martedì 19 novembre 2024

I sommersi e i salvati

V. Kandiskij: Vita colorata (1907)
   Una dei più grandi abbagli di oggi è la mancata percezione dell’enorme diseguaglianza tra le classi sociali: l’idea - forse incoraggiata dai profili Facebook e Instagram, dove si appare belli e patinati - che si sia ridotta la differenza (economica, culturale) tra le persone.
   Se usciamo dai social ed entriamo nella vita reale, ci rendiamo conto di come l’ideologia nascosta (e imperante) del liberismo economico abbia invece fatto aumentare in modo esponenziale le differenze. 
   Dove le diverse collocazioni sociali saltano immediatamente alla vista è nel grande piazzale antistante un istituto penitenziario. Lì riconosci subito i parenti delle persone detenute, con vestiti assai approssimati, che avanzano spesso in gruppo magari per farsi coraggio, con i parenti anziani dai denti mancanti o rovinati e le scarpe logore. Si riconoscono poi i volontari e soprattutto gli avvocati, che procedono disinvolti e sicuri, con il loro inappuntabile look. 
       I sommersi e i salvati, ancora una volta.

domenica 17 novembre 2024

Alluvione a Valencia: in aiuto anche volontari siciliani

        Palermo – Purtroppo in qualche parte del pianeta accade quasi ogni giorno una disgrazia, piccola o grande che sia. La ricaduta e la percezione che ciascuno ne ha dipende soprattutto dal grado di prossimità (fisica, affettiva, di interesse economico) con l’evento luttuoso stesso. 
      Chi scrive si era recata in Spagna, a Valencia a fine settembre del 2023 (qui il suo articolo): aveva avuto conosciuto una città attraente, ospitale e godibile sotto ogni punto di vista. 
     Ecco perché la scrivente è stata particolarmente colpita dall’alluvione che, tra il 29 e il 30 ottobre scorso, ha flagellato la zona sud-orientale della città e tanti comuni vicini, provocando danni ingenti alle abitazioni, alle attività commerciali, alla viabilità e alle infrastrutture. E che, soprattutto, ha causato la morte di centinaia di persone: un recente comunicato ufficiale del ministro dei trasporti spagnolo Oscar Puente parla di 223 vittime accertate (di cui 48 non ancora identificate), mentre 78 persone risultano ancora disperse. 
       Qualche giorno fa, migliaia di persone sono scese in piazza a Valencia, chiedendo le dimissioni del presidente della Comunità, Carlos Mazon, per il modo in cui ha gestito l'emergenza e per la sottovalutazione dell’evento meteorologico, la cui gravità è stata sicuramente accentuata dalle conseguenze del cambiamento climatico dovuto al riscaldamento del pianeta.
       A ridosso della tragedia, tra le poche immagini consolanti c’è stata quella delle fila lunghissime di volontari accorsi da tutta la Spagna per spalare nel fango e dare aiuto a chi aveva perso tutto. Tra gli ‘angeli soccorritori’, così sono stati chiamati i volontari, ci sono stati anche (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 17.11.24 il Punto Quotidiano

