domenica 26 aprile 2020

E con nonno Cosimo la Storia entra in classe ...


             Palermo – Correva l’anno 2017. Allora il coronavirus non c’era e, dall’asilo alle superiori, ogni mattina tutti i ragazzi andavano a scuola.
        Tra loro, i ventidue alunni di una classe vispa e gagliarda: la terza N di una scuola media palermitana. Si era già a marzo e i ragazzi sapevano tutto dell’ascesa del fascismo in Italia, della presa del potere di Hitler in Germania e della sua politica aggressiva. Insomma, lo studio della seconda guerra mondiale era alle porte.            Alla loro insegnante venne un’idea: “C’è qualche nonno, zio, nonna che ha vissuto durante la seconda guerra mondiale e verrebbe a raccontarci la sua esperienza?”. Dopo qualche istante di silenzio, Elide alzò la mano e: “Prof., posso chiedere a mio nonno: a me ha raccontato già un po' di cose …” 
        Qualche giorno dopo, in cattedra c’era nonno Cosimo, accompagnato dalla moglie Grazia. Così, Gaia, Giovanni, Laura, Elide, Domenico, Mirko, Claudia e gli altri compagni hanno assistito alla più avvincente lezione della loro vita scolastica.
Nonno Cosimo è stato capace infatti di far sentire il respiro della Storia partendo dalla Catania degli anni ’30, dove era nato il 21 febbraio del 1935, in una famiglia felice, da Stella Agatina Grasso e da Alfio Costa.
      Papà Alfio era un uomo dal carattere allegro, capace di suonare fisarmonica e mandolino, ed era impiegato presso la Società Catanese di Elettricità - la più grande delle imprese elettriche siciliane del tempo - come addetto alla guida e alla riparazione di autocarri. 
        C’era però un problema: papà aborriva la violenza del regime fascista e non aveva preso la tessera del partito. E pagò a caro prezzo purtroppo la sua scelta coraggiosa: fu licenziato. Dopo aver cercato con ogni mezzo un altro lavoro, fu costretto dal partito fascista ad andare addirittura in Eritrea, in Africa Orientale, dove fu assegnato alla guida di autocarri per trasporti fra Asmara e Massaua, con uno stipendio che gli consentiva di mandare qualche risparmio alla famiglia. 
       Ma in Africa papà Alfio si ammalò ripetutamente di quella che era chiamata “febbre tropicale”. Si trattava in realtà di una “pleurite secca” consistente nella progressiva riduzione del liquido tra la pleura e i polmoni, a causa delle repentine variazioni climatiche. Nonostante la sua grinta e la sua voglia di vivere, morì in Africa il 24 ottobre 1939.
         Mamma Agatina si trovò sola, senza alcun sussidio, a dovere sfamare cinque figli: Titina, Maria, Santo, Cosimo e la piccola Concetta. Ebbe una forza straordinaria nell’adattarsi a fare la lavandaia, la stiratrice e persino a lavorare in una fabbrica di conserve, mescolando per ore, con un cucchiaio di legno alto più di due metri, la passata di pomodoro bollente. 
          I due figli maschi intanto, Santo e Cosimo - nel 1940, rispettivamente di 10 e 5 anni – furono collocati in due diverse colonie fasciste, in paesini dell’entroterra catanese. Ecco, dal racconto di nonno Cosimo, qualche particolare di quell’esperienza: “Le colonie erano state create apparentemente per soccorrere le famiglie più bisognose, ma, nei fatti, servivano ad allevare una classe di futuri soldati prelevati dalle famiglie più povere da mandare al macello in tutte le guerre che il regime prevedeva di scatenare, inculcando loro sin da piccoli tre parole: “Credere, Obbedire e Combattere” ed altri slogan subliminali come “Voi siete l'aurora della vita, voi siete la speranza della Patria, voi siete soprattutto l'esercito di domani”, oppure ancora: “Libro e moschetto, fascista perfetto”. 
      Allora: “Dal 1940 al 1943, dai cinque agli otto anni, fui sottoposto, assieme ai miei sventurati coetanei, ad una rigorosa educazione fascista. Ogni mattina, dopo la colazione, tutti i bambini in divisa di “Figli della Lupa” dovevano assistere impalati alla cerimonia dell’alzabandiera. Poi si andava in classe.” In colonia, la solitudine affettiva di Cosimo fu alleviata dall’amicizia calda e tenace con un bambino coetaneo, Egidio Pirrotta, che purtroppo non riuscì più a ritrovare alla fine di quell’esperienza.
         Perché dalla colonia, nonno Cosimo, allora bambino di 8 anni, scappò con Egidio, dopo uno spaventoso bombardamento nell’estate 1943. Dopo aver percorso a piedi i paesi di Zafferana Etnea, Trecastagni, Viagrande, San Giovanni La Punta, Sant’Agata Li Battiati, ed essere passato accanto a voragini scavate dalle bombe, cadaveri di civili e di militari in divisa, si ritrovò infine a Catania.
             Dove ritrovò la sua famiglia e cominciò a lavorare, a soli nove anni, come apprendista sarto e poi come tagliatore di blocchi di ghiaccio in un’enoteca e garzone presso un fruttivendolo.
    Intanto, tredici giorni prima dell’atroce eccidio delle Fosse ardeatine, l’11 marzo 1944 nasceva a Roma, in un’aula scolastica, nonna Grazia, perché suo padre – il maresciallo dei Vigili del Fuoco Federico Blanda – era stato comandato a trasferirsi lì durante la guerra. 
             Questa la breve sintesi del racconto ben più ricco di particolari, intenso, emozionante e toccante che il professor Cosimo Costa – laureatosi poi in matematica a pieni voti e divenuto Coordinatore capo del centro di Calcolo dell’ENEL di Palermo - ha regalato agli alunni della III N, interessati, sorpresi e commossi dalla sua testimonianza. 
Alunni che hanno avuto un’opportunità rara: quella di sperimentare che la Storia non è la pagina noiosa e asettica di un libro: non è una data da imparare a memoria o un fatterello da ripetere senza comprenderne cause ed effetti.  La Storia, nel bene o nel male, nasce dalle idee, dai progetti di un partito politico, dal risultato di una consultazione elettorale, da una legge, giusta o sommamente ingiusta, di un governo. La Storia la facciamo tutti, con le nostre scelte e le nostre azioni. La Storia allora è vita, passione, impegno, lotta, sconfitte, gioie e dolori. La Storia siamo noi, insomma.   

