martedì 30 luglio 2024

Chiedo scusa agli alberi abbattuti...

Pini romani al Gianicolo (foto mari@dasolcare, 02.24)
           Sarà il caldo, sarà che ad agosto non le sarebbe stato possibile vedere persone a lei care… Sarà che, dopo tanto soffrire, se ne era andato il professore Germano Federici, una bella persona conosciuta tramite le cenette filosofiche (due suoi scritti qui e qui)… 
     Sarà che il suo quartiere pareva condannato a perenne degrado… Sarà che percepiva un veloce, irreversibile, incupito imbarbarimento dell’umanità…  Così a nostra signora difettava il buonumore. 
      In più, l’altra mattina, quella che sembrava la potatura di due splendidi pini di fronte casa, si rivelava una sentenza di morte: l’indomani, i pini che regalavano ombra da decenni, erano stati abbattuti. Certo, per qualche ragione: magari le radici danneggiavano l’asfalto… Ma a lei la decapitazione era sembrata ingiusta: possibile che non ci fosse stato a Palermo/Berlino un giudice che assumesse la loro pietosa difesa? Qualcuno si sarebbe poi occupato di piantare nuovi alberi al posto di quelli giustiziati?

Maria D'Asaro

Qui due magnifiche poesie di Wislawa Szymborska

domenica 28 luglio 2024

“Narrazioni diversive”: perché il complottismo?

