venerdì 24 gennaio 2020

Alla ricerca del tempo vissuto

Renè Magritte: La condizione umana
       Nomen/omen: nel nome di una persona è racchiuso in qualche modo il suo destino, si affermava nel mondo latino. E’ intrigante che due grandi personalità con lo stesso cognome - Eugéne Minkowski ed Herman Minkowski, entrambi di origine lituana, ma poi naturalizzati l'uno francese, l’altro tedesco - abbiano fornito importanti contributi sulla percezione del tempo, nella nostra mente e nell’universo.

      Eugéne Minkowski (1885 –1972), originario da un ambiente di ebrei ortodossi lituani,  nasce a San Pietroburgo, dove vive fino all'età di 7 anni, quando la sua famiglia si trasferisce a Varsavia. Lì iniziò i suoi studi medici. Durante la I guerra mondiale si rifugiò in Svizzera e poi si trasferì definitivamente in Francia.
        Eugéne Minkowski è stato  uno dei più importanti esponenti francesi della psichiatria fenomenologica del Novecento, che ha contribuito a rimettere al centro dell'interesse medico la persona nella sua interezza, in un’ottica di superamento della psichiatria positivista e organicista, secondo cui la malattia psichica era solo una disfunzionalità dell'organo cerebrale. 
            Quindi, nella prospettiva fenomenologica, la psichiatria “ha come oggetto [non] il cervello ma [...] un soggetto, una persona, analizzata e descritta nelle sue emozioni, nei suoi pensieri, nelle sue fantasie, nelle sue immaginazioni: nei suoi modi di essere che non si identificano nel comportamento ma nei significati che si esprimono in ogni singolo comportamento”.
In particolare, ecco l'auspicio di E. Minkowski: “Se finora la psicologia si è svolta in prima persona o in terza persona, è tempo che essa diventi una psicologia in seconda persona, perché il tu ci mette in presenza dell'umanamente comune”.
Eugène Minkowski. 
       E’ stato Eugéne Minkowski a introdurre i concetti di "contatto vitale con la realtà" e di "tempo vissuto", e ad affermare che anche i comportamenti psicopatologici possono essere spiegati e compresi se viene tenuto conto della personale esperienza del tempo. Lo studioso rimase molto colpito dalla lettura del Saggio sulla durata immediata della coscienza di Henri Bergson, dove Bergson contesta il concetto di "tempo" omogeneo misurabile, a cui contrappone una durata interiore che è accrescimento qualitativo continuo, dunque refrattario ad ogni forma di misurazione, durata interiore che ha come tratto essenziale il vissuto affettivo che la caratterizza.
        Tra gli scritti di Minkowski  ricordiamo “La schizofrenia” (1927), "Verso una cosmologia" (1936) e nel 1966 il "Trattato di psicopatologia" e soprattutto “Il tempo vissuto” opera miliare del 1933.
Qui  una breve presentazione del testo:
"Il problema del tempo e dello spazio, generatore di conflitti profondi nella nostra esistenza, è al centro della psicologia e della filosofia di Eugène Minkowski. Spesso avvertiamo una stanchezza e un sentimento di spossessamento che ci lasciano annichiliti, come se il ritmo della nostra civiltà tecnologica ci violentasse. È opportuno però proteggersi dalla nostalgia del buon tempo antico e fare come il fenomenologo il quale sa sempre riprendere contatto con la vita e con ciò che essa ha di naturale. Basandosi sul pensiero filosofico di Henri Bergson e di Edmund Husserl (…), Minkowski ci introduce con questo libro nei misteri del futuro, del passato, del tempo caratterizzato qualitativamente, dello slancio personale, della struttura dei diversi disturbi mentali. Prolunga quindi in forma critica il campo psicopatologico in quello normale della vita psichica. La sua analisi della temporalità vissuta consente di porre in rilievo gli aspetti formali e strutturali dello psichismo consapevole (…)."

