La Prudenza (Pollaiolo) |
Sarò “pallosa”, ma mi accollo il rischio. A mio avviso, siamo stati troppo frettolosi nell’abbandonare, assieme al fardello dei catechismi forzati, anche il concetto e la pratica delle virtù. Forse se fossimo tutti più virtuosi, avremmo meno guai personali e sociali.
Ecco allora qualche riflessione sulla prima delle quattro cosiddette virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. Già note ai filosofi antichi, in particolare a Platone, in ambito cattolico le virtù cardinali riguardano essenzialmente l'uomo e costituiscono i pilastri, i “cardini” appunto, di una vita dedicata al bene.
La prudenza (in latino prudentia) dispone la ragione pratica a discernere, in ogni circostanza, il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per attuarlo. Di origine latina appunto, la parola sembra connessa al verbo vedere, mentre il prefisso pru (contrazione da pro) indica ciò che è posto davanti nello spazio o prima nel tempo. Essere prudenti significa potenziare le proprie capacità visive per progettare e pianificare una scelta, cogliendone prima tutte le implicazioni future. Significa soppesare i pro e i contro, valutare rischi e implicazioni.
La prudenza, a causa dello slittamento semantico subìto, è adesso comunemente connessa in modo riduttivo con l’idea di cautela e circospezione ed è spesso collegata con una valutazione dei rischi in termini di salute. In realtà la prudenza potrebbe essere identificata con la saggezza, la perspicacia nel giudicare la migliore soluzione e la scelta più adatta. Leggiamo su “Wikipedia”: da un punto di vista strettamente biblico la prudenza evoca essenzialmente il dono della Sapienza, cioè la capacità di vedere ogni cosa alla luce di Dio, facendosi istruire da Lui circa le decisioni da prendere. Concretamente la prudenza consiste nel discernimento, cioè nella capacità di distinguere il vero dal falso e il bene dal male, smascherando - attraverso questa stessa virtù - le false verità (a volte difficilmente identificabili) approfondendo ciò che si vede. L'uomo prudente allora non è tanto l'indeciso, il cauto, il titubante, ma al contrario è uno che sa decidere con sano realismo, non si fa trascinare dai facili entusiasmi, non tentenna e non ha paura di osare.
Per Platone la prudenza (in greco Phronesis) è il pieno possesso della facoltà di pensiero, della saggezza e del senso della misura. Questa virtù è il requisito necessario di chi vuole fare politica e governare la polis, la città. Anche per Aristotele la prudenza, virtù di confine tra le virtù intellettuali e quelle etiche, ha come orizzonte il bene comune e si assume la responsabilità delle proprie azioni ed è fondamentale nell’opera di discernimento intorno al bene e al male.
Non mi resta che augurare a me stessa e a miei lettori vagonate di prudenza. E sperare che chi fa politica attinga copiosamente alla sua fonte.
Abbonato. Apprezzato il fascicolo sulla prudenza, sono curioso di vedere come te la caverai con la giustizia... Delle virtù non sono in molti a parlarne, perchè non è facile farle proprie, nè - di questi tempi - divulgarne il valore. Ma questi Mari promettono di essere solcati, e a noi della ciurma piace condividerne le destinazioni. Avanti così, quindi.
RispondiEliminaCredo si possa dire che la prudenza implichi un distacco, una presa d’indipendenza della propria visione. Vuol dire esser forti abbastanza da prendersi un momento di riflessione senza farsi trascinare dal flusso di cose che ci fanno prendere decisioni avventate e a volte non nostre. La prudenza e’ di chi crede in se stesso.
RispondiEliminaBel post!
@DOC: grazie per la sottoscrizione dell'abbonamento. Spero che la qualità dei post sia commisurata alle attese ... Di questi mari, più che "ciurma", sei capitano di lungo corso! Avanti tutta, con la necessaria prudenza ...
RispondiElimina@Circolo Marlow: è un onore per questo blog avere il Circolo Marlow come follower. Grazie del commento che condivido in pieno. Un saluto cordiale.