         Palermo – In Narrazioni diversive (Diogene Multimedia, Bologna, 2023) Tobia Savoca, studioso di Storia che si divide tra Palermo e l’insegnamento all’estero, analizza la tendenza al complottismo, riemersa con forza durante la pandemia, e ne indica con chiarezza cause, radicamento e rischi sociali. 
    L’autore sa bene che le macchinazioni segrete per modificare gli eventi fanno parte della Storia. Ma, se i complotti sono sempre esistiti, secondo lo studioso, l’odierno aumento esponenziale della tendenza patologica a vederli ovunque “è il risultato della situazione culturale, politica e ideologica dei nostri tempi”. 
       Perché questo boom del complottismo? Perché “gli scandali, la corruzione e le mezze verità (…) hanno accompagnato l’allontanamento dei cittadini dalla politica, lasciandoli soli nell’elaborare la propria personale visione del mondo”. Quindi il complottismo è una rivendicazione politica monca e zoppa: “un tentativo maldestro di scardinare l’immobilismo politico”; un fenomeno sociale legato, in qualche modo, ai “limiti della democrazia rappresentativa: deleghiamo chi votiamo, ma temiamo poi che i giochi si facciano altrove”. 
Presentazione del testo c/o libreria Kalòs - PA
     Ancora, secondo l’analisi dell’autore, supportata da una ricca bibliografia e sitografia, il complottismo potrebbe essere considerato “la deriva (sbagliata) di uno sforzo da parte di individui ordinari che tentano di riappropriarsi delle loro vite. Il complottismo sembra infatti avere a che fare con il potere più che con la verità.”  Si sottolinea poi il ruolo cruciale di Internet nella promozione di comunità on line diverse e polarizzate: terreno ideale per la diffusione di verità alternative fai-da-te e per amplificare fake-news e disinformazione. Inoltre “Il complottismo, con la sua risentita intuizione di aver capito come funziona il mondo senza poterlo cambiare, fornisce una narrazione che restituisce un senso, che compensa la consapevolezza dello smarrimento del proprio esserci”.
   L’autore, citando il filosofo Karl Popper, che definiva il complottismo una forma moderna di superstizione, sottolinea infatti che “il sentimento complottista è qualcosa di assimilabile a uno ‘slancio religioso’: l’impressione nelle persone che “non può essere tutto lì quello che c’è”. Infatti, nonostante l’apparente declino delle ‘grandi Narrazioni (religioni e ideologie), rimane forte il bisogno di dare un senso alla vita, individuale e sociale.
   Il complottismo si presenta così come “la nuova letteratura dell’uomo contemporaneo, una realtà aumentata, un ‘metaverso’ diversivo di narrazioni”.  “Una spiegazione a cose che ci sfuggono e, anziché approfondire, semplifichiamo. Le teorie del complotto sono scorciatoie del pensiero, narrazioni che spiegano facilmente realtà complesse”.
    Anche perché, sottolinea ancora Savoca, purtroppo “i sistemi educativi che, negli ultimi decenni hanno sacrificato la costruzione del cittadino e della persona sull’altare del primato della performance… hanno creato le macerie intellettuali sulle quali le teorie del complotto proliferano. (…) Se le teorie del complotto sono scorciatoie del pensiero, semplificazioni per comprendere gli eventi, l’educazione familiare e scolastica dovrebbe avere l’arduo compito di educare alla complessità e di fornire strumenti adatti a comprendere il mondo.”
     Lo studioso introduce quindi una distinzione tra complottismo-fenomeno, il complottismo vero e proprio, e il complottismo-dispositivo (l’anti-complottismo) cioè l’uso, e talvolta l’abuso, della definizione di ‘complottista’ da parte dei media, funzionale spesso a screditare ogni contestazione. 
Presentazione testo c/o Radici - Palermo
