martedì 21 gennaio 2020

Alla scoperta di ... virtù perdute: Prudenza e Temperanza

Prudenza : Giovanni Balduccio
(Arca di san Pietro, Cappella Portinari - Milano
          Conosciamo tutti i nomi del poker delle quattro  virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza.
         Che senso ha ripensarle oggi? 

Mercoledì 22 gennaio, dalle ore 18 alle 19.15, nella Casa dell'Equità e della Bellezza, a Palermo, in via Garzilli, n.43/A, abbiamo avuto l'opportunità di riflettere insieme su Prudenza e Temperanza, virtù oggi poco conosciute, spesso fraintese e, magari per questo, "snobbate".




Con l’ausilio del testo:
Bodei, Giorello, Marzano, Veca Le virtù cardinali ((Laterza, Bari, 2017, €9)

Chi di noi non conosce il poker delle quattro cosiddette virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza?

“Nel linguaggio comune la prudenza tende oggi a essere confusa con la cautela o la moderazione, ossia con una virtù modesta e quasi senile, carica di paure o incertezze.
Per millenni essa è stata invece considerata come la forma più alta di saggezza pratica, quale capacità di prendere le migliori decisioni in situazioni concrete, applicando criteri generali a casi particolari”

La prudenza (in latino prudentia) dispone la ragione pratica a discernere, in ogni circostanza, il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per attuarlo. Di origine latina appunto, la parola sembra connessa al verbo vedere, mentre il prefisso pru (contrazione da pro) indica ciò che è posto davanti nello spazio o prima nel tempo. Essere prudenti significa potenziare le proprie capacità visive per progettare e pianificare una scelta, cogliendone prima tutte le implicazioni future. Significa soppesare i pro e i contro, valutare rischi e implicazioni.

Si tratta dunque della virtù deliberativa per eccellenza, che pone chi la pratica in condizione non solo di discernere il bene dal male, ma anche di prepararsi per il futuro a partire da un presente che ha fatto tesoro degli insegnamenti del passato. Essa è quindi un potente antidoto alla precipitazione nell’agire, al fanatismo e all’odio”

     La prudenza, a causa dello slittamento semantico subìto, è adesso comunemente connessa in modo riduttivo con l’idea di cautela e circospezione ed è spesso collegata con una valutazione dei rischi in termini di salute e/o di egoistico tornaconto personale. In realtà la prudenza potrebbe essere identificata con la saggezza, la perspicacia nel giudicare la migliore soluzione e la scelta più adatta.

Concretamente la prudenza consiste nel discernimento, cioè nella capacità di distinguere il vero dal falso e il bene dal male, smascherando - attraverso questa stessa virtù - le false verità (a volte difficilmente identificabili) approfondendo ciò che si vede. L'uomo prudente allora non è tanto l'indeciso, il cauto, il titubante, ma al contrario è uno che sa decidere con sano realismo, non si fa trascinare dai facili entusiasmi, non tentenna e non ha paura di osare.
Allora – e non è un paradosso – il profeta è sommamente prudente: vede avanti, vede l’intero e indica la strada migliore.
Per Platone e Aristotele la prudenza (in greco Phronesis) è il pieno possesso della facoltà di pensiero, della saggezza e del senso della misura. Questa virtù è il requisito necessario di chi vuole fare politica e governare la polis, la città. Anche per Aristotele la prudenza, virtù di confine tra le virtù intellettuali e quelle etiche, ha come orizzonte il bene comune e si assume la responsabilità delle proprie azioni.

Con Tommaso d’Aquino, la Prudenza è nota come Auriga virtutum, in quanto guida, dirige e connette le altre virtù cardinali secondo equilibrio, misura e scopo. La prudenza ha il potere di deliberare in condizioni drammatiche. Certo non possiede la battagliera bellezza della Fortitudo, ma assomiglia piuttosto alla ponderazione equanime della Giustizia e ricorda la Temperanza."