venerdì 15 novembre 2024

GPA e non solo: il pensiero forte di una femminista

J.Sorolla: dopo il bagno 
       (continua da qui): “Se io scelgo di vendere il mio corpo o di permetterne l’uso per una gestazione confermo, qualunque sia la motivazione personale, l’imposizione patriarcale che ha fatto del corpo femminile uno strumento di servizio funzionale alla riproduzione e un oggetto del piacere sessuale degli uomini. 
  È fondamentale riconsiderare storicamente l’esperienza delle donne per riappropriarsi della nostra storia e portarla fuori dall’economia di miseria e di svalutazione in cui è stata posta dal pensiero maschile.
      La rilettura della formidabile attività di cura che le donne hanno svolto, l’opera femminile di civiltà, (…) mi ha convinta ancora di più dei danni che produce una convivenza fondata sulla neutralizzazione della differenza e sulla pervasività di un mercato sempre più onnivoro. Tra le acquisizioni essenziali della mia storia di comunista e femminista ci sono state, quindi, la necessità di porre limiti e controlli al mercato e la consapevolezza dell’importanza della libertà, ma anche della sua complessità in un’epoca in cui predomina l’individualismo egoistico, sempre più sfrenato, in cui l’io esclude il noi.
     Tuttavia da alcuni anni sembra che parte della sinistra e del femminismo vadano in direzione opposta, appoggiando posizioni come la teoria dell’identità di genere, la GPA, il sex work, sostenute dal movimento LGBT+, da Non Una Di Meno e dal transfemminismo, che inneggiano a una libertà individuale incondizionata, svincolata da tutto e che introducono novità molto attraenti per l’avidità insaziabile di un mercato in cerca di nuovi spazi e di nuova merce.
    L’idea che il corpo sia un oggetto in nostro possesso di cui possiamo fare ciò che vogliamo è la nuova frontiera del neoliberismo. 
    Sono posizioni che si presentano come novità trasgressive, di rottura con il patriarcato e con il sistema capitalistico, che utilizzano con abilità i social, diventando oltremodo seduttive agli occhi delle giovani e dei giovani (…). 
    Inoltre usano la terminologia dell’inclusione e della lotta alle discriminazioni, cara al mondo progressista dei diritti. Si pongono come verità assolute, incontrovertibili, depositarie della modernità e del progresso, anche umanitarie, perché atte a risarcire da millenarie sofferenze e ingiustizie le minoranze.
   Si procede affermando che il sesso viene ‘assegnato’ alla nascita, diventando quindi una costruzione storico-sociale come il genere, di cui ci si può volontariamente e facilmente liberare. Si elimina così il dato di natura in base a cui si nasce di due sessi, maschi e femmine, e si stabilisce un sistema fluido governato dalla volontà e dalla percezione che ha di sé la singola persona. 
   Ci si presenta come innovatori, ma si continua sulla vecchia strada patriarcale della neutralizzazione della differenza sessuale a favore nuovamente dell’uno, della superiorità della mente sul corpo, dell’onnipotenza umana e del dominio sulla natura”.

Daniela Dioguardi: Mercato, libertà e censura del pensiero
 in Vietato a sinistra, 10 interventi femministi su temi scomodi (Castelvecchi, Roma, 2024)

(Un testo che andrebbe letto e meditato, ne pubblicherò la recensione)

mercoledì 13 novembre 2024

Una risata ci salverà...

       “Ridere è una parte fondamentale della nostra vita. I neonati, nei primissimi mesi di vita, hanno due soli modi per comunicare: il pianto e il riso. Nel primo caso, segnalano un bisogno (un dolorino, il pannolino da cambiare, la fame); nel secondo, esprimono semplicemente gioia. La risata è dunque un fenomeno naturale e non necessariamente implica comicità o umorismo. 
     Lo yoga della risata (Hasyayoga) è una forma di yoga che fa uso della risata autoindotta e nasce da un’idea del medico indiano Madan Kataria, che (13 marzo 1995) creò il primo Club della Risata, in un parco pubblico di Mumbay, con un minuscolo gruppo di membri (appena 5). Oggi si contano oltre 6000 club in oltre 120 paesi che fanno di questa forma di yoga un fenomeno di portata mondiale. Kataria ha illustrato in dettaglio questa pratica nel suo libro Ridere senza motivo.
   Il dottor Kataria sostiene un importante messaggio pacifista: “Ridere non conosce confini, non fa distinzioni di razza, credo religioso o colore ed è un linguaggio universale che può unificare il mondo”. Per questo scopo, nel 1998, ha istituzionalizzato la “Giornata Mondiale della Risata” (World Laughter Day), che si celebra ogni anno la prima domenica di maggio durante la quale in tutto il mondo si organizzano eventi di risata a sostegno della pace universale. Lo scopo fondamentale è produrre benessere ridendo, secondo il vecchio proverbio che “ridere fa buon sangue”, senza dimenticare che “ridere è la miglior medicina”. (continua qui: il Punto Quotidiano)

Nicola Savino, 10.11.24, il Punto Quotidiano

(articolo del direttore del giornale con cui collaboro: grazie Nicola!)


