Non sapeva cantare. Non sapeva suonare nessuno strumento. E neppure fischiare. Temeva le autostrade del cielo e quelle del mare. Non sapeva ubriacarsi. E neppure mangiare con gusto. Non sapeva recitare. Non rideva a crepapelle quando qualcuno raccontava una barzelletta. Non riusciva a colpire con una pietruzza lo scoglio a tre metri, sul mare. Non sapeva dipingere. Non sapeva cucinare. Non sapeva parlare: ripeteva frasi fatte e pronunciava lentamente parole senza senso.
Forse era superflua. Forse meritava di sparire, soffocata dalle camere a gas della sua insipienza.
Oppure c’era una possibilità. Abbandonarsi, sull’uscio di casa. Magari, di sera, sarebbe passato un rigattiere lunare. Al buio, l’avrebbe guardata con un mezzo sorriso, deponendola pietosamente sul carrettino degli scarti raccolti per strada: assieme alla porta divelta, agli stivali dismessi, al lume sbrecciato. Materiale di seconda scelta. Che, sotto il ponte, poteva rivivere.
Oppure c’era una possibilità. Abbandonarsi, sull’uscio di casa. Magari, di sera, sarebbe passato un rigattiere lunare. Al buio, l’avrebbe guardata con un mezzo sorriso, deponendola pietosamente sul carrettino degli scarti raccolti per strada: assieme alla porta divelta, agli stivali dismessi, al lume sbrecciato. Materiale di seconda scelta. Che, sotto il ponte, poteva rivivere.
Spero che questo racconto abbia un seguito, non posso pensare a quella poverina sotto al ponte, magari di notte e al freddo.
RispondiEliminaIo, ad esempio, la "raccatterei", ma non per pietà. Sarebbe un'ottima compagna, abbiamo diverse cose in comune... Bye
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