Un grazie speciale a nonno Cosimo per avercelo così efficacemente ricordato.

Maria D’Asaro, 26.04.2020, il Punto Quotidiano



3 commenti:

  1. sempre e per sempre, viva la resistenza !

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  2. @Stefanover: benvenuto! Resistenti sempre.

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  3. Che racconto meraviglioso, Maria. Per molti aspetti simile a quello dei miei nonni, con cui sono cresciuta. Il mio bisnonno fu licenziato dalle ferrovie proprio perché rifiutò la tessera fascista e si ritrovò a condurre una vita umilissima, da contadino, ma sempre enormemente dignitosa. I miei nonni materni (anagraficamente più grandi di quelli paterni, che erano bambini durante la guerra), vissero dal quaranta al quarantacinque storie di fronte a cui quelle dei film impallidiscono. Mia nonna, fuggita dai bombardamenti in Calabria, si ritrovò suo malgrado sulla linea gotica. I racconti di quei giorni erano terribili ma anche estremamente appassionanti. Mio nonno, soldato "disertore" dopo l'8 settembre, fuggì rocambolescamente a un rastrellamento nazista a Venezia, che lo avrebbe portato in chissà quale lager. Quando ci penso mi sembra impossibile, eppure quei due vecchietti hanno fatto, nel loro piccolo, la Storia. I loro racconti mi mancano molto.

    Veronica di Sguardi Notturni

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