lunedì 11 novembre 2024

San Martino, esempio di compassione e cura

       Palermo – San Martino, che si celebra l’11 novembre, giorno del suo funerale nella città francese di Tours nel 397, è uno dei santi più conosciuti dalla Chiesa cattolica, ed è venerato anche dalle chiese copta e ortodossa. In Italia è il santo patrono di 200 tra comuni e frazioni e vi sono oltre 900 chiese a lui dedicate.
     Nel nostro paese, il culto del santo è legato alla cosiddetta estate di san Martino che, prima dell’avvento del cambiamento climatico, si manifestava all'inizio di novembre. Tale ricorrenza dà origine ad alcune tradizioni popolari e gastronomiche: nel comune abruzzese di Scanno, in onore di san Martino si accendono grandi fuochi detti "glorie di san Martino"; a Venezia e provincia l'11 novembre è usanza preparare il dolce di san Martino, un biscotto dolce di pasta frolla con la forma del santo a cavallo con la spada; a Palermo si preparano biscotti dedicati al santo, o ‘sanmartinelli’, a forma di pagnottella rotonda grande quasi come un'arancia e l'aggiunta nell'impasto di semi d'anice o finocchio selvatico, che danno al dolce  sapore e  profumo particolari; a Lecce e provincia, si organizzano pranzi e cene con famiglia e amici e si festeggia  con carne, castagne, ‘pittule’ salentine e vino.
     In molte regioni d'Italia, l'11 novembre è associato alla maturazione del vino nuovo, da cui il proverbio "A san Martino ogni mosto diventa vino": un'occasione di ritrovo e festeggiamenti per brindare stappando il vino appena maturato, accompagnato da castagne o caldarroste. Giosuè Carducci ha immortalato nella poesia “San Martino” il legame tra il vino nuovo e questo periodo autunnale.
Ripercorriamo allora la vita del santo, per capire il perché della diffusione del suo culto in Europa, a partire dal gesto di condivisione del suo mantello. (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 10.11.24, il Punto Quotidiano


sabato 9 novembre 2024

Perchè ha vinto Donald...

   Un' analisi di Guido Viale: su qualche punto sarei meno drastica, ma nel complesso, mi risuona...

"Trump ha stravinto. É chiaro che il problema non è (solo) lui, ma chi lo ha votato, chi la “pensa” come lui, chi non prova ripugnanza per quello che dice, fa ed è. Kamala Harris ha perso. Anche qui il problema non è (solo) lei: inadeguata, tardiva, ipocrita. Ma anche qui, chi si è sentito costretto a votarla senza “pensarla” come lei, o provando ripugnanza (anche) per lei. Per sciogliere la matassa è meglio partire da alcuni dei temi presenti, e soprattutto assenti, da questa campagna elettorale.

La crisi climatica: grande assente dalla campagna, eppure il Paese è stato colpito da due uragani devastanti proprio durante il suo svolgimento. Trump è negazionista: sostiene ed è sostenuto dall’industria dei fossili (anche se il suo principale supporter, o alter ego, è stato il pioniere dell’auto elettrica, della conquista privata dello spazio e del capitalismo di sorveglianza). Abolirà tutto quello che in questo campo ha fatto Biden. Ma le misure promosse da Biden erano una risposta adeguata alla crisi climatica? Davvero si pensa di contenerla con l’auto elettrica (emblema, l’auto privata, di uno stile di vita che fin dal 1992 – Summit di Rio de Janeiro – sappiamo “non negoziabile” per gli Stati Uniti) e con qualche incentivo alle imprese che decarbonizzano? Chi è consapevole della gravità della crisi (molti tra i giovani) li considera dei pannicelli. Chi non lo è li trova costi e disagi inutili. Eppure, di fronte a quegli uragani, nessuno dei due ha fatto proposte né di mitigazione né di adattamento. E cos’altro, se no?

I migranti. Le promesse di Trump le conosciamo bene. Sono analoghe a quelle di Giorgia Meloni: muro e deportazione di massa per lui, blocco navale, caccia agli scafisti in tutto “il globo terracqueo” e rimpatri forzati per lei. Per quanto ciniche e crudeli, queste cose non funzionano, ma piacciono: promettono tranquillità (una propria “zona di interesse”, come quella evocata di recente da un libro e un film) accanto a processi che sconfinano sempre più nello sterminio. Kamala Harris non aveva una proposta sua (ha accennato a “arrestarli tutti”, ma per lo più ha eluso il problema). Ma il muro costruito da Trump, Biden non ha fatto che completarlo. In silenzio. E con la promessa di deportare i nuovi arrivati Trump si è conquistato il favore di molti latinos: l’occasione per gli ultimi di diventare penultimi. Come accade in Italia, anche lì il “problema” viene ingigantito o ridimensionato in funzione della risposta su cui si cerca il consenso degli elettori. Ma davvero si pensa di “risolvere” una questione grande quanto la crisi climatica e ambientale, e destinata a crescere con essa, deportando e rimpatriando? O non è solo un modo per eluderla?
Nascondendo i problemi e le loro dimensioni vincono le false soluzioni. Eppure negli Stati Uniti l’”economia” è cresciuta insieme alla popolazione, grazie agli immigrati. In Europa stentano entrambe, a causa dell’inverno demografico, che non ha altra soluzione che l’accoglienza.

