martedì 6 febbraio 2018

Danza delle sedie e danza dei pronomi

Ritratto dei coniugi Arnolfini (1434, J. van Eick)
Pensato dall’autore - il noto e stimato psicoterapeuta prof. Giovanni Salonia - per mostrare la validità del modello teorico della Gestalt Therapy nella relazione di aiuto alle famiglie, il saggio Danza delle sedie e danza dei pronomi (Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2017 €16) coinvolge e interessa una platea più vasta di lettori rispetto agli psicoterapeuti e agli studiosi ai quali è in primo luogo diretto: il linguaggio chiaro e scorrevole e le analisi a tutto tondo sul variegato mosaico delle famiglie odierne rendono infatti il testo fruibile e apprezzato anche dai non specialisti in materia.
Salonia ci ricorda innanzitutto che “Il primo passo per comprendere la persona, la coppia, la famiglia, è quello di collocarli all’interno della società in cui vivono e di cui rappresentano una variabile dipendente.” E sottolinea: “Mentre sino alla metà del secolo scorso il matrimonio era pensato e vissuto come un’istituzione sociale orientata primariamente alla creazione della prole e concepita come un luogo di sicurezza economica e sociale (…) nella postmodernità questi assetti sono cambiati in modo radicale. (…) L’affermarsi della famiglia nucleare ha portato con sé un eccezionale aumento di fragilità del legame coniugale: dal matrimonio istituzione al di là dei suoi contraenti, al fine di dare ad essi e ai loro figli sicurezza istituzionale ed economica, (si è passati) al legame di coppia, nelle sue varie forme giuridiche ed relazionali, come ‘patto relazionale di felicità’, ossia incontro di reciproche attese eudemonistiche”. L’autore applica quindi i nuovi orizzonti clinici e terapeutici della Gestalt and Family Therapy – basati sull’intercorporeità, la prossemica relazionale, la teoria del Sé e la teoria del contatto – alle famiglie di oggi che, accogliendo l’ormai diffuso aggettivo di Bauman, sono definite ‘liquide’; famiglie che si  differenziano ormai per struttura (monogenitoriali, nucleari, ricomposte), per orientamento sessuale, per appartenenza etnica. L’autore evidenzia comunque che, in ogni tipo di famiglia, c’è un filo di Arianna che connette parole e vissuti: la continua ricerca e definizione delle relazioni: “chi sono io per te? ci stiamo avvicinando o allontanando? sei dove ci siamo lasciati?” E precisa come non siano gli eventuali problemi, la stanchezza o le diversità a bloccare la crescita di una famiglia, quanto “la mancata qualità di contatti assimilati e l’incapacità di realizzare nuovi contatti pieni”. Dopo aver ricordato che, secondo la teoria gestaltica del disagio psichico, la persona sta bene se è in grado di stabilire contatti nutrienti con l’Ambiente, sta male se non porta a compimento e interrompe i contatti necessari per la sua crescita, Salonia ribadisce l’importanza, per la crescita sana dei figli, della cogenitorialità fondata essenzialmente sulla consapevolezza dei propri vissuti corporei: “Nella prospettiva della Gestalt Therapy, (…) l’intervento poggia (…) sui vissuti corporeo-relazionali di ogni membro, che sono l’origine della qualità dei rapporti in famiglia.”
 Il testo è poi arricchito, oltre che da un’ampia bibliografia, dalla trascrizione di alcune sedute di Family Gestalt Therapy, condotte dall’autore assieme alla dott.ssa Valeria Conte, ed è impreziosito da suggestive citazioni poetiche: Kostantin Kavafis, con la lirica Ricordati, mio corpo, ci aiuta a comprendere come l’identità di ciascuno sia corporea e relazionale: “Ogni corpo è collocato tra corpi (…): corpo di figlio, fratello, sorella, padre madre … L’identità implica una collocazione relazionale: ‘chi sono io’ significa anche ‘chi sono io di fronte a te’;  Wislawa Szymborska, con Qualche parola sull’anima, sembra dirci che “l’anima può essere assente nei comportamenti abitudinari di routine, ma deve essere presente quando ci sono scelte che coinvolgono in modo preciso l’Organismo. (…) Nella trama quotidiana dei rapporti scontati, di tanto in tanto accadono contatti nuovi (…) Ad un tratto, l’anima si fa viva, è presente.(…) Come dice Szymborska: «Possiamo contare su di lei quando non siamo sicuri di niente e curiosi di tutto».  

Infine, l’autore  sottolinea come la famiglia entra in crisi e ha bisogno di cura quando “non ci sono più parole sperabili. (…) Le parole si moltiplicano, ma rimangono ‘disabitate’, flatus vocis, non più ponti, ma ponte levatoio.” Perché, al di là dei contenuti, “è il suono delle parole che permette agli umani di incontrarsi. Le parole-corpo aprono e preparano l’incontro. Sono note musicali che vanno e vengono dai corpi, li attraversano e creano il mistero e il fascino del contatto. In principio è il corpo, subito dopo la parola”. E quindi Salonia, parafrasando Novalis, ci invita a ripensare parole e gesti come note di una melodia. Se in una famiglia “il corpo diventa parola e la parola rimane corporea, allora la parola umana è esperienza di contatto pieno (…) Ogni parola diventa così una nota nello spartito dell’incontro. 
                          
                                                                         Maria D’Asaro 
(recensione pubblicata su SiciliaInformazioni il 5.2.2018)

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