sabato 2 novembre 2013

Povertà: rimozione vietata.

     I genitori di due miei alunni hanno impegnato le fedi nuziali per comprare alcuni libri ai loro figli. Lo hanno confidato a poche persone, perché quasi quasi se ne vergognavano.
Ecco perché mi piace quello che ha scritto Michele Serra due giorni fa (La Repubblica, 31.10.2013):

    L'asciutto, dolente racconto delle nuove povertà fatto ieri su questo giornale da Carlo Verdelli dà al fenomeno (numeri alla mano) dimensioni molto più gravi di quanto ci appaia nella vita quotidiana. È una povertà rimossa, occultata dai suoi stessi portatori, vissuta con un pudore che sconfina nel senso di colpa. Alla penuria, alla perdita di ogni conforto e protezione, al senso di totale insicurezza si somma, nei nuovi poveri, una specie di sbalordimento, come se la povertà fosse una malattia rara e soprattutto arcaica che la modernità non prevede. E che per primi considerano imbarazzante. Riuscire a dirla e a farla dire, portarla alla luce di cronache nazionali quasi sequestrate dall'autismo (ahimè loquacissimo) di una politica che parla quasi solo degli affari propri, sarebbe quasi una rivoluzione. Non solo per onestà (no, non siamo più un paese ricco); anche per ridare il solido sfondo della realtà alle nostre ciance. Quasi un italiano su dieci è tecnicamente in miseria, eppure la povertà non rientra tra le priorità o le emergenze del governo, né ispira alcun programma elettorale. Forse bisogna aspettare che i poveri assumano una rilevanza elettorale almeno doppia o tripla.

2 commenti:

  1. Per adesso rimangono statistiche, numeri sempre più alti, ma sono quasi invisibili. Sento questi numeri e mi chiedo, ma dove sono? E probabilmente sono proprio dietro l'angolo.

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  2. C'è una povertà diffusa, e non parlo soltanto di quella economica...

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