     Per sconfiggere davvero le paranoie complottiste, afferma Savoca, non basta stracciarsi le vesti e tacciare di oscurantismo ogni critica alle verità ufficiali: il complottismo va infatti analizzato e compreso con lenti sociologiche e politiche adeguate. Invece, negli ultimi anni, c’è stata una polarizzazione binaria tra rigidi osservanti delle verità governative o dei media e complottisti di ogni fazione: urge invece una comunità pensante che eserciti un controllo razionale e intelligente sia sulle affermazioni dei media sia sulla diffusione di improbabili verità alternative.
    Infatti, afferma ancora l’autore, “I complotti indicherebbero temi-chiave importanti, ma perseguono obiettivi sballati e giustificazioni fantasiose. Le energie virtuali e fisiche indirizzate verso obiettivi fantastici, sono energie rubate alla risoluzione dei problemi reali sottesi.” 
    A tal proposito, Savoca riporta la teoria delle scie chimiche, secondo cui gli aerei produrrebbero sostanze nocive per compiere mutazioni genetiche o controllarci. Il dibattito si polarizza purtroppo sulla fantasiosità della teoria, anziché affrontare problemi reali come l’incidenza del traffico aereo sul cambiamento climatico e, soprattutto, l’utilizzo spesso nefasto di risorse e territorio (vedi l’ILVA di Taranto, il petrolchimico di Augusta, l’uso dei diserbanti inquinanti in agricoltura).
   A chi giova, alla fine il complottismo? Paradossalmente, proprio allo status quo. 
Infatti, argomenta lo studioso: “Le teorie del complotto deresponsabilizzano, diminuendo l’impegno politico e, alla fine, hanno una portata sovversiva”. “Tanto l’anti-complottismo quanto il complottismo hanno la funzione di schermare e deviare la rabbia sociale contro il potere costituito”.
   Se poi, continua Savoca, si collega la convergenza tra spiritualità alternative e storytelling cospirazionista, brodo di coltura di teorie estremiste, destrorse e manichee, si spiega anche l’assalto a Capitol Hill, negli USA, del 6 gennaio 2021, con il ruolo inquietante dello ‘sciamano’ Jacob Chansley, noto come Jake Angeli. 
    A questo proposito, l’autore sottolinea la frequente capacità dell’estrema destra cospirazionista di assorbire temi della cultura new age e progressista e canalizzarli in direzione reazionaria.
La pericolosa funzione diversiva dei complottisti è evidente anche riguardo alla questione ambientale: “La teoria del complotto che accompagna il negazionismo climatico afferma che dietro gli eco-ansiosi, i ‘gretini’ e la transizione ecologica vi siano delle lobbies ecologiste che vogliono approfittare dell’emergenza inventata per vendere le loro soluzioni più green. L’effetto diversivo è tragicamente devastante (…): siccome qualcuno trarrà vantaggio dalla conversione ecologica, allora la scienza è venduta alle lobbies, quindi la comunità scientifica dice falsità e il cambiamento climatico non esiste. Risultato: non dobbiamo fare nulla per salvarci (…), non dobbiamo mettere in discussione il nostro modo di produrre”.
   Invece “La realtà storica, non tanto nascosta, è un’altra. Il modo di vivere capitalista, secondo cui la crescita economica è l’unica priorità, sta distruggendo il pianeta: tutti stiamo vivendo al di sopra delle proprie possibilità, ma gli unici a cui si impone di fermarsi, fare la differenziata, non tenere il rubinetto aperto sono i cittadini più poveri. Intanto Bernard Arnauld, uno degli uomini più ricchi del mondo, può spostarsi in jet provocando un’emissione di CO2 in un mese equivalente a quella di un cittadino francese in 17 anni … Né la cittadinanza né la politica sembrano coscienti delle responsabilità dell’apocalisse verso cui ci stiamo dirigendo.”
    Infine, conclude amaramente lo studioso, “Preferiamo elaborare teorie complottiste e non rivendicazioni politiche perché le prime ci assolvono, mentre le seconde sembrano inutili, non crediamo al cambiamento.” “Se invece si interpretano correttamente le teorie del complotto, si apre uno spazio politico…” 
Allora, è proprio la Politica con la P maiuscola quella che Tobia Savoca vuole evocare: una dimensione fatta di responsabilità e partecipazione, in vista di progetti concreti e di un orizzonte che guardi al bene comune dell’umanità.

