domenica 30 novembre 2025

Buon compleanno! E sono 17...

      Forse non è un caso che sia nato a novembre, uno dei suoi mesi preferiti: 30 novembre 2008, sembra ieri. E invece sono passati 17 anni…
      Allora, nella casa di mattoni di nostra signora, c’erano ancora tutti e tre gli splendidi figli di carne e facevano un’allegra baldoria…  Ora abitano il vasto mondo e lei va a trovarli. E poi partorisce parole...

E' contenta:

- delle 101 (e più) recensioni; 

- degli articoli pubblicati nel giornale con qui collabora (oggi il pezzo n.400!);

- della divulgazione di tematiche ambientaliste e nonviolente, per offrire stimoli culturali, sociali e politici costruttivi;

 - di avere scritto due libri: Una sedia nell’aldilà e Lettere a un bambino poi nato, che si presenterà giovedì 11 dicembre alle 18 a Palermo, alla Casa dell’Equità e della Bellezza, in via Garzilli, 43/a. Levatrici speciali saranno Adriana Saieva e Alessandra Colonna Romano, con la speciale regia di Augusto Cavadi.

Il blog ha aiutato nostra signora a trovare la sua ‘vocazione’: scrivere per lei è come andare all’incontro con l’innamorato’ (per dirla con le parole di Dacia Maraini).

Nostra signora capisce bene il senso di quanto dice l'amata Natalia Ginzburg: “Chi scrive, corre due pericoli: il pericolo di essere troppo buono e tollerante con sé stesso, e il pericolo di disprezzarsi. Quando vuole troppo bene a sé stesso, quando si sente per tutto ciò che pensa e scrive traboccante di simpatia, scrive allora con una facilità e fluidità che dovrebbe metterlo in sospetto. (…). Quando invece prende a disprezzarsi, abbatte prontamente i propri pensieri, li atterra a fucilate non appena si alzano e respirano, e si trova ad ammucchiare intorno a sé convulsamente cadaveri di pensieri, ingombranti e pesanti come uccelli morti. (…).  Perciò chi scrive, sente con forza la necessità di avere degli interlocutori. Di avere cioè al mondo tre o quattro persone, a cui sottoporre ciò che scrive… (…) Il pubblico è, per chi scrive, una proliferazione e una proiezione di queste tre o quattro persone nell’ignoto e nell’infinito. Queste persone aiutano chi scrive sia a non provare per sé stesso una simpatia cieca e indiscriminata, sia a non provare per sé stesso un disprezzo mortale. Lo aiutano a difendersi dalla sensazione di farneticare e delirare in solitudine”.

Allora, profonda gratitudine a chi, con generoso interesse, naviga in questi mari da solcare e, magari, lascia ogni tanto una traccia.

Un pensiero particolare e commosso a Gus, Daniele il Rockpoeta, Michela… che dai mari del web sono trapassati all’immensità del mistero… Proprio la notte scorsa nostra signora ha sognato che le restava pochissimo da vivere e, tra gli altri pensieri, in sogno c'era anche questo: chi scriverà nel blog la parola ‘fine’?

Nostra signora ci penserà… intanto l’auspicio è che, l’anno prossimo, il blog diventi maggiorenne!

sabato 29 novembre 2025

Prontuario di azione nonviolenta: il nemico è la guerra...

         "Vorrei proporre una breve riflessione che possa contribuire alla costruzione della pace: costruzione della pace nel senso specifico di insieme di pratiche non belliche in grado di fermare l’attuale scontro Russia/Ucraina, e in quello più generale di promozione di una cultura che ci abitui a pensare la soluzione di ogni conflitto violento attraverso il ricorso a mezzi pacifici. (…)
     Dal punto di vista del pensiero della nonviolenza, cui mi ispiro – ma anche da quello dello storico e filosofo Plutarco il quale, a proposito della guerra del Peloponneso (431-404 a.C.) che vide contrapporsi la potenza spartana a quella ateniese, sottolineava criticamente la responsabilità delle parti terze (cioè delle altre città? Che o restavano passive o si schieravano con uno dei contendenti invece di ‘interporsi’ tra loro – da questo punto di vista, dicevo, cerco di ragionare concretamente dal luogo che occupo (l’Europa) illustrando ciò che poteva fare la parte del mondo in cui vivo, indipendentemente da ‘chi ha cominciato’.
        La nonviolenza non guarda a ciò, perfino non guarda alla ‘verità’ nel senso comune del termine (per questo ritengo la nonviolenza un tipo di pensiero pratico capace di rispondere alle esigenze dell’epoca della post-verità, in cui cosa è vero e cosa è falso è diventato molto difficile da capire); essa guarda, invece, al presente in vista della costruzione del futuro.
Al di là del pacifismo, per molti versi benemerito ma che può limitarsi alla protesta, la nonviolenza intende suggerire e attuare il modo in cui si può operare attivamente per la pace. Innanzitutto, nell’azione immediata, per questa pace qui; poi anche negli interventi strutturali, di sistema, per cacciare a poco a poco, come si dice, la guerra fuori dalla Storia."

