giovedì 10 maggio 2012

I ragazzi PON PON


 
Nella scuola dell’obbligo circolano pochissimi soldi. Tant’è che ogni tanto si parla di acquisire sponsor privati, con tutti i rischi di interferenza che questo può comportare. Attualmente, un modo per raggranellare un finanziamento è l’accesso, con un buon progetto, ai Fondi strutturali europei. Nella scuola dove lavoro, tra i vari progetti finanziati dall’Unione Europea ci sono stati quello dell’orto a scuola, con un’agronoma che ci ha insegnato a coltivare grano e fave; quello di informatica che ha permesso ai ragazzini privi di pc di colmare il “digital divide” con i loro coetanei più fortunati; quello che ha permesso ad alcuni ragazzi di imparare meglio l’inglese grazie a un insegnante di madrelingua. Per diversi anni, abbiamo poi realizzato un laboratorio di “comunicazione sonora”: che consisteva nel fare sperimentare a un gruppo di alunni la funzione quasi terapeutica della musica attraverso il contatto con gli strumenti musicali. Gli strumenti venivano “liberamente” esplorati, magari stando accovacciati su un tappeto. Così si poteva scoprire il suono graffiante di un violino, l’allegria delle nacchere, l’evocazione dell’acqua tramite il bastone della pioggia, il ritmo coinvolgente degli strumenti a percussione. Allora non importava più se eri svogliato o bravo, maschio o femmina, grassottello o minuto, portatore di handicap o meno … Nello spazio magico del laboratorio, presi per mano da Patrizia o da Carla, le “esperte” di turno, i ragazzini liberavano sentimenti inespressi, erano capaci di dare la mano al compagno “diverso”, vibravano sulle corde di nuove emozioni.
Mi è capitato di essere l’insegnante/tutor di un “Caleidoscopio sonoro” e di seguire il  percorso di un gruppo di ragazzini di prima media. Tra loro, un alunno “diverso” che voleva sempre abbracciarmi; una ragazzina che spesso piangeva perché si sentiva emarginata; un’alunna che mi stava sempre accanto e mi ripeteva: - Professoressa: va bene il mio disegno, le piace questa mia storia? – ; due sorelline, il cui padre, anni prima, era morto d’infarto, mentre pranzavano insieme.
Dopo il contatto con gli strumenti, i ragazzini esprimevano le sensazioni che avevano provato attraverso racconti, disegni, linee e colori. Io favorivo lo sciogliersi e il dipanarsi delle emozioni. – Racconta la storia di nuvola …. – Immagina di essere un animale…. – Che cosa provi quando senti il rumore dell’acqua? – Una volta proposi loro di “disegnare” un sogno. Parola equivoca: intesa da alcuni come qualcosa che avevano sognato di notte. Da altri come un desiderio. Una ragazzina disegnò un principe azzurro. Un alunno  il cagnolino che avrebbe voluto avere con sé. Una fanciullina una casa che stava bruciando. Una bambina un uomo con le ali. Proposi anche di narrarlo a voce, il loro sogno. Venne il turno di Simonetta. Con la voce spezzata ci disse che l’uomo con le ali era il papà. Che lei, una notte, l’aveva sognato. Che ritornava dall’aldilà e che l’aveva abbracciata. Ci confidò che lei era sempre sospesa. Tra la voglia di vivere e la voglia di andarsene, per riabbracciarlo. Quel giorno, alla fine del laboratorio, disposti in cerchio, abbiamo stretto più forte la mano di Simonetta. Da allora, i suoi occhi furono un poco più chiari. Ogni volta che la incontravo, in classe o nei corridoi, guadagnavo il suo abbraccio. Il macigno che aveva nel petto si era un po’ sciolto, nel gesto salvifico delle mani riunite.

6 commenti:

  1. Un docente dotato di sensibiità e umanità può fare molto per ragazzini che hanno subito dei traumi e stanno anche attraversando il periodo difficile della pre adolescenza.

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  2. Marcello da qualche parte dell'universo, sarebbe contento di sentire
    le tue valutazioni positive sulla comunicazione sonora.Questa esperienza è una buona pratica didattica- formativa indispensabile
    in ogni scuola degna di questo nome(finanziamento pon o non pon)Un
    abbraccio alla brava Maruzza

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  3. @Anthea: grazie della tua visita e del tuo apprezzamento!
    @mdfex: che prio ritrovarti! Purtroppo Marcello non l'ho conosciuto: se possibile, questo scritto è anche un piccolo tributo al suo splendido operato. A scuola mi manchi immensamente, ma tengo duro. Per non disperdere la tua opera, per i ragazzi, per il quartiere. Ti abbraccio. Ti voglio bene.

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  4. Complimenti per il vostro lavoro:se nella mia esperienza di studentessa la scuola spesso ha fabbricato traumi, mi fa piacere sentire che quando l'insegnamento è affidato a persone sensibili ne può anche lenire molti.

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  5. Che bello... Simonetta aveva bisogno di parlarne, il disegno ha svelato i suoi sentimenti più nascosti, che siete riusciti a far venire alla luce. Una storia da pelle d'oca.

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  6. @curlydevil: mi dispiace per i traumi causati dalla scuola. In effetti, la scuola i traumi dovrebbe lenirli e non produrli... Grazie per il tuo apprezzamento.
    @Vele Ivy: ciao, Vele! Grazie del tuo apprezzamento. Verrò a respirare un pò di aria colorata nel tuo blog!

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