"Il centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti (10 giugno 1924-2024) è l’occasione per riprendere in considerazione - come esempio nobilissimo di impegno civile e morale - la figura del politico, dello studioso e dell’uomo. Lo fa Massimo L. Salvadori in un suo scritto dal titolo L’antifascista, uscito nell’ottobre dello scorso anno. Lo descrive come “uomo del coraggio”, capace di un’opposizione intransigente nei confronti del fascismo che, infatti, lo mette ben presto a tacere, consegnandolo alla tomba. Salvemini dirà: “Lui aveva fatto tutto il Suo dovere: e per questo era stato ucciso. Io non avevo fatto il mio dovere: e per questo mi avevano lasciato stare”.¹
L’idea del Socialismo: nato nel 1885, in Veneto, da una famiglia benestante, Giacomo Matteotti sente la propria condizione privilegiata, rispetto a quella dei tanti braccianti della sua terra, come un appello all’impegno politico, all’interno del Partito socialista, al fine di lottare per migliorare le condizioni delle fasce più povere, deprivate di tutto, non solo sul piano economico, ma ben più a livello intellettuale e umano: “Il socialismo non sta per noi in un aumento di pane e in un più alto salario; benché anche questo sia sacrosanto e indispensabile a ogni altro elevamento […] Il Socialismo parte dalla realtà dolorosa del lavoratore che giace nella abiezione e nella servitù materiale e morale e intende e opera a sollevarlo e a condurlo a miglioramenti economici e intellettuali, a Libertà sociale e Libertà spirituale sempre più alte. Vuole cioè formare e realizzare in lui l’uomo che vive, fratello e non lupo con gli Uomini, in una umanità migliore per solidarietà e per giustizia”.²
Laureato in giurisprudenza, a lungo incerto tra la scelta degli studi accademici e la missione politica, decide infine per quest’ultima, nella convinzione di dovere fare qualcosa di concreto per rispondere con impegno alla “serietà della vita”.³ Nel 1916 sposa Velia Titta, con cui vive un amore intenso - di cui sono testimonianza le appassionate lettere - fino al giorno della sua morte. Già contrario all’intervento nella Prima guerra mondiale, comprende che la pace punitiva nei confronti degli Imperi centrali è destinata a preparare un’altra feroce guerra. Diventa deputato nel 1919 e viene riconfermato nel 1921, anno in cui entrano in Parlamento 35 fascisti, tra i quali Benito Mussolini.
L’anticomunismo: La sua posizione lucida nei confronti del comunismo di matrice russa – di cui ha subito visto la deriva autoritaria – lo fa apparire ai nostri occhi un profeta, mentre lo isola nel tempo in cui sperimenta e patisce le lacerazioni del Partito socialista italiano, seguite alla fondazione della Terza Internazionale. Il suo riformismo socialista, tutto teso all'emancipazione delle classi povere, spicca puro, pulito, aristocratico nelle idee e nell’afflato culturale. La vera rivoluzione - per lui - non è frutto di un cambiamento subitaneo, illusoriamente affidato alla dittatura di pochi, ma è il risultato di un lungo processo di educazione delle coscienze, anche attraverso la scuola e l’elevazione culturale, la sola capace di rendere davvero coscienti e liberi.⁴
L’antifascismo: Colpisce la sua lucida visione del fascismo, ben compreso fin dalla prima ora, come il più grande pericolo: il partito fascista ha “una caratteristica unica rispetto a tutte le altre forze politiche: disporre di una propria organizzazione armata da far valere non solo in primo luogo contro il movimento operaio, ma anche, in prospettiva, contro un Parlamento che si desse un’eventuale maggioranza e un esecutivo ostile al fascismo”.⁵ Matteotti capisce che lo squadrismo fascista non è semplicemente una reazione nei confronti del biennio rosso - come sostenevano molti intellettuali del suo tempo, del calibro di Benedetto Croce e come dichiarerà lo stesso Mussolini nel suo discorso alla Camera del 3 gennaio 1925⁶ -, ma un movimento intrinsecamente violento, sistematicamente aggressivo, volto a negare le organizzazioni operaie e contadine e, in prospettiva, qualsiasi altra forma di espressione partecipativa. Per questo egli avverte l’urgenza di costituire un fronte antifascista largo, in collaborazione con tutte le forze democratiche, anche liberali. Matteotti individua allora ciò che solo successivamente è risultato ovvio: il contrario del fascismo non è il comunismo - che utilizza gli stessi metodi - ma la democrazia. Questa sua posizione lo isola dalle sinistre comuniste e massimaliste, ne fa un eroe tragico, incompreso, eppure di un altissimo profilo etico: “Il fascismo trova nel suo avversario, che gli somiglia, un naturale alleato. Se il Comunismo non ci fosse, il Fascismo lo inventerebbe, poiché esso è il pretesto alla sua Violenza e alla sua Dittatura…”.⁷ La sua idea di lotta di classe – non guerra di classe – è dunque lontana dagli estremismi, tanto di destra quanto di sinistra." (continua qui, nel blog Persona e Comunità, in un pezzo curato dall'amica Rossana Rolando, che ringrazio)
Ciao Maria, grazie per la tua attenzione. Oggi abbiamo bisogno - più che mai - di ricordare la figura nobilissima di Giacomo Matteotti. Un grande abbraccio, Rossana.
RispondiElimina@Rossana: Ho appena letto e apprezzato il tuo ultimo post su Bergson... grazie! Buona domenica anche da qui.
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