Un punto di partenza trasversale: il nemico è la guerra

Il nemico è la guerra. Non ovviamente, (continua qui

Andrea Cozzo Media di guerra e media di pace sulla guerra in Ucraina 
Promemoria e Istruzioni per il futuro - Mimesis, Milano, 2025, pagg.143,144

domenica 23 novembre 2025

Da Leonor e Marco bollicine di kombucha

      Palermo – A volte ritornano… No, niente da spartire con i racconti orrorifici di Stephen King, tranne l’assonanza linguistica: chi torna è Marco Pilato, che da Pisa ha deciso di rientrare nella sua Caltanissetta con la compagna Leonor Corrales Retana, proveniente dalla Costa Rica.
      Nella città della torre pendente Marco e Leonor si erano conosciuti mentre lui studiava ingegneria biomedica e lei invece agronomia, tecnologia alimentare e biosicurezza.
Uniti dalla comune passione per l’alchimia della fermentazione, grazie al sostegno di un’azienda locale che ha dato loro uno spazio in un terreno agricolo, da Caltanissetta si sono ora trasferiti a Presa, borgo di quaranta abitanti ai piedi dell’Etna, dove hanno avviato con successo un laboratorio per produrre kombucha, bevanda analcolica costituita da tè fermentato, arricchito con aromi diversi.
     Perché proprio Presa, minuscola ma suggestiva frazione del comune di Piedimonte Etneo, sotto lo sguardo maestoso del grande vulcano, Marco lo ha spiegato qualche mese fa ad Antonella Dilorenzo, in un’intervista per il sito di Gambero rosso: (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 23.11.25, il Punto Quotidiano

mercoledì 19 novembre 2025

Lettere a un bambino poi nato: l'inizio...

      "Era una sera d’estate: afosa e opprimente come sa esserlo quella di una grande città svuotata e un po’ spenta. Neppure l’aver spalancato porte e finestre mi dava sollievo. 
A letto, tentavo di leggiucchiare qualcosa. Da qualche giorno mi inquietava una sensazione strana alla pancia e alla schiena. Non potevo definirlo un vero dolore: era un vago fastidio non localizzato, come se aghi invisibili mi punzecchiassero lungo la schiena e vicino l’ombelico. 
     Mamma mi aveva fatto l’ennesima telefonata per invitarmi a stare qualche settimana a casa sua: – Alla fine il tuo è un lavoro da free… non ricordo bene come lo chiami. Traduzioni e lezioni private puoi farle anche qui. Sai bene che staresti meglio... E se non te la sentirai di arrivare sino alla spiaggetta, il mare lo puoi godere anche dal terrazzino. – 
     Ma non ce la facevo a muovermi, nella mia condizione. 
Per il gran caldo, avevo lasciato scivolare anche l’ultima parte di lenzuolo che mi era rimasta addosso. Allora ho visto la macchia… grande, scura, piena di grumi, come una mestruazione abbondante, senza preavviso.
     Mi sono sentita gelare, presa dall’angoscia che il tuo barlume di vita fosse stato risucchiato nel nulla. 
     Tu, me lo diceva il sito che andavo a controllare quasi ogni giorno, eri ancora un esserino di cinque o sei centimetri, e pesavi solo pochi grammi. Ero tra l’undicesima e la dodicesima settimana di gravidanza, ma avevi già gambe e braccia perfettamente formate. Avevi perfino le orecchie, gli occhi e un accenno di palpebre. Il tuo cuore faceva circa 160 battiti al minuto.
   Non so quanti ne facesse il mio, quella sera. So che batteva all’impazzata per la paura nera di perderti, perché aspettavo già con impazienza il momento di conoscerti e di abbracciarti. (...)"