L’economia: salari, occupazione, inflazione. Le cose, dal punto di vista dei numeri cari alla “scienza” economica, non stavano andando male, ma la percezione generale diceva il contrario. Perché? Il fatto è che di fronte alle diseguaglianze in continua crescita la gente si percepisce sempre più impotente, e di questo soffre. “Maga” Make America great again, far tornare grande l’America, magari imponendo a tutto il resto del mondo dei dazi pazzeschi, che poi accresceranno l’inflazione, è una risposta a questa sensazione di impotenza molto più seducente di un aumento del Pil. D’altronde Kamala Harris si è qualificata soprattutto, più che come politica, come raccoglitrice di fondi, esibendo i suoi legami con Wall Street e l’establishment finanziario (e attirandosi l’astio di tutti gli esclusi), mentre Trump, senza muover foglia, si è ritrovato le spalle coperte da tutto o quasi il capitalismo di sorveglianza , il GAFAM.che ovviamente sapeva già da che parte tirava il vento. (nota:L’acronimo GAFAM, spesso usato in una connotazione negativa, indica nel loro assieme le 5 multinazionali occidentali dell’informazione e della comunicazione: Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft)

Guerre. Per molti “americani”, intesi come i cittadini degli Stati Uniti, il resto del mondo quasi non esiste se non per il diritto del loro Paese e del loro esercito di sottometterlo e imporre dei governi “amici”. Per il resto, ora che non combattono più sul campo, quello della guerra è solo un problema economico: si sta spendendo troppo, non per le armi – questo va bene, crea occupazione e ricchezza – ma per darle agli altri. Se le paghino loro! Una cosa che Trump poteva promettere e Harris no. Quanto a Israele, la guerra alla Palestina ha strappato l’elettorato ebraico ai democratici nonostante il loro sostegno armato al genocidio e ha reso furioso nei loro confronti l’elettorato musulmano.

L’aborto. Concentrare su di esso la rivendicazione della libertà delle donne ha significato rinunciare a mettere in campo il ruolo che i temi sollevati dal femminismo, e innanzitutto quello della cura, possono avere nella creazione di relazioni, di comunità, di convivenza…

E da noi? La differenza maggiore è che negli Stati Uniti è aumentata la partecipazione al voto – la gente ha percepito queste elezioni come una sfida – mentre da noi continua a crescere l’astensione. Che siano in campo reali alternative non lo crede più nessuno, ma chiediamoci innanzitutto: Trump è un fascista? Salvini e Meloni sono fascisti? E sono anche razzisti? Sì, nello spirito, negli atti, nelle parole, nelle scelte. É inutile continuare a chiedere loro di dichiararsi antifascisti: anche se lo facessero – e non lo fanno – non lo sono. Ma gli elettori di Trump, di Salvini, di Meloni, sono tutti fascisti e razzisti? No. Non tutti, non completamente, non la maggioranza di essi. Sono soprattutto persone attratte dalle false risposte che quelli danno ai grandi problemi che nessuno sa come affrontare; clima e migrazioni, innanzitutto (e da noi, conta anche il fatto che Fratelli d’Italia era l’unico partito a opporsi al Governo Draghi, di cui però ha poi adottato, più di chiunque altro, la fantomatica “agenda”).

