Palermo – Tutti sanno che il boicottaggio consiste nell’ostacolare l’attività di una persona o di un gruppo di persone, di un’azienda e persino di uno Stato, o per ragioni economiche o perché tale attività non è ritenuta corretta secondo principi etici universali.
Meno nota è invece l’origine della parola, collegata al cognome dell’inglese Charles Cunningham Boycott (1832-1897) e alla vicenda storica di cui fu protagonista.
Nel 1880, quando l’agricoltura era la principale attività economica dell’Irlanda, dove allora le terre appartenevano a non più di 10.000 persone (lo 0,2% della popolazione), Boycott amministrava la contea di Mayo, nell’ovest del paese (allora ancora interamente sotto il dominio inglese) per conto di John Crichton. Crichton, conte di Erne, era uno dei tanti ricchi latifondisti “absentee landlord”, che non vivevano nella loro proprietà e non se ne occupavano: la loro terra veniva divisa in piccole fattorie, affittate a contadini.
Charles Boycott, ex capitano dell’esercito britannico, aveva il compito di riscuotere gli affitti da fittavoli e mezzadri, dietro compenso del 10% degli incassi. Boycott era un esattore rigido e implacabile, che imponeva sanzioni e rimuoveva privilegi, come quello di impedire a mezzadri ritenuti non meritevoli la raccolta e l’uso di legna da ardere.
Nell’autunno del 1880, i fittavoli di lord Erne non riuscirono a pagare i loro canoni d’affitto, a causa dello scarso raccolto dell’anno. Chiesero allora a Boycott una riduzione temporanea del 25% del canone.
Boycott rispose che il conte poteva accettare solo una riduzione del 10%; e cominciò lo sfratto dei mezzadri che avevano ritardato o omesso il pagamento dell’affitto. I contadini sfrattati però non permisero ai messi di consegnare gli avvisi, dando il via ad una serie di azioni per impedire loro di avvicinarsi.
In Irlanda infatti, già da alcuni decenni, con l’obiettivo di abbassare gli affitti troppo alti e fermare gli sfratti arbitrari, si era formata la Irish National Land League, il cui leader era Michael Davitt, un indipendentista figlio di mezzadri scacciati dalle loro terre. Davitt era entrato in contatto col politico nazionalista Charles Stewart Parnell, che teorizzava l’uso di una strategia nonviolenta verso gli esosi proprietari terrieri e verso chi collaborava con loro.
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| Michael Davitt |
Si racconta che, in un discorso pubblico del settembre 1880, Parnell chiese in modo provocatorio: “Cosa fate con un inquilino che fa offerte per la fattoria da cui è stato appena sfrattato il suo vicino?” Alla folla che aveva risposto: “Lo uccidiamo!” obiettò: “Vi illustrerei una via molto migliore, più cristiana e caritatevole, che dà all’uomo l’opportunità di pentirsi. Quando un uomo prende una fattoria da cui un altro è stato sfrattato, dovete scansarlo quando lo incontrate per strada, scansarlo nei negozi, scansarlo sui prati e al mercato, e anche in chiesa. Lo lasciate solo, gli mostrate l’odio del crimine che ha commesso”.
Questo discorso pose le basi del metodo di lotta che, grazie alla propaganda sociale della Land League, venne utilizzato per la prima volta contro Charles Boycott: un’azione nonviolenta di isolamento e non collaborazione. Così i vicini di casa iniziarono a non parlargli, in chiesa nessuno si sedette più vicino a lui o gli rivolse la parola, non fu più servito nei negozi né ebbe più braccianti da ingaggiare per il raccolto nelle tenute che gestiva. Tutti i suoi impiegati si rifiutarono di continuare lavorare per lui, la comunità lo isolò completamente, i negozi smisero di servirlo, le lavandaie di lavargli i panni e le cuoche di fagli il pane. Anche il maniscalco e il postino smisero volontariamente di servire Boycott.
L’amministratore scrisse una lettera ai quotidiani inglesi per denunciare l’isolamento in cui si era improvvisamente venuto a trovare. Dalle colonne del Daily News, si seppe che, anche se Boycott non era fisicamente minacciato, nella zona in quel momento non c’era donna che accettassi di lavargli la cravatta o di fargli il pane.
Intanto, il raccolto rischiava di marcire: così il governo inglese fu costretto a mandare suoi impiegati per svolgere il lavoro, sotto la protezione di truppe armate, con un costo venti volte maggiore di quello che sarebbe effettivamente costato dando la giusta paga agli affittuari.
Alla fine, il 1° dicembre del 1880, Boycott fu licenziato e lasciò l'Irlanda.
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| Charles Stewart Parnell |
La vicenda di Boycott fu talmente peculiare che, dal suo nome, la stampa inglese coniò subito un nuovo termine “boycotting”, termine che si diffuse velocemente in varie altre lingue: dall’inglese to boycott hanno attinto i francesi (con boycotter), i tedeschi (boykottieren) e noi italiani, con ‘boicottare’.
Si distinguono oggi, grosso modo, tre filoni di boicottaggio: quello di coscienza, quello strategico e quello etico-strategico. Il primo viene attuato per modificare o bloccare un'attività considerata nociva o contraria ai principi morali o dannosa per la salute pubblica.
Il boicottaggio strategico ha invece finalità politiche o economiche e viene intrapreso da gruppi organizzati (o anche da stati o organizzazioni internazionali) per modificare comportamenti di altri gruppi o stati attraverso l’utilizzo di ritorsioni economiche e commerciali.
Il boicottaggio etico-strategico, sintesi del boicottaggio di coscienza e di quello strategico, consiste in un’azione collettiva di rifiuto verso i commerci e i prodotti di gruppi o stati che agiscono in modo inaccettabile dal punto di vista dei diritti umani e dell’etica universale.
Oggi, in un mondo spesso confuso e violento, il boicottaggio è forse uno dei pochi modi che hanno le donne e gli uomini di buona volontà, se consapevoli e ben organizzati, per orientare l’opinione pubblica e dare una bussola etica alla società e alla politica.
Maria D'Asaro, 28.9.25, il Punto Quotidiano




















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