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(e, quasi come postfazione, alla fine della storia la lettera a Oriana Fallaci:)

Cara Oriana,

    se mai da qualche ignota e misteriosa plaga dell’universo lei potesse leggere il titolo di questo libro, sarebbe forse dispiaciuta, se non infuriata, all’idea che una sconosciuta abbia osato alludere a quello di uno dei suoi libri più noti, uno dei più belli e strazianti: Lettera a un bambino mai nato.

    Le porgo allora le mie scuse per il fastidio che potrebbe suscitarle quest’accostamento. È vero: il titolo evoca il suo, anche se - è anche superfluo sottolinearlo - ovviamente queste lettere non possono avere nulla a che fare con il suo capolavoro…(…) perché queste sono lettere di una donna qualunque, alle prese con una storia romanzata piuttosto ordinaria: una giovane madre racconta a suo figlio qualcosa sulla sua maternità, su imprevisti che non aveva messo in conto, e mette in evidenza lo sguardo e le domande che le fa il suo bambino sulla vita: un punto di vista semplice, terra terra, diverso dal suo, che è stato invece lo sguardo acuto e potente di uno ‘scrittore’- è stata lei a definirsi così - su una maternità mancata.   

      Per riflettere oggi su temi delicati e fondanti per la vita delle donne e della società (maternità, calo delle nascite, aborto, utero in affitto…) che si portano dietro grossi interrogativi insieme esistenziali e politici, ci manca oggi il suo sguardo: limpido e coraggioso, duro, tagliente, spietato se necessario, sempre super partes … (…)

     Le dico ancora che il richiamo al suo celeberrimo libro vuole essere anche un omaggio al compleanno importante di questo suo ‘figlio’ (così lei considerava i suoi libri) che, a settembre 2025, compie 50 anni. - Non ho mica bisogno che qualcuno scimmiotti il mio libro perché la gente se ne ricordi… - sono certa che lei aggiungerebbe a questo punto. E, anche in questo, avrebbe sicuramente ragione. Ma chissà che un promemoria non possa servire perché le donne riprendano in mano il suo libro e ne ridiscutano insieme. (…)

Maria D’Asaro, Lettere a un bambino poi nato, Diogene Multimedia, Bologna, 2025 pagg.9,10- 116,117

Il libro sarà presentato alla Casa dell'Equità e della Bellezza, a Palermo, quasi sicuramente giovedì 11 dicembre...

domenica 16 novembre 2025

Fuso orario, in Spagna c'è l'ora di Franco

      Palermo – Il sistema orario mondiale è regolato dai fusi orari: strisce longitudinali della superficie terrestre all’interno delle quali, per comodità legale, economica e sociale, si adotta la stessa ora, generalmente l’ora centrale media del meridiano al centro della striscia. 
     Già teorizzata dall’italiano Quirico Filopanti nel 1858, l'introduzione dei fusi orari fu varata dall’ingegnere capo delle ferrovie canadesi Sandford Fleming che, nel 1879, utilizzò tale sistema per rispondere alle necessità delle compagnie ferroviarie di avere un orario locale coerente tra le varie stazioni. 
     Il sistema dei fusi orari fu poi discusso durante la Conferenza internazionale dei meridiani convocata a  Washington nel 1884, a cui parteciparono 25 paesi, tra cui l'Italia. La Conferenza stabilì le regole generali del sistema, che fu ufficialmente adottato come standard internazionale a partire dal 1º novembre di quell’anno.
     Inizialmente la terra era suddivisa in 24 ‘spicchi’ di 15° di longitudine ciascuno: ogni spicchio differiva di un’ora da quello adiacente. Successivamente, soprattutto per ragioni politiche e di confini nazionali, si crearono 39 fusi orari, tuttora vigenti.
     Tutti i fusi orari sono definiti in relazione al ‘Tempo Coordinato Universale’ (UTC) riferito al primo meridiano (con longitudine 0) che attraversa l'Osservatorio reale di Greenwich, a Londra. Per questo motivo l'espressione ‘Tempo medio di Greenwich’ (GMT) viene ancora frequentemente utilizzata per indicare l'orario base rispetto al quale sono definiti gli altri fusi orari.
     Osservando una carta geografica, si vede a occhio che la Spagna si trova in allineamento con il meridiano di Greenwich e dovrebbe quindi adottarne il fuso orario. Era così, infatti, sino al 1940. Ma oggi nel paese iberico vige lo stesso orario italiano, con un evidente disallineamento tra l’ora segnata dagli orologi e quella solare, difformità che chi è stato in Spagna, come la scrivente, ha verificato di persona. 
      Perché? La causa di questa ‘stranezza’ è stata di natura politica: risale al 1941 quando, durante la seconda guerra mondiale, il dittatore spagnolo Francisco Franco (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 16.11.25, il Punto Quotidiano

venerdì 14 novembre 2025

Lettere a un bambino poi nato...

