Palermo – La riedizione del saggio L’utilità dell’inutile (La nave di Teseo, Milano, 2023) scritto da Nuccio Ordine già nel 2013 e ripubblicato nell’ottobre 2023, pochi mesi dopo la morte improvvisa dell’autore, si può considerare una sorta di suo testamento spirituale.
Nel testo, infatti, il professore Ordine (che è stato docente ordinario di Letteratura italiana nell’Università della Calabria) nega con forza che sia utile alla società solo ciò che produce profitto: “Esistono saperi fine a sé stessi che – proprio per la loro natura gratuita e disinteressata, lontana da ogni vincolo pratico e commerciale – possono avere un ruolo fondamentale nella coltivazione dello spirito e nella crescita civile e culturale dell’umanità. All’interno di questo contesto, considero utile tutto ciò che ci aiuta a diventare migliori”.
E scrive nell’introduzione: “L’utilità dei saperi inutili si contrappone radicalmente all’utilità dominante che, in nome di un esclusivo interesse economico, sta progressivamente uccidendo la memoria del passato, le discipline umanistiche, le lingue classiche, l’istruzione, la libera ricerca, la fantasia, l’arte, il pensiero critico e l’orizzonte civile che dovrebbe ispirare ogni attività umana. Nell’universo dell’utilitarismo, infatti, un martello vale più di una sinfonia, un coltello più di una poesia, una chiave inglese più di un quadro: perché è facile capire l’efficacia di un utensile mentre è sempre più difficile comprendere a cosa possano servire la musica, la letteratura o l’arte”.
Ancora: “Certo non è facile capire, nel nostro mondo dominato dall’homo oeconomicus, l’utilità dell’inutile e, soprattutto, l’inutilità dell’utile (quanti beni di consumo non necessari ci vengono venduti come indispensabili?). Fa male vedere gli esseri umani, ignari della crescente desertificazione che soffoca lo spirito, consacrati esclusivamente ad accumulare soldi e potere. (…) Fa male vedere uomini e donne impegnati in una folle corsa verso la terra promessa del guadagno, dove tutto ciò che li circonda – la natura, gli oggetti, gli altri esseri umani – non suscita alcun interesse”.
Il saggio, di gradevole lettura e adatto a ogni genere di pubblico, è suddiviso in tre parti: la prima si occupa dell’utile inutilità della letteratura e cita vari testi e autori a proposito; la seconda è dedicata agli effetti disastrosi prodotti dalla logica del profitto nel campo dell’insegnamento, della ricerca e delle attività culturali in generale; nella terza parte, infine vengono riletti alcuni classici che hanno mostrato “la carica illusoria del possedere e i suoi effetti devastanti sulla ‘dignitas hominis’, sull’amore e sulla verità”.
Nella prima parte, Nuccio Ordine ci ricorda innanzitutto una verità fondamentale: “La letteratura e i saperi umanistici, la cultura e l’istruzione costituiscono il liquido amniotico ideale in cui le idee di democrazia, di libertà, di giustizia, di laicità, di uguaglianza, di diritto alla critica, di tolleranza, di solidarietà, di bene comune possono trovare un vigoroso sviluppo”.
Seguono quindi passi di illustri pensatori e letterati: Aristotele, che nella Metafisica afferma che «gli uomini perseguono la scienza col puro scopo di sapere e non per qualche bisogno pratico»; poi Dante, Tommaso Moro, Montaigne, il Mercante di Venezia di Shakespeare, Cervantes con il suo pazzo don Chisciotte…
E Leopardi, che, tra il 1831 e il 1832, aveva progettato un giornale settimanale che voleva dichiaratamente essere inutile: “Attraverso la sua filosofia dell’inutile, Leopardi non vuole difendere solo la sopravvivenza del pensiero, ma vuole anche rivendicare l’importanza della vita, della letteratura, dell’amore, degli inganni della poesia, di tutte quelle cose considerate superflue”.
Nuccio Ordine cita poi un passo della conversazione, avvenuta nel 1963, tra lo psichiatra svizzero-tedesco Medard Boss e il filosofo Martin Heidegger che afferma: «Il massimamente utile è l’inutile. Ma esperire l’inutile, questo è per l’uomo odierno la cosa più difficile. Qui ‘l’utile’ è inteso come ciò che è impiegabile praticamente e immediatamente per scopi tecnici». Invece, sottolinea Heidegger: «Si deve vedere l’utile nel senso del salvifico [Heilsamen], vale a dire, in quanto ciò che fa rinvenire l’uomo a sé stesso».
Nella parte centrale del testo, il professore Ordine, da ‘addetto ai lavori’, evidenzia le conseguenze catastrofiche prodotte dalla logica del profitto nel campo della scuola e dell’insegnamento e afferma che le scuole e le università non possono essere gestite come aziende, perché lo studio e la ricerca sono innanzitutto acquisizione di conoscenze che ci rendono più umani e più autonomi.
L’autore sottolinea che, purtroppo, in alcune facoltà sono a rischio discipline come la filologia e la paleografia: “Questo significa che bisognerà chiudere biblioteche e musei e rinunciare perfino a scavi archeologici e alla ricostruzione di testi e documenti.” “Così la dea Mnemosyne, madre di tutte le arti e di tutti i saperi nella mitologia greco-romana, sarà costretta, per sempre, a lasciare la Terra. E con lei, purtroppo, scomparirà tra gli esseri umani ogni desiderio di interrogare il passato per comprendere il presente e immaginare il futuro. Avremo un’umanità smemorata che perderà completamente il senso della propria identità e della propria storia”.
Il libro si chiude poi con un saggio di Abraham Flexner: nel 1937 lo scienziato e pedagogo statunitense racconta alcune scoperte scientifiche, evidenziando come siano state proprio le ricerche più curiose e prive di scopi pratici a favorire invece importanti applicazioni pratiche in campi, ad esempio, come le telecomunicazioni e l’elettricità: “Flexner ci mostra egregiamente che la scienza ha molto da insegnarci sull’utilità dell’inutile. E che, assieme agli umanisti, anche gli scienziati hanno giocato e giocano un ruolo importantissimo nella battaglia contro la dittatura del profitto.”
Vale davvero la pena meditare su questo saggio che ci ricorda che solo il sapere disinteressato e gratuito può sfidare le aride, e spesso funeste, leggi del mercato.
Infine, il professore Ordine ci consegna queste parole: “Se lasceremo morire il gratuito, se rinunceremo alla forza generatrice dell’inutile, se ascolteremo unicamente il mortifero canto delle sirene che ci spinge a rincorrere il guadagno, saremo solo in grado di produrre una collettività malata e smemorata che, smarrita, finirà per perdere il senso di se stessa e della vita. E allora, quando la desertificazione dello spirito ci avrà ormai inariditi, sarà veramente difficile immaginare che l’insipiente homo sapiens potrà avere ancora un ruolo nel rendere più umana l’umanità…”
Maria D'Asaro, 21 settembre 2025, il Punto Quotidiano



Grazie per i consigli di lettura.
RispondiElimina@Cavaliere: grazie a te per l'attenzione.
RispondiElimina