E gli elettori del cosiddetto “campo largo” sono tutti “di sinistra”? No, sinistra è una qualifica che non vuol più dire niente, nemmeno “eguaglianza”, come pensava, o sperava, anni fa, Norberto Bobbio. Certo, le diseguaglianze crescenti suscitano invidia e rancore, ma all’eguaglianza come programma sociale non ci pensa più nessuno. Però rinchiudere tutti coloro che vorrebbero opporsi alle diseguaglianze, o anche solo a quelle più scandalose, entro il recinto di una “sinistra” che non ha più alcuna ragion d’essere ha il duplice effetto di farli fuggire – nell’astensione – e di tenere a distanza coloro che da quel recinto preferiscono restare fuori.
Occorre allora impegnarsi ad affrontare alla radice i grandi problemi che entrambe – destra e “sinistra” – eludono: crisi climatica, migranti, guerre, senso di impotenza e diseguaglianze, a partire da quelle di genere. Guardando in faccia la realtà, ci si può rivolgere, con la stessa modestia, agli elettori degli uni e degli altri.
                                        Da Pressenza, qui
(Guido Viale è nato a Tokyo nel 1943 e vive a Milano.
 Ha partecipato al movimento degli studenti del ‘68 a Torino e militato nel gruppo Lotta Continua fino al 1976. Si è laureato in filosofia all’università di Torino. Ha lavorato come insegnante, precettore, traduttore, giornalista, ricercatore e consulente. Ha svolto studi e ricerche economiche con diverse società e lavorato a progetti di cooperazione in Asia, Africa, Medioriente e America Latina. 
Ha fatto parte del comitato tecnico scientifico dell’ANPA (oggi ISPRA). 
Tra le sue pubblicazioni: Un mondo usa e getta, Tutti in taxi, A casa, Governare i rifiuti, Vita e morte dell’automobile, Virtù che cambiano il mondo. Con le edizioni NdA Press di Rimini ha pubblicato: Prove di un mondo diverso, La conversione ecologica, Si può fare e Rifondare l’Europa insieme a profughi e migranti. 
Con Interno4 edizioni ha pubblicato nel 2017, Slessico Familiare, parole usurate prospettive aperte, un repertorio per i tempi a venire. Sempre con Interno4 Edizioni nel 2018 ha pubblicato l’edizione definitiva e aggiornata del suo importante libro sul ‘68.)

E qui, solo nei primi tre minuti, un'analisi del voto americano curata dal prof. Roberto De Vogli, docente di Psicologia del potere all'Università di Padova:

venerdì 8 novembre 2024

Una femminista si presenta...

     "In Italia il femminismo ha avuto una forte matrice di sinistra. Anche per me è stato così. Prima di diventare femminista sono stata comunista per desiderio di giustizia sociale, che poteva e può realizzarsi con una buona politica di giusta distribuzione dei beni e delle risorse e di controllo e limitazione del mercato.
     Tra le prime cose, ho appreso che per cambiare il mondo sono necessari un pensiero critico e un sapere capaci di analizzare attentamente la realtà, smontare letture false, interessate e semplificatrici e dare una libera interpretazione. Ho appreso inoltre che la libertà è condizionata dalla situazione materiale e dai contesti in cui si vive, si agisce e si sceglie.
Daniela Dioguardi
    Il femminismo ha ulteriormente rafforzato la mia esigenza di pensare fuori dai binari consueti, dal momento che dovevo anche mettere in discussione e analizzare la mia vita per liberarmi dai millenari condizionamenti patriarcali e trovare parole autentiche per dire me stessa e il mondo. Processo complesso che ha reso necessaria la pratica politica del partire da sé e della relazione tra donne, attraverso cui è apparso evidente che la libertà femminile è anche condizionata dal simbolico, cioè dalla costruzione di pensiero maschile che ha dato ordine al mondo, assoggettando le donne e assegnando loro un ruolo secondo.
    Autodeterminazione e guadagno di libertà non sono quindi scontati; esigono lavoro su di sé e presa di coscienza e sono sì individuali, ma con una forte connotazione relazionale e con la consapevolezza che la scelta di una donna ricade su tutte le altre, dal momento che veniamo da una comune storia di dominio e sottomissione." (continua...)                                                                            


Daniela Dioguardi: Mercato, libertà e censura del pensiero
 in Vietato a sinistra, 10 interventi femministi su temi scomodi, pp. 38,39 (Castelvecchi, Roma, 2024)

(Un testo che va letto e meditato, presto pubblicherò la mia recensione)


mercoledì 6 novembre 2024

Sulla felicità e dintorni: giocare con le parole...