       Infine, con un parto travagliato, era nato il suo secondo figlio di carta. Una madre ama tutti i suoi figli, ma per onestà non poteva affermare che quest’ultimo fosse sicuramente bello e talentuoso.
 E anche se il paragone tra le proprie ‘creature’ è atto insano, nostra signora era più certa della bontà del libro precedente, perché lì si era limitata a far risorgere persone belle come Primo Levi, Natalia Ginzburg, Alex Langer, Vittorio Arrigoni, Peppino Impastato, Franco Battiato…
Lettere a un bambino poi nato è invece una storia romanzata che, come evoca il titolo, richiama Lettera a un bambino mai nato, pubblicato esattamente 50 anni fa, da Oriana Fallaci.  
Rispetto a quel capolavoro assoluto, ovviamente si tratta di un balbettio davvero piccolo piccolo,  diretto innanzitutto a noi donne per riflettere sulla nostra storia e sul nostro ruolo. Alla scrivente pare infatti che, nonostante le tante donne al potere, non ci sia alcuno sguardo nuovo e diverso sul mondo... 
Si potrebbe invece provare a guardare le cose da un punto di vista diverso, quello di una madre e quello di un bambino?  Questa racconto ci prova. Con quale risultato espressivo sarà il giudizio delle lettrici e dei lettori a dirlo. Nostra signora è pronta ad accogliere anche le critiche più feroci. Lei comunque queste pagine se le portava dentro da vari decenni e aveva la necessità esistenziale e narrativa di partorirle. Si spera che il risultato possa valere il consumo di alberi e l’inquinamento che la loro pubblicazione ha causato.
Intanto un grazie sentito all’editore (Diogene Multimedia, Bologna, casa editrice diretta da Mario Trombino) che le ha ancora dato fiducia.
E un grazie di cuore alle persone (Luciano, Adriana Saieva, Anna Pensato, Augusto Cavadi, Federica Mantero, Giovanni La Fiura) che hanno letto il testo in anteprima, proponendo critiche e suggerimenti.
Un grazie speciale al dottore Salvatore Porrovecchio per la consulenza nell’ambito delle patologie mediche e alle professoresse Caterina Ruta e Patrizia Spallino per la supervisione dei termini rispettivamente in lingua spagnola e in lingua araba.

La storia è preceduta, quasi come prefazione, da questa poesia di Wislawa Szymborska:


UN RACCONTO INIZIATO

Alla nascita d’un bimbo
il mondo non è mai pronto.

Le nostre navi ancora non sono tornate dalla Vinlandia.
Ci attende ancora il valico del Gottardo.
Dobbiamo eludere le guardie nel deserto di Thor,
aprirci la strada per le fogne fino al centro di Varsavia,
trovare il modo di arrivare al re Harald Cote,
e aspettare che cada il ministro Fouché.
Solo ad Acapulco
ricominceremo tutto da capo.

Si è esaurita la nostra scorta di bende,
fiammiferi, argomenti, amigdale e acqua.
Non abbiamo camion, né il sostegno dei Ming.
Con questo ronzino non corromperemo lo sceriffo.
Niente nuove su quelli fatti schiavi dai Turchi.
Ci manca una caverna più calda per i grandi freddi
e qualcuno che conosca la lingua harari.

Non sappiamo di chi fidarci a Ninive,
quali condizioni porrà il principe-cardinale,
quali nomi siano ancora nei cassetti di Berija.
Dicono che Carlo Martello attaccherà all’alba.
In questa situazione rabboniamo Cheope,
presentiamoci spontaneamente,
cambiamo religione,
fingiamo di essere amici del doge
e di non avere a che fare con la tribù Kwabe.

Si approssima il tempo di accendere i fuochi.
Telegrafiamo alla nonna che venga dal paese.
Sciogliamo i nodi sulle corregge della yurta.

Purché il parto sia lieve
e il bimbo cresca sano.
Possa essere talvolta felice
e scavalcare gli abissi.
Che abbia un cuore capace di resistere,
e l’intelletto vigile e lungimirante.

Ma non così lungimirante
da vedere il futuro.
Risparmiategli questo dono,
o potenze celesti.


