domenica 14 settembre 2025

Simenon e il fascino discreto del suo commissario Maigret

      Palermo – La sottoscritta ha quasi sempre per le mani un saggio o comunque un testo ‘impegnato’. Ma in estate ha un po’ trascurato questo tipo di lettura e ha ceduto a una sorta di ‘droga’ letteraria: infatti da un paio di mesi ha ripreso a leggere compulsivamente i romanzi di George Simenon. Confessa di aver divorato a luglio e agosto almeno una decina di gialli del prolifico autore di origine belga. E non riesce ancora a smettere…
      Nella postfazione di Maigret e il signor Charles, scriveva parecchi decenni fa un ispirato Alberto Savinio (fratello di Giorgio de Chirico): “Mancava finora alla Francia un romanzo poliziesco nazionale. Questa lacuna è stata felicemente colmata da Georges Simenon. Questi non somiglia all’autore solito di romanzi polizieschi. Il suo stile non è quello asmatico, stenografico e deplorevolmente asintattico che distingue questa forma di narrazione. Redattore di romanzi mensili e popolari, Georges Simenon, sotto sotto, è un Dostoevskij minore”.
E ancora: “Come la luna che si rinnova di mese in mese, George Simenon pubblica un nuovo romanzo ogni trenta giorni. E non si creda che siano libercoli scribacchiati alla svelta. No: sono trecento pagine tirate a pulimento, trame intricatissime e risolte con maestria, figure e caratteri disegnati con evidenza e precisione, documentazione impeccabile di città e paesi, e, di tanto in tanto, un tono, un accento che denotano lo scrittore di razza”.
Ecco, la scrivente non avrebbe saputo esprimere meglio quanto ha scritto molto tempo fa  Savinio, pittore, compositore musicale e scrittore. 
      Simenon, ne Il porto delle nebbie, con la sua narrazione semplice e potente, ci catapulta ad esempio nella cittadina francese di Ouistreham, porto della Normandia, dove “l’atmosfera non si può definire sinistra, è un’altra cosa, una vaga inquietudine, un’angoscia, un’oppressione, la sensazione di un mondo sconosciuto al quale si è estranei…”.  Quell’atmosfera cupa e nebbiosa ci cattura e ci tiene col fiato sospeso sino all’ultimo rigo, presi come siamo dall’intricata vicenda del capitano Joris.
     Come ci coinvolge la vicenda complicata de Il corpo senza testa, dove Maigret, verso una certa signora Calas, prova uno strano sentimento: “Non era irritazione che il commissario provava per la donna, ma curiosità come da tempo nessun essere umano gli aveva suscitato. 
Bisogna sapere che quando Maigret era giovane aveva sognato una professione che, purtroppo, non esisteva nella realtà. Non l’aveva mai confessato a nessuno e non aveva mai pronunciato quelle quattro parole ad alta voce, nemmeno quand’era solo: nella vita avrebbe voluto fare ‘l’aggiustatore di destini’. Cosa strana, nella sua carriera di poliziotto, gli era poi capitato abbastanza spesso di rimettere al posto giusto alcune persone che i casi della vita avevano portato su strade sbagliate.”
    Ebbene sì, la scrivente è a suo modo innamorata del commissario Maigret: del suo fare pensoso e sornione, del rapporto paterno con i suoi sottoposti, Janvier, Lemaire, il giovane Lapointe… 
E ancora dei bicchierini di calvados, pernod, armagnac e dei liquorini che il poliziotto si concede nelle sue lunghe giornate di lavoro, riuscendo comunque, non si sa come, a rimanere lucido e padrone di sé; delle continue tirate di fumo a una delle sue tante pipe; dell’atmosfera che regna alla Brasserie Dauphine mentre, nel corso di un’inchiesta, consuma un pasto veloce annaffiato dalla birra…
Nel ritorno di fiamma per i gialli di Simenon, non è forse estraneo il ricordo del Maigret televisivo impersonato magistralmente da Gino Cervi. 
   E che dire poi del rapporto tenero e speciale con la signora Maigret, impersonata in Tv da una magnifica Andreina Pagnani? Certo, una donna fuori dal tempo, che gli apre premurosamente la porta quando gli sente salire gli scalini che portano al loro appartamento in Boulevard Richard-Lenoir, uno dei tanti viali alberati di Parigi… contenta di vivere devotamente per lui, preparandogli i manicaretti di cui è ghiotto.
    Del commissario, Alberto Savinio scriveva ancora: “Quanto al commissario Maigret… esso è un borghese grasso e bonario, una specie di papà senza figli, un moralista pagnottone, che fuma tabacco popolare, porta le scarpe con l’elastico, si sente a disagio negli ambienti di lusso, si porta dietro un paracqua, odia il cosmopolitismo, compie il suo lavoro di ricerca più per dovere di funzionario che per diletto di investigatore e se affretta la conclusione dell’inchiesta lo fa soprattutto perché la cucina dei ‘palaces’ non gli conviene affatto, e gli preme di tornare ai piatti casalinghi  che gli prepara la moglie.”
      Ecco allora che entrare nell’universo della fantasia letteraria, dove un commissario è sempre capace di sbrogliare la matassa di un delitto e trovare l’assassino, per poi rientrare a casa dalla moglie amata e condurla sottobraccio al cinema… è davvero una dimensione rassicurante che, per qualche istante, ci distrae e ci consola.

Maria D'Asaro, 14 settembre 2025, il Punto Quotidiano

George Simenon

Andreina Pagnani e Gino Cervi: Signora Maigret e Commissario Maigret

Boulevard Richard-Lenoir

La Senna


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