      “D’altronde, un altro luminoso esempio di Carroll sulle parole (…), anticipando di molto gli studi di neuroscienze, ci ricorda che le parole innanzitutto, specie per il bambino, sono suoni. IL suono costituisce l’elemento corporeo costitutivo delle parole. Sono i suoni che fanno le parole e conferiscono loro la valenza relazionale di vicinanza o di lontananza. Prima di comprendere il contenuto che la parola esprime, il bambino infatti è stato toccato nel suo corpo dalla musica delle parole. Il poeta, a sua volta, aspetta l’ispirazione (musicale) e a volte soffre non poco nella ricerca della parola giusta.
     Ecco il motivo per cui Carroll cambia le parole delle filastrocche o gioca con assonanze quasi a prendere in giro il contenuto delle parole per ridare loro la musicalità. Alcuni esempi divertenti: History (Storia) con Mistery (mistero); Painting in oil (pittura a olio) con Fainting in coils (svenimento a spirale); Latin e Greek con Laughing (risata) e Greef (cruccio).
     L’importanza del suono, inoltre, viene svelata al termine del libro come la chiave di lettura di tutta l’avventura di Alice. Sua sorella entra nel paese delle meraviglie e scopre che «… il tintinnio delle tazze del tè si sarebbe trasformato nello scampanellio delle pecore, e le grida acute della Regina nella voce del pastore… mentre il muggito delle mucche in lontananza avrebbe sostituito i singhiozzi accorati della finta tartaruga».
      Questa è la cifra del mondo dei bambini (e non solo): i suoni diventano immagini, la rabbia crea i mostri, le sensazioni prendono forme di animali, le paure diventano racconto… Nel paese delle meraviglie, la ragazzina Alice finalmente ha dato voce e immagine a tutte le cose che lei da piccola (come tutti i bambini) non capiva o che le sembravano troppo strane. 
    Le regole ci sono ma non servono, la logica è soggettiva, il non senso vale quanto il senso, le parole sono coriandoli, il tempo è un optional, e spesso si torna indietro per andare avanti e si corre per restare nello stesso posto.
     Il viaggio di Alice finisce quando la nostra ragazzina, diventata donna, non ha più paura («A chi credete di far paura? Siete solo un mazzo di carte!»). Ha terminato le ‘prove di identità’ e ritorna nel mondo della gente e della vita con il coraggio di essere se stessa. Ritorna alla vita come artista e come poeta: capace – nonostante tutto – di rimanere in contatto con la musica ininterrotta che risuona nell’intimo di ogni esistenza.” (qui la prima parte)

Giovanni Salonia, Sulla felicità e dintorni (Il pozzo di Giacobbe, Trapani, 2011) pp.126,127
(Un testo imperdibile: l’ho recensito qui)

                                                   Prof.Giovanni Salonia, autore del testo


lunedì 4 novembre 2024

4 novembre, non festa ma lutto...

                Il 4 novembre, celebrazione dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate, è un giorno per riflettere sulle sofferenze e le immense perdite umane causate dalla prima guerra mondiale, un conflitto che fu definito dal Papa di allora come "inutile strage". 

   Oggi, 4 novembre del 2024, vogliamo onorare tutti coloro che morirono a causa di quella guerra, che fece strage di più di 10 milioni di persone, così simile alle stragi che si stanno consumando oggi nella guerra fra Russia e Ucraina e nel conflitto israelo-palestinese. 

     Nessun obiettivo militare dall'una e dall'altra parte giustifica più la continuazione della guerra, nulla di sensato può giustificare quanto sta accadendo in quelle terre. Oggi la priorità assoluta è il "Cessate il fuoco!" per salvare vite.

   La prima guerra mondiale, che per l'Italia si è protratta dal 1915 al 1918, fu un capitolo oscuro nella storia nazionale e del mondo intero. I soldati italiani, insieme a milioni di altri combattenti, furono... (continua qui)

Appello del Movimento Nonviolento, Peacelink, "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo

domenica 3 novembre 2024

Tumori, meno decessi ma nel Sud serve più prevenzione

           Palermo – I dati recenti forniti dall’Istituto superiore della Sanità, che confrontano la situazione esistente all’inizio degli anni 2000 con quella del 2021, parlano chiaro e danno una buona notizia: si muore di meno per i tumori al seno e al colon retto, i due tipi di tumore che, se sommati, rappresentano il 40% delle neoplasie diagnosticate nel nostro paese.
      Ma se si va a controllare i dati relativamente alla loro distribuzione regionale, si nota che la riduzione della mortalità per il tumore al seno e per quello al colon è aumentata molto di più nelle regioni italiane del nord e del centro rispetto al sud e alla Sicilia. 
       Ecco infatti i numeri relativi alla riduzione di mortalità per tumore alla mammella: (confronto tra dati del 2001 e dati del 2021): (continua su il Punto Quotidiano