Maria D'Asaro, 28.7.24 il Punto Quotidiano






venerdì 26 luglio 2024

Il governo che vorrei...secondo Natalia Ginzburg

      "(…) Forse i governi non sono mai né belli né dolci. Qualcuno è comunque sopraffatto. Il governo che io chiederei per la mia persona, sarebbe un governo del tutto incolore, inconsistente, invisibile, un governo così aereo e invisibile che potessimo non pensarci mai e non accorgerci nemmeno che esiste. In un simile governo, tutti starebbero bene, ci sarebbe un giusto spazio e una giusta dimora e una giusta misura di beni e di libertà per ognuno. 
    È però vero che un governo di questa sorta non esiste in natura, non se ne vedono segni né parvenze in nessun luogo. In ogni governo che vediamo intorno a noi c’è rumore, sopraffazioni, giornali con titoli esuberanti e bugiardi, menzogne di ogni specie nella vita pubblica. (…)
    La verità è che quello a cui penso, un governo aereo, leggero, inconsistente e invisibile, sarebbe forse un governo debole, e sembra che in politica la debolezza non abbia nessuna possibilità di sopravvivenza. Sarebbe un governo debole, perché in politica la forza è rumorosa, invadente, enorme e sanguinaria.
   Sarebbe un governo senza denaro né armi, fondato unicamente su alcuni beni che sono cari allo spirito, come la giustizia, la verità e la libertà. 
     Ma in politica, la parola ‘verità’ raramente viene usata, e a giustificazione di non poterla usare vengono evocati quei congegni così delicati, fragili e sensibili, che stanno nel cuore della vita politica e che esigono speciali cautele e sottilissime precauzioni. Quanto alla verità e alla giustizia, ti dicono che è necessario difenderle per un poco di tempo con le armi, con le autorità di polizia e con le carceri, ti dicono che è indispensabile difenderle con la forza e noi abbiamo invece un insopprimibile desiderio di debolezza.
    Ti dicono che in un futuro lontano, dopo aver usato armi e carceri magari per secoli, finalmente poi si potrà star bene, ci sarà spazio e libertà per ognuno e si potrà pensare non più alle nazioni, alle masse e ai governi, ma unicamente alla condizione individuale e solitaria dell’uomo.
    Però nessuno riesce più a credere nel futuro. Anni fa, ancora ci si riusciva, la musica del domani suonava alle nostre orecchie inebriante e vera. 
Ma ad un tratto i secoli futuri ci sono crollati davanti ai piedi. Desiderando noi un mondo migliore, non riusciamo più a contemplarlo proiettato nei secoli. Davanti a noi non ci sono più i secoli, e se anche ci fossero, non abbiamo più né voglia né fantasia di sapere come si configurano.
      Oggi noi amiamo tutti tenacemente il presente, e ci rendiamo conto di essere strettamente legati con l’amore a un tempo che non dà nessun segno di volerci amare”.

Natalia Ginzburg Vita immaginaria (a cura di Domenico Scarpa) Einaudi, Torino, 2021, p.125,126



mercoledì 24 luglio 2024

lunedì 22 luglio 2024

Natalia Ginzburg e la politica...