La temperanza (in greco σωφροσύνη, in lat. temperantia) è la virtù della pratica della moderazione. Nel mondo ellenico era intesa con il termine mediocritas che stava a indicare il giusto mezzo, senso che è andato perso, ha cambiato di significato assumendo una connotazione negativa nel termine italiano ‘mediocrità’. Per Aristotele è il giusto mezzo tra intemperanza e insensibilità e viene elencata assieme a coraggio, liberalità, magnanimità, mansuetudine e giustizia.
Per il Buddhismo la temperanza è uno dei cinque precetti dettati dallo stesso Buddha, ma non ha la funzione di mortificazione, quanto quella di addestramento alla disciplina e quella di favorire l'apertura mentale con lo scartare tutto il superfluo. Nel mondo cristiano essa fu indicata per la prima volta come virtù cardinale assieme a prudenza, giustizia e fortezza da Tommaso d'Aquino (da Wikipedia).

Oggi la parola “temperanza” è quasi estranea dal vocabolario quotidiano: è fuori moda e sicuramente controcorrente, forse perché allude a una forma di riduzione e di controllo, cioè ad un’etica del limite. La temperanza è inoltre strettamente legata al “dominio di sé”, all’autocontrollo, alla padronanza dei desideri e al senso della misura: è la virtù del nostro divenire armonici e della capacità di modulare le nostre passioni. Secondo san Tommaso, è indispensabile per fronteggiare le necessità del presente e per potersi concedere, talvolta, persino l’eccesso, senza però rimanervi soggiogati. La temperanza comunque ha poco a che fare con l’inibizione, al contrario è forza, è misura che rende armonica la vita; è attuazione dell’ordine, dell’equilibrio all’interno dell’uomo.
Infatti, elemento distintivo della temperanza, rispetto alle altre virtù cardinali, è il suo rapporto esclusivo col soggetto stesso: infatti mentre la prudenza guarda alla realtà concreta di tutti gli esseri e giustizia e fortezza regolano i rapporti con gli altri, la temperanza riguarda l’individuo stesso che la pratica. Inoltre la virtù della temperanza, nella sua funzione più profonda, è quella di essere il nodo d’oro che tiene insieme sesso-eros-amore, impedendo che la trilogia s’infranga, lasciando spazio a una sessualità incontrollata oppure, al contrario, a una puritana spiritualità disincarnata.

“La temperanza allora è da intendersi non tanto come continenza, autocontrollo della volontà sulle passioni e i desideri, quanto come accordo dell’anima con se stessa. In tale armonizzazione si raggiunge l’equilibrio degli opposti: il significato di temperanza è, infatti, legato a quello di temperatura, di tempo atmosferico, quale compenetrazione di secco e di umido, di caldo e di freddo o, per analogia, all’idea di Bach di “clavicembalo ben temperato”, che nella tastiera identifica il diesis di una nota con il bemolle della successiva”
La temperanza, che ci serve per arginare il flusso incontrollato degli istinti e delle passioni, assume oggi una valenza e un significato particolare in campo economico: ci invita alla sobrietà come stile di vita. Ecco cosa scrive Serge Latouche, teorico della decrescita felice: “Bisogna operare una decolonizzazione dell’immaginario (…) all’interno della biosfera, in cui il principio termodinamico dell’entropia ci mostra come le trasformazioni dell’energia non sono totalmente reversibili, si va verso un depauperamento inesorabile delle risorse. La società dei consumi  (…) si regge su pubblicità (…) e obsolescenza programmata delle merci. Siamo ormai tossidipendenti della crescita.”
Ecco che Latouche, in Sopravvivere allo sviluppo, ci invita a costruire una società più sobria, adottando 8 R: 
Rivalutare (prendere a fondamento valori quali: altruismo su egoismo, collaborazione su competizione, tempo libero su ossessione al consumo), Ristrutturare, Ridistribuire, Ridurre, Riutilizzare, Rilocalizzare, Riparare, Riciclare
(tratto da Educare alla temperanza in tempo di crisi, Rivista “Cem/Mondialità”, 02/2013)

“La prudenza
È non dimenticare mai
Di essere una creatura,
che non possiede la verità
ma deve cercarla.
La prudenza è sapere
Che ogni apparenza
Può essere specchio
Per le allodole.
E’ la capacità
Di guardare dentro,
al di là, oltre il look.
La prudenza
È non lasciarsi condurre,
come il cavallo o il mulo,
dal bastone o dalla carota,
ma dall’intelligenza.”              
                                                           (Don Tonino Lasconi)

Maria D’Asaro

2 commenti:

  1. Ovviamente data la distanza non potrò esserci ma spero ce ne farai un resoconto in un post.

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  2. @Daniele: prometto resoconto al più presto. Buona giornata.

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