venerdì 17 febbraio 2012

Un libro al mese: Le orecchie e il potere


Le orecchie e il potere: aspetti socio antropologici dell’ascolto nel mondo antico e nel mondo contemporaneo (a cura di Andrea Cozzo)  Carocci editore, Roma, 2010

Chi pensa che un libro curato da docenti universitari (e non) legati al Dipartimento di Studi greci, latini e musicali dell’Università di Palermo debba essere necessariamente noioso, si sbaglia di grosso. Lo dimostra il testo Le orecchie e il potere, un’agile e interessante raccolta di saggi tematici che trattano le dinamiche sottese all’ascolto, offrendo un confronto serrato e avvincente tra le dinamiche che accadevano ieri nel mondo greco e romano, e quelle che avvengono nella società di oggi.
Il testo, come ci autorizza a fare Daniel Pennac, può essere letto anche a saltare: un lettore con orecchio musicale può essere incuriosito dal saggio di Roberto Pomelli che tratta del poco esplorato nesso tra ascolto musicale e comunità politica, ipotizzando addirittura un’educazione all’ascolto musicale che sia anche palestra di cittadinanza responsabile; altri potranno trovare illuminanti le riflessioni di Maurizio Civiletti, che avanza alcune incisive considerazioni sulle dinamiche dell’ascolto in guerra, partendo dalle Storie di Tucidide. Comunque lo si legga, il volume offre  riflessioni ben calibrate ed espresse in modo chiaro e godibile anche per lettori non addetti ai lavori.
Il tema trattato è presentato con preziosa chiarezza dal curatore del volume, Andrea Cozzo, autore, oltre che della disamina su Ascolto e politica nella Grecia antica e oggi, anche della lucida introduzione, dove Andrea Cozzo ci ricorda  che “se nelle democrazie contemporanee il diritto di parlare, di esprimersi, di protestare non si nega più a nessuno (…) tuttavia questo diritto non garantisce più nulla (…): perché la democrazia esista bisogna che sia assicurato non solo il potere di parlare, ma anche quello di essere ascoltati”.
Infatti sebbene, come ha ribadito Danilo Dolci, comunicare sia “un rapporto tra due o più persone in cui ognuno impara ad ascoltare ed esprimersi” (…) oggi “fissati nel ruolo dell’ascolto sono sempre e soltanto i molti, i senza-potere, i cittadini comuni (…). Se la parola è finalmente appannaggio di tutti, l’ascolto è rimasto un dovere della massa, quindi è sull’ascolto, e non più sulla parola, che può essere misurata correttamente la democrazia” .
Andrea Cozzo non manca di sottolineare che, nonostante la comunicazione orizzontale sia favorita da Internet, il potere continua e rafforza la sua trasmissione unidirezionale tramite radio e televisione. Con una significativa differenza, rispetto alla Grecia antica: mentre allora “l’ascolto del kérux (l’araldo al servizio del potere ufficiale) avveniva in contesto pubblico, cioè collettivamente, quello odierno televisivo è esercitato privatamente, il che può avere come conseguenza un’accettazione più passiva e obbediente”.
Conclude il suo saggio, condividendo l’analisi secondo cui “la democrazia moderna, concepita e praticata come diritto di parola, è in realtà un regime logocentrico e logocratico, in cui pochi detengono il monopolio della parola pubblica mentre ai più non resta che ascoltare; d’altra parte, quand’anche questi ultimi si trovino a parlare, non esiste, sancito da qualche articolo costituzionale, alcun dovere di ascolto da parte delle istituzioni” .
Ecco che allora Giuseppe Burgio, in un serrato confronto tra la pòlis greca e la situazione politica attuale, afferma la necessità di ampliare il concetto di parrhesìa (il diritto di parlare) in direzione di una presa politica dell’ascolto: infatti, argomenta  Burgio, “gli attuali ambigui processi di governance planetaria offrono un orizzonte obbligato al dispiegamento di una partecipazione politica che deve ancora trovare forme inedite di autogoverno”. E conclude affermando che il problema politico della nostra società è quello di sperimentare nuove forme di cittadinanza fondate sul diritto alla parola, ma anche e soprattutto su un esercizio effettivo della cittadinanza “che passa dalla rivendicazione di diritti, alla realizzazione della possibilità del loro esercizio reale.”
Maria D’Asaro (pubblicata su "Centonove" il 10.2.2012)

Nessun commento:

Posta un commento