       (…) "Esistono alcune persone che non capiscono nulla di politica. Fra queste sono io (…) Oltre alla politica, vi sono infinite altre cose che io non so e non capisco per nulla, come l’economia, o la chimica, o le scienze naturali. Però il non capirle mi è indifferente. Vivo bene lo stesso. (…) Non capire niente di politica mi sembra invece una grave menomazione. (…)
   Pur non comprendendo io nulla di politica, mi accade a volte di accendermi di odio o di sdegno, o di consenso e passione per fatti politici. Simili fatti però non mi appaiono in un quadro coerente, lucido e armonioso, mi appaiono sempre come lembi o tronconi o schegge, ai quali mi aggrappo come un naufrago nella piena di un fiume. 
    Una delle pochissime idee politiche da me custodite, e forse l’unica, mi è stata somministrata quando avevo sette anni. Mi fu spiegato cos’era il socialismo, cioè mi fu detto che era uguaglianza di beni e uguaglianza di diritti per tutti. Mi parve una cosa che era indispensabile fare subito. Trovai strano che ciò non fosse ancora stato attuato. Ricordo con precisione l’ora e la stanza in cui mi venne offerta questa frase, che mi sembrò lampante e indispensabile. Ancora oggi essa ha il potere di svegliare in me una sorta di fuoco. Ancora oggi dura in me la meraviglia che questa cosa, cioè l’uguaglianza dei diritti e dei beni, non sia stata attuata e che sembri così complesso e così difficile attuarla. (…)"
 
Natalia Ginzburg Vita immaginaria (a cura di Domenico Scarpa) Einaudi, Torino, 2021, p.122,123,124

domenica 21 luglio 2024

Sicilia a secco: rischio desertificazione

Lago di Pergusa
         Palermo – Restano solo sette anni in Sicilia per fronteggiare, o almeno mitigare, la desertificazione che minaccia parte delle aree interne dell’isola a causa dei sempre più frequenti e prolungati periodi di siccità: lo ha affermato in un’intervista al giornalista Lorenzo Tondo, corrispondente della rivista The Guardian, il professore Christian Mulder, docente di Ecologia ed emergenza climatica presso l’Università di Catania.
       Nell’intervista (riportata il 12 luglio scorso da Aurelio Sanguinetti nella newsletter Balarm) il professore Mulder afferma: “Entro il 2030, un terzo del territorio della Sicilia diventerà un deserto, paragonabile alle aride terre dell’Africa settentrionale. L’intera fascia che si affaccia sul Canale di Sicilia è destinata ad una rapida desertificazione. Gli antichi arabi che un tempo abitavano la nostra isola avevano trovato dei modi intelligenti per gestire ed accumulare l’acqua, ma oggi i loro acquedotti o sono andati perduti o non sono stati aggiornati con delle opere di ampliamento e recupero. La Sicilia sta ora affrontando le conseguenze concrete di decenni di cattiva gestione delle risorse idriche e le possibilità che la situazione migliori sono ridotte”.
Prof. C. Mulder
     Circa il 70% della superficie della Sicilia presenta un grado medio-alto di vulnerabilità ambientale e rischia la desertificazione. Purtroppo, una delle avvisaglie della prevista e temuta desertificazione è la già avvenuta scomparsa del lago di Pergusa, il più importante della Sicilia, a pochi km da Enna. 
    Oggi, a causa della siccità, il lago è quasi del tutto asciutto. “La sua scomparsa, di certo imputabile alla gravissima crisi climatica che attanaglia la Sicilia, è stata però velocizzata dalla totale disattenzione e dall’inerzia degli enti che, invece, avrebbero dovuto intervenire a vario titolo”, afferma Legambiente Sicilia. 
     “Avevamo predetto che entro luglio il lago Pergusa sarebbe sparito, ma la scomparsa è giunta addirittura prima, con il solstizio d’estate – ha dichiarato Giuseppe Maria Amato, referente Gestione risorse idriche di Legambiente Sicilia - Abbiamo chiesto per anni il ripristino del sistema di monitoraggio ambientale, fondamentale per aggiornare le conoscenze sullo stato del lago, e la pulizia dei diversi canali che dal bacino naturale del lago portano l’acqua verso lo stesso. Gli interventi di pulizia sono stati eseguiti solo in parte e in modo poco coordinato tra gli enti, tanto che sul fondo dei canali si osservano ancora accumuli di materiale solido che interrompono la discesa dei liquidi verso il lago. 
      Se il tavolo fosse rimasto attivo oggi avremmo almeno i dati della condizione in cui versa la falda, avremmo finalmente stabilito la vera dimensione del bacino sotterraneo, avremmo compreso se e come, in un futuro non troppo lontano, acque extra bacino avrebbero potuto essere introdotte. Invece la Regione non ha compreso l’importanza di questo prezioso patrimonio di biodiversità e cultura e stanno condannando il Lago di Pergusa ed il suo vasto comprensorio a una lenta agonia”.
      Intanto, piante e animali presenti nelle attività agricole dell’entroterra siciliano soffrono la sete e rischiano di morire con l’innalzarsi delle temperature estive. È ormai compromessa la raccolta di arance nel prossimo autunno: nel catanese molti agricoltori hanno dovuto tagliare gli alberi moribondi; dimezzata anche la produzione delle mandorle. Inoltre, si è già perso il 70% circa del grano e si temono disastri nella vendemmia e la raccolta delle olive. 
     Proprio per studiare e proporre soluzioni al problema della siccità, si è tenuto l’11 e il 12 luglio scorso a Palermo, presso Il Dipartimento Scienze Agrarie (SAAF) dell'Università degli Studi di Palermo, Ispamed 2024: la Conferenza Internazionale sulla siccità e l’emergenza idrica dei paesi del bacino del Mediterraneo. Il tema centrale di Ispamed 2024 è stata la crisi idrica dei paesi del Mediterraneo e di alcune zone in particolare, come la siciliana. Durante la conferenza, scienziati, studiosi ed esperti di fama internazionale hanno presentato e proposto studi e soluzioni innovative per la gestione delle risorse idriche. 
      Si spera ora che la politica, locale e nazionale, ascolti i pareri degli esperti e faccia la sua parte, con una legislazione opportuna e con risorse adeguate.