           Qui, a cura della dott.ssa Elena Pagni, altre suggestive riflessioni sul pensiero di Eugéne Minkowski :

“Se è nel tempo e attraverso il movimento che partecipiamo alla vita, la morte ci nega per sempre questa possibilità. Nei sistemi viventi il tempo funge da organizzatore della situazione vitale dell’organismo. Il metabolismo e le funzioni vitali si compiono infatti attraverso lo scandire preciso e incalzante di ritmi biologici (tempo delle reazioni molecolari, il battito cardiaco, la respirazione). Con la morte si verifica il disgregamento della nozione di tempo. Non si tratta più del tempo della vita che unisce, che coordina, che costruisce, che organizza. Il tempo della morte è un tempo che distrugge, che disgrega, che disorienta, che sfilaccia l’unità della nostra esistenza nei frammenti non più ricomponibili di un puzzle. Ma la morte non è un fatto solo individuale, osserva lo psichiatra Eugène Minkowski in Le temps vécu (1933). La morte, infatti, pone anche fine a tutte le relazioni di affetto, parentela e amicizia che ci hanno accompagnato durante la vita. Nell’articolo mostro come, a partire dalla riflessione di Minkowski, si possa parlare della morte da una duplice prospettiva di tempo vissuto: la morte come evento che impone una riflessione sulla finitudine umana, e come esperienza del vissuto individuale (morte nel tempo vissuto), oppure della morte patologica, la quale implica la morte del vissuto, ossia del contatto vitale costitutivo dell`esistenza umana.”

         Ed ecco l’altro insigne studioso del tempo:  Hermann Minkowski (Aleksotas, Lituania, 1864 – Gottinga, 1909), un matematico lituano naturalizzato tedesco.
Hermann Minkowski frequentò in Germania l'Università di Berlino e l'Università di Königsberg, dove nel 1883 fu insignito del Premio della Matematica dell'Académie des Sciences francese per la sua teoria delle forme quadratiche. Insegnò poi presso le Università di Bonn, Gottinga, Königsberg e Zurigo, dove fu uno degli insegnanti di Albert Einstein.
         Minkowski approfondì lo studio dell'aritmetica delle forme quadratiche, in particolare quelle in n variabili, e la sua ricerca in quel campo lo indusse a considerare alcune proprietà geometriche in uno spazio ad n dimensioni. Nel 1896 presentò la sua geometria dei numeri, un metodo geometrico che risolveva problemi nell'ambito della teoria dei numeri.
       Nel 1907 Minkowski giunse al convincimento che la teoria della relatività speciale (conosciuta anche come relatività ristretta), introdotta da Einstein nel 1905 e basata su precedenti lavori di Lorentz e di Poincaré, potesse essere compresa nell'ambito di uno spazio non euclideo, da allora noto come spazio di Minkowski, in cui il tempo e lo spazio non sono entità separate ma connesse fra loro in uno spazio-tempo quadridimensionale, e nel quale la geometria di Lorentz della relatività ristretta può essere opportunamente rappresentata. 
Renè Magritte: Le passeggiate di Euclide

          Tale rappresentazione risultò utile e  aiutò le indagini di Einstein in merito alla relatività generale. La parte iniziale del suo discorso pronunciato in occasione dell'ottantesima Assemblea degli Scienziati della Natura e dei Medici Tedeschi (21 settembre, 1908) è divenuta famosa:
«I concetti di spazio e di tempo che desidero esporvi traggono origine dal terreno della fisica sperimentale, e in ciò risiede la loro forza. Sono radicali. D'ora in avanti lo spazio singolarmente inteso, ed il tempo singolarmente inteso, sono destinati a svanire in nient'altro che ombre, e solo una connessione dei due potrà preservare una realtà indipendente.»

         Purtroppo, a soli 44 anni, Minkowski morì improvvisamente per appendicite, il 12 gennaio del 1909. Un asteroide, il n.12493, fu battezzato in suo onore asteroide Minkowski.

(Grazie a Wikipedia, da cui ho attinto, qui e qui).


Nessun commento:

Posta un commento