Wislawa Szymborska La gioia di scrivere, Tutte le poesie (1945-2009), 
a cura di Pietro Marchesani, pp. 471,472, Adelphi, Milano, 2009

in Maria D’Asaro, Lettere a un bambino poi nato, Diogene Multimedia, BO, 2025, pagg.6,7

mercoledì 12 novembre 2025

Nonviolenza e giornalismo di pace per scongiurare la banalità della guerra

 
(A presentazione ultimata, qualche nota sparsa:

     Il prof. Nicosia, citando Tucidide, ha ricordato che una delle nefaste conseguenze di ogni guerra è lo stravolgimento delle parole; Augusto Cavadi ha presentato magistralmente il testo evidenziando i punti nodali delle tre parti in cui, a suo avviso, può essere suddiviso; la giornalista Tiziana Martorana ha evidenziato che il libro offre vari piani di lettura, che vanno dall'approfondimento storico all'attenta analisi del linguaggio giornalistico.
L'autore ha poi fornito vari approfondimenti e ha dato esauriente riscontro ai vari interventi.
Il prof. Cozzo ha anche sottolineato che questo suo testo e quello immediatamente precedente, La logica della guerra nella Grecia antica, sono da considerarsi complementari: in questo la contemporaneità è figura, il mondo antico 'sfondo', viceversa nel precedente. 

Entrambi i testi, a mio avviso, parafrasando Hannah Arendt rivelano la banalità della guerra, i suoi tristissimi, sempre uguali topoi: tutte le guerre si assomigliano. E i pifferai di turno dell'interventismo (giornalisti e intellettuali) non si rendono conto dell'assurdità di ogni guerra che ripete la stessa orrenda, evitabile, tragedia collettiva.
Allora la nonviolenza dovrebbe essere davvero la nuova frontiera del giornalismo e della politica che vogliono costruire un futuro pacificato.
Nonviolenza che vuol dire riconoscere l'esistenza strutturale dei conflitti umani, ma credere che si possano comporre senza violenza. Utopia? Solo sguardo in avanti, guardare a un paradigma più umano e quindi possibile.

"Dov Shinar riassume gli elementi del giornalismo di pace nelle seguenti azioni:
1. esplorare le circostanze e i contesti in cui nasce un conflitto, e presentare cause e ipotesi da diversi punti di vista, così da delineare il conflitto in termini realistici e trasparenti per il pubblico;
2. dare voce alle opinioni di tutte le parti coinvolte;
3. offrire soluzioni creative per la risoluzione dei conflitti, il raggiungimento e il mantenimento della pace;
4.smascherare le bugie, gli occultamenti e i colpevoli di tutte le parti, e rivelare gli eccessi commessi e le sofferenze subite da persone di ogni fazione;
5.dedicare più attenzione alle storie di pace e agli sviluppi post-bellici che alla tradizionale copertura dei conflitti"   (dal testo, p.120)







(le ultime due foto sono di Alessandra Colonna Romano, che ringrazio)

martedì 11 novembre 2025

domenica 9 novembre 2025

Giovani e smartphone, allarme serio

        Palermo – “Smartphone: se ne conosci i rischi, lo eviti”. Bisognerebbe far partire immediatamente una massiccia campagna informativa per rendere consapevoli i responsabili della formazione dei minori, i genitori innanzitutto, dell’impatto devastante dell’uso smodato degli smartphone sulla psiche dei ragazzi.
      Qualche settimana fa, questa verità ce l’ha ricordata la giornalista Alessia Mari con un servizio del telegiornale scientifico Leonardo: un uso eccessivo dello smartphone, oltre a provocare nei più giovani fenomeni di ansia, disturbi del sonno e vere e proprie patologie da dipendenza, ne comprometterebbe anche alcune importanti funzioni cognitive.
        Il come e il perché lo ha spiegato lo psico-analista Massimo Recalcati, intervistato da Alessia Mari: “Cliccare le notifiche sui social, scrollare lo schermo alla ricerca di video, chattare e digitare continuamente qualcosa, centinaia e centinaia di volte al giorno: gli smartphone provocano ansia e dipendenza. 
Ma oggi, specialmente nei più giovani, il loro utilizzo incessante sta cambiando anche la modalità di formazione dei processi cognitivi: infatti i dispositivi disturbano l’attenzione profonda e le sovra-stimolazioni impediscono lo sviluppo di un pensiero critico. Tutto sugli schermi scorre in superficie, senza vette né profondità”.
Certamente, il cellulare non è il primo oggetto psico-tecnico: il primo fu (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 9 novembre 2025, il Punto Quotidiano