Maria D'Asaro, 21.7.24, il Punto Quotidiano

venerdì 19 luglio 2024

Rita, settima vittima di via D’Amelio

Murales di Rita Atria, realizzato nella scuola media G.A.Cesaro - Palermo
       Palermo – Il 19 luglio 1992, a Palermo, nei pressi dei numeri civici 19/21 di via Mariano D’Amelio, alle ore 16.58 una Fiat 126 contenente circa 90 chili di esplosivo al plastico uccise il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e anche prima donna della Polizia di Stato a morire in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Sebbene vari processi non siano ancora riusciti a fare piena luce su depistaggi e su alcuni lati oscuri della strage, è ormai certo che l’attentato, avvenuto appena 57 giorni dopo la strage di Capaci, venne deciso e pianificato dalla cupola mafiosa di allora, come ritorsione per la sentenza della Cassazione del 30 gennaio 1992 che confermava a Riina (allora ancora latitante) e a tanti altri mafiosi gli ergastoli sanciti dal Maxiprocesso di Palermo.
Non tutti ricordano però che la strage di via d’Amelio causò un’altra vittima: infatti, sette giorni dopo, il 26 luglio, si tolse la vita a soli 17 anni la testimone di giustizia Rita Atria.
     Chi era Rita? Nata nel 1974, era figlia di un pastore di Partanna (comune della Sicilia occidentale, in provincia di Trapani), affiliato a Cosa nostra. La ragazzina aveva solo undici anni quando suo padre fu ucciso in un agguato, il 18 novembre 1985. Rita allora si strinse al fratello Nicola e a sua cognata, la giovane Piera Aiello. Anche Nicola faceva parte di Cosa Nostra e Rita venne a conoscenza di particolari importanti sugli affari e le attività della mafia a Partanna. 
Rita Atria
       Nel giugno 1991 anche Nicola Atria venne ucciso. La moglie Piera, che assistette all'omicidio del marito, decise allora di denunciare gli assassini e collaborare con la polizia. 
Nel novembre 1991, Rita seguì l’esempio della cognata: si rivolse quindi alla Magistratura, informando gli organi giudiziari dei reati mafiosi di cui era a conoscenza, chiedendo giustizia per l’uccisione del padre e del fratello.
    Venne ascoltata dal giudice Paolo Borsellino, all'epoca procuratore di Marsala, al quale Rita si legò come a un padre. Le deposizioni di Rita e di Piera, insieme ad altre testimonianze, permisero di arrestare numerosi mafiosi di Partanna, Sciacca e Marsala e di avviare un'indagine sul deputato democristiano Vincenzino Culicchia, per trent'anni sindaco di Partanna. 
    Rita pagò cara la sua collaborazione con la giustizia: fu abbandonata dal fidanzato Calogero e venne isolata a Partanna anche dai suoi familiari perché, secondo loro, aveva disonorato la famiglia con le sue rivelazioni alla Magistratura.  Fu quindi costretta a trasferirsi a Roma, in località segreta e sotto falso nome, e a vivere isolata dal resto del mondo. Il giudice Borsellino cercava davvero di esserle vicino come un padre putativo.
Piera Aiello
    La sua morte fu per lei una tragedia. Ecco cosa lasciò scritto nel suo diario: “Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita. Tutti hanno paura, ma io l'unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi. Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici… la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi. Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta”. 
    Anche se ancora qualcuno avanza dubbi sul suo suicidio, la domenica successiva alla morte del giudice Paolo, Rita si è uccisa lanciandosi dal settimo piano del palazzo dove abitava, a Roma. 
Per avere un’idea dell’immensa solitudine di Rita, che rinunciò ai suoi affetti e alle sue sicurezze per collaborare con la Magistratura, si ricorda che la madre, Giovanna Cannova, la ripudiò ufficialmente da viva e, come se non bastasse, distrusse poi a martellate la lapide dove era stata sepolta. 
    A questa ragazza coraggiosa e sfortunata che, dopo l’approvazione della legge n. 45 del 13 febbraio 2001, può essere definita testimone di giustizia, è intitolata a Bologna l'aula magna del Liceo Scientifico Copernico, un parco giochi a Scordia, in provincia di Catania, un capannone confiscato alla criminalità a Calendasco, in provincia di Piacenza e, infine, un punto di ritrovo presso l'istituto tecnico commerciale Calamandrei di Roma, dove la figura di Rita viene ‘presentata’, nel primo giorno di scuola, ai ragazzi delle prime classi. 
    “Bisogna rendere coscienti i ragazzi che vivono nella mafia - scriveva Rita - che al di fuori c’è un altro mondo, fatto di cose semplici ma belle, di purezza, un mondo dove sei trattato per ciò che sei, non perché sei figlio di quello o perché hai pagato per farti fare quel favore. Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare? Se ognuno di noi prova a cambiare forse ce la faremo”.
Grazie, Rita. Oggi, senza di te e senza il giudice Paolo Borsellino, l’Italia è più triste e più povera…

Maria D'Asaro, 14.7.24, il Punto Quotidiano



mercoledì 17 luglio 2024

Sud Tirolo/Alto Adige: lo amo perchè... (2)

Castello di Rodengo-Schloss Rodenegg

 

1. Per i fiori 

2. Per i  castelli, suggestivi e tenebrosi: quello di Rodengo...



















Qui notizie sul castello di Rodengo.

