolar modo, la sua insegnante
speciale. Che andava a prendere la chitarra, quando il ragazzino mimava un “den den”,
seguito dal gesto dell’indice e il medio che già sfioravano con la mente le
corde del suo strumento preferito.
Alle sue
assenze, eravamo abituati: perché doveva fare i controlli medici, le terapie
per la postura, perché gli veniva spesso la febbre. Però in seconda media, le
assenze divennero tantissime perchè Sergio, per una crisi
cardiaca fu ricoverato in ospedale. Dove andammo a trovarlo e gli offrimmo il suo gelato
preferito.
E venne Aprile: i suoi compagni disegnavano i cartoncini con le campanelle, i coniglietti e le uova pasquali. – Come mai il ragazzo non è rientrato? – Dalla famiglia, nessuna notizia.
E venne Aprile: i suoi compagni disegnavano i cartoncini con le campanelle, i coniglietti e le uova pasquali. – Come mai il ragazzo non è rientrato? – Dalla famiglia, nessuna notizia.
La
telefonata arriva dalla sua insegnante delle elementari, sua vicina di
casa: una crisi improvvisa. La madre, in seguito, si è scusata per non averci
avvisato: Sergio era volato via, la vigilia di Pasqua. La sua amata chitarra,
era andato in cielo, a suonarla.