mercoledì 30 gennaio 2019

Migranti, Noi/Loro: un approccio nonviolento



      Il 30 gennaio 1948, a Nuova Delhi, mentre si recava nel giardino per la consueta preghiera, Mohandas Gandhi venne assassinato con tre colpi di pistola  da un fanatico indù. 
Gandhi, noto con l’appellativo di Mahatma (grande anima), non ha bisogno di presentazioni.

       Chi non dovesse avere letto niente di lui, può vedere il bellissimo film del 1982, Gandhi, diretto  da Richard Attenborough e interpretato da Ben Kingsley. Oppure leggere la sua biografia ben curata su Wikipedia









Sono grata al caro amico Andrea Cozzo, professore ordinario di Greco all’Università degli Studi di Palermo e studioso ed esperto di teoria e pratica della nonviolenza, per le seguenti considerazioni sulla questione migranti e per la proposta finale, concreta e nonviolenta (dalla sua pagina FB):

Prof. Andrea Cozzo
 (UN’ANALISI:) Per chiarire, in questo post, ‘Loro’ sono quelli che vogliono lasciare in mare i migranti, non soccorrerli o soccorrerli ma non farli sbarcare sul suolo italiano; ‘Noi’ sono coloro (me compreso) che vogliono soccorrerli e farli sbarcare sul suolo italiano. Al di là di ogni idea (vera o presunta tale) che mette meccanicamente gli uni dalla parte dei “razzisti” e gli altri dalla parte dei “buonisti”, in ultima istanza i primi sostengono la loro posizione ricorrendo alla nozione di Ragion di Stato e i secondi a quella di Diritti Umani. Dopo secoli, ecco di nuovo Creonte e Antigone. 
       Provo ad impostare la questione all’interno della teoria della nonviolenza. È possibile andare oltre le posizioni espresse dalle due parti, per individuare i loro reali bisogni e cercare soluzioni condivise? È possibile non insultarsi e accusarsi reciprocamente ma reciprocamente riconoscersi come “umani”? È possibile innanzitutto ascoltarsi?
Sia ‘Loro’ sia ‘Noi’ concordano che quello delle migrazioni è un problema di immani dimensioni. Poi ‘Loro’, dando rilievo all’aspetto quantitativo, dicono che l’Italia non può farsi carico di tutti i migranti che vi sono diretti e vogliono che sia l’Europa intera ad occuparsi del problema; “Noi”, dando rilievo all’aspetto qualitativo, dicono che le persone non possono essere lasciate soffrire (o annegare) in mare e vogliono che l’Italia le salvi e offra loro un riparo.
        Entrambe le esigenze mi sembrano sacrosante: è sul piano delle soluzioni concrete che si crea l’opposizione tra le due parti, non su quello del riconoscimento dell’esistenza di un problema. Dunque la differenza si dà in relazione alla gestione delle migrazioni, e sottolineare esclusivamente la giustezza ideale della propria esigenza non favorisce il dialogo e la possibilità di giungere ad una soluzione condivisa.
       Perché le persone non soffrano in mare (come facilmente ‘Loro’, che adesso indugiano a salvarle, vorrebbero se avessero tra queste i loro figli o genitori o fratelli o sorelle) e perché la gestione dei loro problemi sia presa in carico da tutta l’Europa (come facilmente ‘Noi’, che adesso si limitano all’emergenza, vorrebbero in vista di una soluzione del problema complessiva e ‘a monte’),
 è urgente, arrivare ad una composizione.
         Se le due parti si ascoltassero reciprocamente rinunciando a combattere l’una contro l’altra e si mettessero l’una accanto all’altra, potrebbero mettere in pratica un’idea come quella che segue.

(PARS CONSTRUENS:) I rappresentanti istituzionali potrebbero da un lato fare sbarcare i migranti e dare loro aiuto e ristoro e da un altro, al contempo, mostrare di stare in mezzo a loro e vivere come loro, e/o recarsi davanti al Parlamento Europeo e fare lì un sit-in, possibilmente accompagnato da un digiuno, per chiedere (ad esso per quel che lo concerne ufficialmente, e/o ai rappresentanti dei vari Paesi per quel che concerne di fatto i loro Governi) di prendere immediatamente in considerazione il problema: se io fossi il ministro Salvini (per evocare il nome istituzionale rappresentativo dell’intera faccenda in Italia), è questo ciò che farei.
Se non fossi (come effettivamente non sono) il ministro Salvini, almeno gli chiederei di volere seguire questa modalità di azione e gli garantirei la mia partecipazione al digiuno e in nome del senso di umanità chiederei a tutti gli Italiani, di qualsiasi posizione politica, di sostenere tale iniziativa allo stesso modo (o con altri). ‘Noi’ potrebbero organizzare sit-in e manifestazioni in tutto il Paese, non per Salvini, ma accanto a Salvini, per la gestione europea del problema delle migrazioni. 
Impossibile? Non credo.
Per fare sentire al terrorismo islamico, estraneo alla ‘nostra’ cultura e perciò destinatario solo virtuale, l’unità del corpo che esso aveva voluto colpire, i ‘Noi’ sono stati capaci di organizzare l’imponente manifestazione “Je suis Charlie Hebdo”, e adesso non sarebbero in grado di organizzare (anzi nemmeno di concepire) un’analoga manifestazione “Io sono tutte le persone migranti” destinata alle nostrane istituzioni europee?
                                   Attendo osservazioni con cui confrontarmi. Grazie.

                                                                                               Andrea Cozzo

2 commenti:

  1. Un interessante punto di vista sulla nonviolenza, personalmente l'ho trovato leggendo e studiando (nonché appassionandomi) all'Umanesimo universalista, ideato da Mario Rodriguez Cobos, detto Silo. Dal primo discorso che ha tenuto a Punta de Vacas, dove nel 2010 è stato costruito uno dei tanti Parchi di studio e riflessione, si è animato un vivace movimento: quello umanista, per l'appunto.

    Sono d'accordo sull'azione susseguente alla "pars construens": i nonviolenti, pacifisti, anticapitalisti, in Italia devono tornare a prendere coscienza di sé e dei propri mezzi. L'inanità non si addice a 'noi'.

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    1. @Marco Piccinelli: grazie degli spunti di riflessione. A presto.

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