lunedì 15 luglio 2024

Sentieri creativi

       "(…) Sono i rapporti di potere e non i rapporti di senso quelli che reggono la storia, così pare. Non c’è via d’uscita? Dobbiamo ammettere che non c’è altro modo per risolvere questi continui accomodamenti tra poteri insaziabili se non la guerra? Dobbiamo alla fin fine ammettere che il fondamento del cosmo è polemos, il conflitto inteso come trasgressione dei limiti, e che il fondamento dell’essere è (…) la bellicosità, l’inumanità, vale dire ciò che è impossibile tollerare, spiegare, ricondurre a una misura, a dei limiti; in parole povere, uccidere e morire? (…)
     Forse per bandire le guerre è necessario educarci ad accogliere dentro di noi la mortalità che è insita in ogni essere vivente, accogliere la morte come meta finale della vita, e non continuare ad estrometterla. Si tratterebbe di un rovesciamento radicale, che implicherebbe non la tensione cieca verso il baratro dell’abisso in cui scivoliamo di continuo e sprofondiamo, ma l’ascesa verso uno spiraglio luminoso, verso la nascita, verso il dono della vita da parte di chi ci ha messo al mondo. 
    La condizione umana sarebbe così rischiarata dalla gioia di esserci, in questo mondo, e tutta la condizione del vivere risplenderebbe nella sua vulnerabilità. E la gioia della scoperta di essere vivi, di giorno in giorno rinnovata, schiuderebbe i sentieri della bellezza che sono in noi e scatenerebbe il desiderio di tutelarli e di salvaguardarli e di credere che la vita umana non è puro e semplice desiderio su ciò che è l’altro e di schiacciarlo. 
      Alla furia del coinvolgimento bellicoso potremmo forse, con pazienza e lentezza, e in direzione contraria all’iperattività dei nostri tempi, sostituire un’altra forma di furore, l’estro creativo, perché creare è una forma di maternità.
    In quest’atmosfera guerraiola vorrei gridare assieme a Anna Maria Ortese: 
Lasciate che gli uomini tutti creino qualcosa con le loro mani, o la loro testa, in tutte le età, e soprattutto nella primissima; che imparino le misteriose leggi della struttura e della composizione estetica – prima di ogni altra legge, se avete a cuore libertà e società su questa meteora rapidissima che è il vivere. (…) Introducete l’Estetica e le sue leggi nell’ottuso e prigioniero vivere umano. Avrete introdotto libertà – sospensione del dolore – eleganza, dolcezza.” 

Maria Concetta Sala Basta con le guerre!  
In Corpi e parole di donne per la Pace, a cura di Mariella Pasinati, Navarra ed., PA, 2024, pp.15,16

sabato 13 luglio 2024

La libertà, secondo Natalia Ginzburg...


Festival Filosofia Gibilrossa, 12.7.24: pittura collettiva
           (…) "Forse, in verità, non abbiamo mai smesso un solo istante di chiederci, consapevolmente o inconsapevolmente, cosa sia la libertà. Essendo la libertà per un numero sterminato di persone libertà dalla servitù della miseria, avanzare altre diverse richieste di libertà sembra un arbitrio. Sembra infatti assai difficile stabilire quali delle umane richieste di libertà siano arbitrarie e quali sacrosanti e legittime. 
     Certo è che alcune richieste di libertà sono totalmente arbitrarie, essendo semplicemente la richiesta di conservare intatte private e personali condizioni di denaro o di fortuna a dispregio degli altri, ma esse usano nascondersi e coprirsi dietro richieste di libertà legittime e sacrosante e questo addensa sopra la parola ‘libertà’ il buio e la confusione.
     Per me e per un gruppo di persone identiche a me, ‘libertà’ vuol dire scrivere tutto quello che ci passa per la testa. Non è che questo appaghi la nostra sete di libertà universale. Questo però appaga un nostro individuale desiderio. Pensiamo che la libertà di scrivere e di pensare dia un diritto legittimo, uno dei legittimi e sacrosanti diritti umani. È però un diritto sostenuto da innumerevoli privilegi. Noi in qualche momento ci chiediamo se questo nostro diritto non sia un arbitrio. Ogni parola ci sembra oggi così vacillante e oscillante che non siamo più sicuri di nulla. Ogni bene che possediamo, noi ci chiediamo se non si tratti di un furto. Non siamo affatto sicuri che le nostre espressioni di libertà non rubino qualcosa agli altri.
     Forse sarebbe giusto e necessario che ognuno pensasse non alla sua libertà, ma a quella degli altri. Se ognuno pensasse a quella degli altri invece che alla sua propria, se fosse disposto a proteggere quella degli altri in luogo della sua, saremmo allora più vicini a una giusta divisione di beni, di privilegi e di libertà fra gli uomini."

Natalia Ginzburg Vita immaginaria (a cura di Domenico Scarpa) Einaudi, Torino, 2021, p.116

giovedì 11 luglio 2024

Sud Tirolo/Alto Adige: lo amo perché...

            Ci sono tante ragioni per amare il Sud Tirolo/Alto Adige: 

1) I fiori...